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[Banche_Armate] la lobby che vuole cancellare la 185 - Tre brevi msg per capirne di più
- To: pace@peacelink.it
- Subject: [Banche_Armate] la lobby che vuole cancellare la 185 - Tre brevi msg per capirne di più
- From: <margrita@libero.it>
- Date: Wed, 22 May 2002 10:21:42 +0200
1) ----- Original Message -----
From: Banche_Armate@yahoogroups.com>
Sent: Thursday, March 14, 2002 8:56 AM
Subject: [Banche_Armate] Chi vuole la modifica della 185/90
Tutto alla luce del sole. E senza vergogna. Da anni, all'interno
dell'Associazione industrie per l'aerospazio, i sistemi e la difesa (Aiad),
che associa oltre 80 piccole e medie imprese produttrici di armi) c'è un
Gruppo di lavoro incaricato di studiare i mezzi più efficaci per far
abolire dal Parlamento italiano la legge 185/90: scomoda, odiatissima e
definita senza mezzi termini "assurda".
Lo ha scoperto Vita non profit magazine, che nel numero in edicola fornisce
tutti i particolari di questa inquietante vicenda.
Esiste una vera e propria lobby, dunque, incaricata di seguire i lavori
parlamentari, fare pressione su deputati e senatori, incontrare membri del
governo per "convincerli" dell'opportunità di cancellare la normativa che
in Italia dal 1990 ha introdotto severi controlli sull'export di armi.
L'Aiad presenta il Gruppo di lavoro come proprio fiore all'occhiello
all'interno della Relazione d'esercizio 2000, redatta in occasione
dell'assemblea ordinaria dell'Associazione tenutasi il 4 luglio scorso.
Ma non è finita. Se gli industriali si muovono, i parlamentari non stanno
fermi. Sentite cosa si può leggere sulla rivista (datata primavera 1999,
quindi all'inizio dell'iter del ddl 1927) dell'ISTRID-Istituto Ricerche e
Informazioni Difesa, di cui fanno parte
parecchi esponenti di Camera e Senato, sempre a proposito della legge
185/90. Si relaziona dei contenuti di un seminario organizzato da Istrid a
dieci anni dalla legge 185 del 1990. Interviene, tra gli altri,
l'on.Giuseppe Zamberletti, più volte ministro e allora alla Commissione
esteri della Camera. Il quale dice testualmente:"Nella legge (185/90 ndr.)
vi sono contraddizioni e norme - introdotte dall'aera parlamentare più
utopistica e massimalista - realmente assurde, come quelle relative a paesi
in via di sviluppo (S). Molte, inoltre, le ambiguità. Il regolamento è poi
semplicemente assurdo".
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2) ----- Original Message -----
From: Banche_Armate@yahoogroups.com
Sent: Thursday, March 14, 2002 9:23 AM
Subject: Re: [Banche_Armate] Chi vuole la modifica della 185/90
Struttura Operativa
ISTRID-Istituto Ricerche e Informazioni Difesa
nPresidente:
Gen. sen. Luigi Poli
nPresidente Onorario:
on. Paolo Vittorelli
nComitato di Presidennza:
on. Paolo Vittorelli
on. Giuseppe Zamberletti
sen. Umberto Bonaldi
nComitato Direttivo:
20 componenti
nComitato Scientifico:
prof. Carlo Maria Santoro e 15 docenti e studiosi
nComitato Militare:
Gen. Ghino Andreani e 15 Ufficiali Generali
·Nucleo Valutazione delle Crisi:
Gen. Mario Buscemi
·Segretario di Presidenza:
Amm. Pietro Scagliusi
·Tesoriere:
Gen. Pietro Toselli
·Biblioteca:
Gen. Patrizio Flavio Quinzio
·Segretaria:
Sig.ra Giovanna Nirvana Vallini
·Direttore Responsabile Rivista ISTRID:
Avv. Silvio Sirigu
·Direttore Editoriale:
Dott. Sergio Urru
************************************************************************
3) ----- Original Message -----
From: banche_Armate@yahoogroups.com
Sent: Monday, March 18, 2002 9:23 AM
Subject: [Banche_Armate] la lobby che vuole cancellare la 185
Armi: ecco la lobby che vuole cancellare la 185
di Gabriella Meroni (g.meroni@vita.it)
14/03/2002
Tutti i nomi di chi, da anni, cerca di "convincere" il Parlamento ad
abolire la legge 185/90. E non sono solo industriali
La lobby delle armi? Non è un fantasma, esiste. Non è un'invenzione dei
soliti pacifisti new global, sempre un po' dietrologi, che attaccano i
soliti grandi vecchi, rispolverando tutta la retorica delle buone utopie.
