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Dalla Palestina, 11 maggio 2002: Donne in Nero, Assopace, Terredes Hommes



Report dalla Palestina

 11 maggio 2002

 Nadia Cervoni <giraffan@tiscalinet.it

 Rete Din Informa - Report Palestina

Delegazione di "Terre des hommes", "Donne in nero", "Assopace", composta da
personale medico e paramedico, dal 4 al 18 maggio, per portare aiuto medico
umanitario nei territori palestinesi.
Fanno parte della delegazione tre Donne in Nero di Roma: Teresa, Elvira e
Maria Teresa.

Per informazioni rivolgersi ufficio di Luisa Morgantini. Tel.: 06-69950217
email: lmorgantini@europarl.eu.it

 Nadia Cervoni
 Donne in nero Roma
 giraffan@tiscalinet.it

Jenin, 7 maggio 2002

 La strada che ci conduce al villaggio di Zababdeh attraversa una campagna
ricca di ulivi, di campi coltivati e sorvolata da tantissimi aironi
bianchi. Nel verde spicca il rosso dei melograni, questo paesaggio è in
netto contrasto con quello visto nei dintorni di Bethlem, Ramallah e
Gerusalemme. Questo dimostra che non è appannaggio esclusivo degli
israeliani rendere fertile il deserto! Qui ci sono solo due piccoli
insediamenti israeliani.
 Il villaggio che ci ospita è simile ai tanti paesi del sud del
mediterraneo, pieno di bambini con piccole e silenziose stradine, i vecchi
seduti sulla porta...povero! Siamo nella casa di Enwer, Fatmih e Roa
(piccola bimba di un anno); sono due operatori del M.R.C. e ci accompagnano
ai vari briefing per l'organizzazione del lavoro. Sono molto pazienti con
il nostro "little english" anzi sono diventati i nostri teachers. Enwer ha
perso l'arto inferiore sinistro in seguito ad una ferita infetta nella
prima intifada all'età di 15 anni. Vicino abita la madre, Raya, profuga di
Haifa dall'età di sette anni: le hanno distrutto la casa e tolto la terra
nel 1948: la NABKA.

 6 maggio 2002

 La mattina andiamo al MRC di Jenin, lungo la strada frotte di bambine/i
che vanno a scuola come in tempo di pace: questa cosa ci colpisce sempre.
Ieri sera mentre eravamo a cena improvvisamente abbiamo sentito gli spari
dei tanks, era scesa la notte e l'esercito israeliano svolgeva il proprio
"c ompito terroristico". Hanno infatti tre postazioni militari una a circa
un km dalla nostra casa.
 Ci attende il momento più difficile: la visita al campo profughi di Jenin!
 Ci aggredisce la visione di una distruzione in cui niente è stato
risparmiato, i sopravvissuti continuano a restare accanto a ciò che è
rimasto della loro casa. Hanno un materasso, una tenda fatta con brandelli
di coperta ma nello stesso tempo intorno ricomincia la vita: vengono
rimosse le macerie, portati via i detriti, costruiti nuovi muri tutto con
il rischio continuo di saltare in aria sulle bombe inesplose. I bambini
vanno a scuola in due turni la mattina le femmine e il pomeriggio i maschi.
Tre bambini sono morti su bombe lasciate volutamente dall'esercito
israeliano.
 Visitiamo un centro di riabilitazione per bambine/i tutto è allegro e
colorato, i piccoli visi sono dipinti con maschere da clowns, ma abbiamo
l'impressione che non riescano ad essere allegri, non sono come quelli di
Gaza, ci guardano spaventati e non si avvicinano. Teresa dà un pacchetto di
caramelle ad una bambina che le è seduta accanto, le tiene strette nella
mano senza mangiarle e gliele restituisce quando va via, non riusciamo a
capire perché'. Un vecchio ci fa entrare per farci vedere i fori dei
proiettili sul soffitto della sua casa, una donna molto anziana profuga di
Haifa è stata usata come scudo umano, un uomo ferito è morto senza che
nessuno abbia potuto aiutarlo.
 Andiamo al centro medico posto all'interno del campo e ascoltiamo la
testimonianza di Mouyad Salah. Ci dice che sono entrati 5000 soldati, a
gruppi facevano saltare le case dando agli abitanti un minuto di tempo per
uscirne: molti handicappati non ce l'hanno fatta!
 Una volta fatte saltare le case un tank passava sopra le macerie, ne sono
state distrutte circa 1000. I morti sarebbero circa 300. Sono stati
rinvenuti 52 cadaveri, non si sa quante persone siano rimaste sotto le
macerie poiché i bulldozer hanno rimosso i detriti insieme ai corpi.
 Esisterebbe una fossa comune vicino al campo con circa 20 persone, altri
corpi sarebbero stati portati nella valle del Giordano con una ice cream
car. Due persone malate sono state fatte uscire nude dalla propria casa con
gli abiti in una borsa, subito dopo sono stati uccisi dal fuoco di un tank
che successivamente è passato sopra di loro. Lasciamo il campo ammutolite
ed incredule, per andare all'ospedale pubblico di Jenin. Ci riceve il
direttore sanitario dr. Mohamad Abogali, è visibilmente scosso e molto
contrariato, parla con distacco dedicandoci solo pochi minuti. Ci racconta
che l'emergenza assoluta è durata un mese, non avevano acqua né elettricità
né cibo. Dovevano sfamare circa 300 persone scappate dal campo: a testa
toccavano tre piccoli biscotti ed un cioccolatino al giorno. Dopo 9 giorni
l'équipe medica è uscita dall'ospedale sfidando i soldati per andare a
comperare del cibo. Ci mostra i bossoli dei proiettili sparati contro il
reparto di pediatria.
 Ora l'emergenza è soprattutto legata alla mancanza di medicine, quelle
offerte dalle case farmaceutiche non sono mai arrivate o sono state
distrutte dai soldati israeliani. Ci rendiamo conto dell'amarezza e della
rabbia che esprime il volto di quest'uomo e cresce in noi la frustrazione.
 Un'ultima visione ci dà la misura dell'ipocrisia dell'occidente. Visitiamo
una tendopoli completa di servizi, composta di 64 tende, lontana dal campo
che i palestinesi hanno rifiutato: infatti è completamente vuota. Il loro
rifiuto nasce dal fatto che ancora una volta viene chiesto loro di lasciare
il proprio fazzoletto di terra (fosse pure in un campo pieno di macerie!).

