[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]
Diarmiamo EXA: appello e mobilitazione
Vi invio il documento della manifestazione " DISARMIAMO EXA " unitamente
all'appello a cui vi chiedo l'adesione. Con la preghiera di adesione e
diffusione siete tutti invitati a partecipare. Appena pronto sarà spedito il
programma della manifestazione. La risposta và inviata a :
bs.socialforum@libero.it Un saluto di pace angelo.
-------------------
Disarmiamo EXA 2002
-------------------
Cos'è Exa
Exa è la più grande esposizione al mondo di armi sportive, da caccia e da
tiro, comuni da sparo; si svolge annualmente a Brescia e nel 2002, dal 13
al 16 aprile, se ne terrà la ventunesima edizione.
Exa si propone propagandisticamente come un evento tutto centrato sull'
"idilliaca" passione per le armi da caccia, sportive, da collezione; in
realtà, scorrendo la lista degli espositori dell'ultima edizione della
mostra (e di quelle precedenti), si potrà comprendere come dietro la
facciata dell'esposizione di armi sportive si nasconda una realtà diversa e
ben più complessa. Grandi industrie che espongono a Exa destinano una parte
rilevante della loro produzione alle armi da guerra, alle armi leggere e di
piccolo calibro, alle dotazioni antisommossa, a sistemi di addestramento
per operatori alla sicurezza.
Per comprendere quale sia la vera movimentazione di affari promossa da Exa
basta citare alcuni dei maggiori espositori: primo tra tutti la Beretta,
industria armiera bresciana con una storia plurisecolare, il cui profilo è
quello di un'industria fondamentalmente militare in grado di convertirsi
almeno in parte al civile.
La Beretta deve la propria fortuna alla prima guerra mondiale, e poi alle
grandi forniture militari del periodo dell'espansione "imperiale" fascista;
dopo una rapida riconversione postbellica ai fucili da caccia, la Beretta
tornò alle commesse governative con l'adesione dell'Italia alla Nato.
Oggi la Beretta dichiara ufficialmente un fatturato militare pari soltanto
al 25-30% della sua produzione, ma non è azzardato ipotizzare che nel 2000
la produzione militare abbia raggiunto il 40-50%, valutabile in 250-300
miliardi, del fatturato consolidato, e che almeno la metà sia stata
prodotta in Italia e da qui esportata. E poiché queste cifre sono
lontanissime da quelle ricavabili sulla base delle autorizzazioni
all'esportazione, si può ragionevolmente affermare che il gruppo Beretta
aggira di fatto, anche se probabilmente del tutto legalmente, la legge
185/90, che sancisce il divieto di esportazione di armi verso paesi in
stato di conflitto, in via di sviluppo, e verso quelli i cui governi sono
responsabili di violazioni delle convenzioni internazionali in materia di
diritti dell'uomo.
Oggi la Beretta ha assunto una struttura multinazionale, con fabbriche
negli Stati Uniti, in Turchia, Grecia e Spagna, e rifornisce le forze
armate italiane, l'esercito degli U.S.A., l'aeronautica francese, e
numerosi altri paesi. Ma all'esportazione di armi da guerra vere e proprie
aggiunge quella delle cosiddette armi leggere o di piccolo calibro
(rivoltelle e pistole a carica automatica, fucili, fucili mitragliatori,
fucili d'assalto e mitragliatrici leggere), che sfuggono ai divieti della
legge 185 ma che sono quelle più frequentemente usate nei vari scenari
bellici, e che provocano il maggior numero di vittime, specialmente tra le
popolazioni civili.
La Beretta, per le sue dimensioni, rappresenta l'esempio più eclatante tra
i fabbricanti italiani di strumenti di morte che utilizzano Exa come
vetrina per promuovere la propria produzione, ma in scala ridotta
valutazioni analoghe possono farsi per altri espositori, come la Benelli,
la Franchi, la Breda, ecc. Sono poi presenti colossi internazionali
dell'industria armiera, anche bellica, come Browning, Winchester, Colt,
Smith & Wesson, Ruger.
Accanto a questi, altri produttori espongono a Exa strumenti ad alta
tecnologia e dotazioni in uso alle forza antisommossa delle polizie di
paesi "democratici" e non; si va dalle cosiddette "armi meno che letali" ai
gas lacrimogeni, dalle munizioni speciali agli spray irritanti, ecc.
Gli espositori di Exa, quindi, coprono tutta la vasta gamma degli impieghi
della produzione armiera.
Perché siamo contro Exa
00Exa rappresenta dunque una vetrina per alcune tra le più importanti
fabbriche d'armi al mondo; promuove l'uso delle armi a scopo ludico,
sportivo, di difesa, ma costituisce occasione d'incontro e di affari anche
per tipologie di armi a uso bellico e antisommossa.
Le ragioni per boicottare Exa sono quindi molteplici e attraversano diversi
temi tutti interni alla dimensione della globalizzazione capitalista.