No. Questa volta non è retorica, è realtà: perché la lobby delle armi
esiste veramente, ha una sede (a Roma), attività precise (resoconti e
pubblicazioni), un portavoce (Carlo Festucci), perfino una relazione
annuale, consultabile da chiunque.
Il Gruppo Poles
Non ci credete? Un po' di pazienza. Questa storia inizia qualche anno fa,
precisamente nel 1999, quando all'interno dell'Associazione industrie per
l'aerospazio, i sistemi e la difesa (la sigla è Aiad), organizzazione di
categoria cui aderiscono 80 imprese, nasce un gruppo di lavoro sulle
"politiche per l'esportazione".
Si chiama Poles e ha un preciso incarico: fare pressione su politici,
industriali e opinion leader affinché "passi" l'idea che la legge 185/90 è
sbagliata e inadeguata e, soprattutto, fa perdere un sacco di quattrini
all'industria della difesa italiana. Per questo il gruppo, che si ritrova
presso la sede di Aiad, in via Nazionale 200 a Roma, produce documenti e
incontra parlamentari. Ma soprattutto non perde di vista il disegno di
legge che deve ratificare gli accordi commerciali europei, perché è proprio
in questo disegno di legge (oggi denominato 1927, e approvato già da due
commissioni della Camera) che il gruppo ripone le proprie speranze di
affossare definitivamente la tanto odiata 185/90.
Si legge infatti nella Relazione annuale 2000 di Aiad, pubblicata il 4
luglio scorso: «L'attività del gruppo di lavoro Poles è ferma da quando si
è arenato in Parlamento il disegno di legge di modifica della legge 185/90
(Š) L'attenzione del gruppo è per il momento limitata al monitoraggio di
azioni di ratifica, da parte dell'Italia, di accordi plurinazionali a
livello europeo (Š); ratificato Occar a fine 2000, il secondo (l'accordo
quadro che si tenta di ratificare in questi giorni, ndr) ha visto fallire
il tentativo di portare in Consiglio dei ministri il disegno di legge di
approvazione».
Sempre nel 2000, tra ottobre e novembre, alcuni esponenti di Aiad
incontrano il presidente Ciampi e l'onorevole Marco Minniti, allora
sottosegretario alla Difesa, per esporre loro una serie di "aspettative".
Dulcis in fundo, il Segretariato generale della Difesa (cioè il ministero
retto oggi da Antonio Martino) chiede al gruppo Poles di «collaborare a una
verifica delle leggi e norme nazionali in vigore eventualmente da
modificare» in seguito alla ratifica degli accordi commerciali europei. Se
non è attività di lobby questaŠ
"C'è troppa 185"
Da parte sua, il direttore di Aiad, che è anche il coordinatore di Poles,
Carlo Festucci, non si tira indietro. «Vogliamo modificare la 185, perché è
inaccettabile che i nostri concorrenti europei abbiano norme più
praticabili delle nostre sulle esportazioni di armi», dice a Vita. Inutile
chiedergli se trova necessarie le regole che impediscono all'Italia di fare
affari con Paesi in guerra, che violano i diritti umani, o sono governati
da dittatori.
«Queste sono sciocchezze», ribatte. «La verità è che se un Paese si trova
sotto embargo delle Nazioni Unite nessuno può vendergli niente, mentre nel
caso italiano ci sono Paesi proibiti solo perché lo decide il ministero
degli Esteri». Ma è proprio per questo che la nostra legislazione è
considerata più avanzata di altreŠ «Più avanzata? Più retrograda, semmai,
perché ci espone alla concorrenza sleale di Paesi che hanno le mani
libere». Quindi il vostro sogno è vedere approvato il disegno di legge
1927? «Sì, anche se a me quel testo non piace per niente». Mi lasci
indovinare: è troppo restrittivo? «Esatto. C'è ancora troppa 185/90, lì
dentro».