 Elvira, Margot, Maria Teresa, Teresa

 6 maggio 2002

 Il mio primo giorno di lavoro e' nel centro clinico dipendente dal
Ministry of healt and social welfair. Incontro la dott.ssa Warqa medico
internista, ha studiato a Bagdad ed il dott. Ma'moun Zoyoud, medico legale
dirigente, ha studiato in Egitto.Essi compongono la commissione medico
legaleper le invalidita', le inabilita', che si riunisce ogni martedi'. In
Palestina non hanno una invalidita' al lavoro,ne hanno solo una civile.
 Iniziamo a visitare,i nostri pazienti sono tanti sia uomini che donne,la
gran parte giovani,e le nostre modalita' di visita sono;la dott.ssa visita
le donne, il dottore gli uomini, solo io "occidentale" visito sia gli uni
che gli altri. La maggioranza dei giovani presenta ferite da arma da fuoco
con postumi permanenti gravi. Uno di essi e' rimasto ferito in un attacco
da parte dei soldati israeliani all,interno del campo e presenta una
frattura multipla dell'omero dx, ridotta chirurgicamente. La ferita e'
infetta, ma mancano i mezzi necessari per le opportune medicazioni e gli
antibiotici per la terapia. Si evidenzia gia' una ipotonia ed ipotrofia
muscolare. I casi comeilsuo sono molti (8 su 27 pazienti visitati) cambiano
solo l'organo o l'arto colpito: le gambe, le braccia, gli occhi....ed i
rispettivi postumi: lesioni nervose permanenti, perdita del globo oculare,
anchilosi delle articolazioni. Ma il danno non e' solo psicofisico, in
queste condizioni non possono lavorare e quindi non guadagnano neanche i
pochi soldi che riuscivano a guadagnare prima. La vita cosi' diventa
impossibile!

 7 maggio 2002

 Oggi visito nelle case del villaggio di Misilia i bambini con handicap
dalla nascita. Due sono cerebropatici con grave distrofia muscolare e
notevole ritardo psichico. Le madri sono meravigliose nell'accudire i loro
figli, si sostituiscono al personale paramedico che manca. In zona i casi
di questo genere sono 5 ogni 100 bambini nati. Al ritorno al MRC c'e' un
pronto soccorso da fare: un giovane con una bruttissima colica renale.
 C'e' stato pero' anche un momento molto dolce e commovente in mattinata:
l'incontro con i bimbi di un asilo, dove si prodigano due maestre. I bimbi,
dapprima spaventati per paura di eventuali interventi medici(prelievi di
sangue, vaccinazioni), alla fine sorridono contenti.

 Elvira