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19/06 Roma: Israel Shamir



Cari amici, vi giro il comunicato degli "Amici di Israel Shamir" che mi e'
arrivato ieri.

Per chi abita a Roma - magari sara' un'occasione per vederci...

Miguel Martinez

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Scriviamo per segnalarvi che il discusso autore israeliano, Israel Shamir,
sara' a Roma per la presentazione del suo libro, "Carri armati e ulivi
della Palestina. Il fragore del silenzio" (edizioni CRT Pistoia 2002).
Siete cordialmente invitati ai seguenti incontri:

1) 19 giugno ore 12-14: Conferenza stampa presso la Sala delle Bandiere
all'Ufficio per l'Italia del Parlamento Europeo in via IV
Novembre 149.

Presenzieranno:

- On. Luisa Morgantini
- Ali Rashid
- Prof. Roberto Giammanco
- Prof. Claudio Del Bello

2) 20 giugno ore 18.30: Presentazione presso la Libreria Odradek in via dei
Banchi vecchi, 57. L'autore discutera' il suo libro con:

- Roberto Giammanco
- Pier Giovanni Donini
- Wassim Dahmash
- Giancarlo Paciello

Parteciperanno:

- Carmine Fiorillo
- Miguel Martinez
- Zuheir el Wassini
- Cinzia Nachira
- Antonio Moscato
- Claudio del Bello
- Mario Lunetta



Per ogni informazione e ordinazione del volume, rivolgersi a:
libroshamir@libero.it


Cordiali saluti,

Carla Arnoldi
Comitato Amici di Shamir

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Israel Shamir è nato a Novosibirsk, Siberia, nel 1947. Espulso
dall'università per attività sovversiva nel 1969, emigrò "per libera
scelta" in Israele e combatté nella guerra del 1973. Corrispondente in
Vietnam, Cambogia, Laos e, per molti anni, in Giappone tanto da
diventare uno studioso e traduttore della letteratura giapponese. Dal 1989
al 1993 è stato inviato di Ha'aretz in Russia. Al suo ritorno in
Israele si è impegnato nella denuncia della politica sionista di "apartheid".

Con una febbrile attività letteraria e giornalistica sulla carta stampata e
su Internet (il sito http://www.israelshamir.net), nei giri di conferenze
in Europa, in Egitto e negli Stati Uniti, Shamir presenta una visione
alternativa del conflitto israelo-palestinese.

Rifiuta la soluzione dei "due stati per due popoli" perché nelle presenti
circostanze paralizzante, distruttiva e senza sbocchi. E lo fa
in nome di una pace fondata su di un unico Stato, tra il Giordano e il
mare, con diritti uguali per tutti i suoi abitanti, senza
discriminazioni etniche o religiose.

"Io non sono un amico dei palestinesi, io sono palestinese" dichiara
Shamir, e lo fa in nome del ritorno dei palestinesi, dal 1948 esiliati
ed espropriati delle loro terre e di ogni diritto. Questo è reso
impossibile dalla folle politica che ha "importato" centinaia di migliaia
di rumeni, tailandesi, cinesi, africani e un milione di russi e ucraini che
formano la galassia di ghetti che è oggi lo Stato d'Israele.

All'apartheid politica, psicologica e culturale dello Stato d'Israele,
Shamir contrappone un atteggiamento di resistenza che rivaluti la
memoria storica non unilaterale, i momenti più alti di tutte le esperienze
religiose, la coscienza di appartenere ad un'unica umanità di
cui occorre garantire il futuro. Per le migliaia di ulivi sradicati dai
bulldozer, dice con accenti spesso poetici Shamir, con il paesaggio
della Palestina trasformato in una qualsiasi squallida periferia, tutta
l'umanità è offesa e degradata. Realizzare l'utopia non è più speranza,
ma è rimasta l'unica necessità.

Nel maggio del 2002, il figlio di Israel Shamir, che per via di madre ha la
cittadinanza svedese, ha partecipato all'incursione di un gruppo di
pacifisti che sono riusciti a penetrare nella Basilica della Natività a
Betlemme, portando cibo e medicine ai palestinesi assediati. Il giovane
è stato arrestato e immediatamente deportato da Israele con diffida a
rientrarvi per i prossimi dieci anni.