La "congiura" di Istrid
Se gli industriali si muovono, i politici non stanno fermi. Sentite cosa
dicevano, con toni da congiurati, nella primavera del 1999 (quindi
all'inizio dell'iter del ddl 1927) alcuni autorevoli parlamentari,
imprenditori e generali.
Siamo a un seminario organizzato dall'Istrid-Istituto ricerche e
informazioni difesa, a dieci anni dalla legge 185. Intervengono, tra gli
altri, l'onorevole Giuseppe Zamberletti, allora alla commissione Esteri
della Camera; il generale Renzo Romano, direttore dell'Istituto superiore
di Stato maggiore interforze; Enzo Benigni, presidente di Elettronica;
Alfonso Sparola, dirigente di Alenia. Attacca Zamberletti: «Nella legge (la
185, ndr) vi sono contraddizioni e norme, introdotte dall'area parlamentare
più utopistica e massimalista, realmente assurde, come quelle relative a
Paesi in via di sviluppo».
Sottolinea Romano: «Se si vuole sopravvivere la prima cosa da mutare, ancor
prima dell'inconsulto regolamento, è l'atteggiamento politico nei confronti
dell'intera materia». Benigni fa due conti: «Gli spazi (dell'industria
italiana, ndr) si sono troppo erosi. Siamo passati dai 4mila miliardi
l'anno dei primi anni 80 ai 2mila del '97. Le cause sono molte: normativa
infelice, bilanci scarsi specie della Difesa, scarsa propensione al rischio
e lentezza industriale nelle innovazioni, carenza di sostegno governativo
costante e lungimirante, aree pacifiste essenzialmente ostili». Conclude
Sparola: «Per troppo tempo abbiamo vissuto nell'assurdo. Se vogliamo creare
un'industria europea, le merci devono muoversi liberalmente (...) Esistono
già legislazioni valide da 25 anni, come in Germania e in Francia. Non si
vede poi perché ogni Paese non possa adottare liberamente e come iniziativa
nazionale la normativa più intelligente». è l'inizio della santa alleanza
tra industria, Parlamento e forze armate che oggi sta per portare a termine
il suo attacco finale alla 185/90. A meno che la società civile non riesca
a fermarli.
Chi sono i nemici
Un settore notevole, composto da oltre 80 imprese che fatturano 7 miliardi
di euro, impiegano 48mila addetti e concorrono, pur costituendo solo l'1%
della produzione industriale, per il 18% alla determinazione del saldo
commerciale italiano. Questi i numeri dell'industria italiana per
l'aerospazio e la difesa.
L'universo Finmeccanica
La parte del leone la fa Finmeccanica, grande società in cui lo Stato è
azionista di riferimento con il 32% delle azioni (un altro 4% è dell'Iri).
La compongono società molto note come Alenia, Agusta, Meteor, Otobreda,
Elsag. Secondo l'ultimo bilancio, relativo al 2000 (quello del 2001 è
atteso per la fine di marzo), Finmeccanica ha fatto segnare ricavi per
12mila miliardi di lire, di cui il 60% all'estero. I dipendenti sono
40mila. Da tempo si parla del cambio della guardia nella dirigenza di
Finmeccanica: il mandato del presidente Alberto Lina, nominato dal governo
D'Alema, e della sua squadra è infatti in scadenza. Composito il consiglio
di amministrazione uscente, in cui figurano top manager come Vittorio Colao
di Omnitel, Corrado Passera di Poste Italiane, Maurizio Prato di Alitalia,
Achille Colombo di Falck; dirigenti pubblici come Antonio Lirosi (ministero
Industria), Lorenzo Bini Smaghi e Carlo Tamburi (Tesoro); c'è Alberto Clò,
presidente dell'aeroporto di Bologna e intimo di Romano Prodi; Vittorio
Ripa di Meana del gruppo L'Espresso; Sergio Maria Carbone, ordinario di
Diritto internazionale a Genova e autore di un documento, pubblicato
durante il G8 e realizzato con l'associazione Punto di fraternità, a favore
della cancellazione del debito dei Paesi poveri.
Input
Il sito dell'Aiad: http://www.aiad.it
Il sito dell'Istrid: http://www.istrid.difesa.it/
Il testo integrale del seminario con Zamberletti e i generali
Finmeccanica: http://www.finmeccanica.it
Scarica la relazione dell'assemblea dell'Aiad del 2001 in allegato
(14838.pdf, 0.26 Mb)