E' intuitivo e di tutta evidenza il collegamento tra industria armiera e
scenari bellici. Alcune delle industrie che espongono a Exa producono vere
e proprie armi da guerra (Beretta, Breda, Franchi, ecc.); molte producono
le cosiddette armi leggere e di piccolo calibro che, pur non destinate in
senso stretto a uso bellico, di fatto, attraverso esportazioni illegali o
triangolazioni che eludono la legge, alimentano gli scenari di guerra che
provocano ogni anno oltre 150.000 morti, per lo più tra la popolazione
civile.
Nel luglio 2001 l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha tenuto a New York
una conferenza sul commercio illegale delle armi leggere e di piccolo
calibro, definite dal Segretario Generale dell'O.N.U. Kohi Annan, "armi di
distruzione di massa". Sono stati rimarcati gli effetti nefasti
dell'accumulazione e della diffusione di armi leggere e di piccolo calibro
di uso militare, e forniti dati che illustrano tutta la portata devastante
del fenomeno. Nell'ultimo decennio, due milioni di bambini sono stati
uccisi in conflitti dove sono state usate armi di piccolo calibro e cinque
milioni sono diventati disabili. Si stima che soltanto in Afghanistan vi
siano circa dieci milioni di armi di piccolo calibro; sette milioni in
Africa Occidentale, circa due milioni in America Centrale.
Amnesty International fornisce dati, relativi all'anno 2000, secondo i
quali l'Italia è il terzo paese esportatore di armi di piccolo calibro
(dopo U.S.A. e Gran Bretagna), con valori che superano i trecento milioni
di dollari. Tra i destinatari delle esportazioni legali di armi e munizioni
si trovano Stati coinvolti in conflitti, tra cui India, Pakistan, Eritrea e
Etiopia, l'Uganda, la Sierra Leone, il Congo, l'Algeria. Molti dei paesi
destinatari sono teatro di violazioni dei diritti umani, come Turchia,
Arabia Saudita, Cina e Indonesia. Si sottraggono invece a ogni controllo i
traffici illegali, che nella maggior parte dei casi hanno all'origine un
trasferimento legale e poi, attraverso triangolazioni tra Stati e
intermediazioni di organizzazioni criminali e trafficanti senza scrupoli,
sfuggono agli embarghi e fanno perdere ogni traccia di sé.
Le armi leggere e di piccolo calibro sono le armi delle guerre moderne,
provocano l'esacerbazione dei conflitti e rendono più difficili le
soluzioni diplomatiche, ma aumentano anche il tasso di criminalità e le
violazioni dei diritti umani.
Exa quindi, dietro la facciata rassicurante che attira decine di migliaia
di visitatori ogni anno, nasconde il suo vero volto di vetrina dei
fabbricanti di strumenti di morte.
Disarmare Exa significa anche colpire la finanza armata: le connessioni tra
finanza ufficiale e paradisi fiscali, le banche che finanziano il traffico
d'armi internazionale, gli Stati che destinano quote importanti del loro
p.i.l. alle spese militari, sottraendole alla spesa sociale; le lobbies e i
potentati che influenzano scelte politiche, gravide di effetti distruttivi
sullo scenario internazionale.
La produzione e l'esportazione di armi, sia legale che illegale, ha bisogno
di grandi capitali e di servizi finanziari che solo le banche possono
offrire, di modo che gli istituti bancari destinano i risparmi dei
cittadini anche a finanziare operazioni bancarie che generano morte.
Nell'anno 2000, secondo i dati forniti dal governo, sono state autorizzate
esportazioni di armi a uso bellico dall'Italia per oltre 1.500 miliardi di
lire, e quasi la metà degli importi autorizzati si riferiscono ad
esportazioni verso Sudafrica, Turchia, Nigeria e India.
Circa il 70% delle esportazioni ufficiali di armi leggere, quindi
considerate "per uso civile", ha invece avuto come destinatari paesi del
sud del mondo: tra gli altri, paesi come Libano, Congo, Marocco, Algeria,
Burkina Faso, Mauritania, Camerun, Senegal, India, Kenia, ecc.
Le spese militari sottraggono alla spesa sociale quote importanti dei
p.i.l. di tutti i paesi, somme ingenti che anziché essere destinate
all'utilità pubblica servono a fornire gli eserciti e le polizie di sempre
più sofisticati strumenti di morte.
Ma attraverso le esportazioni di armi verso i paesi in via di sviluppo, si
alimenta e perpetua il loro debito, e quindi la loro dipendenza, nei
confronti degli Stati industrializzati, con la conseguente impossibilità di
sviluppare economie destinate a soddisfare in primo luogo i bisogni primari
dei cittadini, di promuovere e finanziare progetti in materia di salute,
alimentazione, istruzione.
Disarmare Exa significa anche promuovere un modello di sviluppo sostenibile
per l'ambiente, perché l'esercizio della caccia impoverisce il patrimonio
faunistico del nostro pianeta, alterando l'equilibrio dell'ecosistema e
provocando ogni anno la morte inutile di centinaia di milioni di esseri
senzienti. La scomparsa e il rischio di estinzione di diverse specie
animali sono anche conseguenza della caccia, oltre che della distruzione
del loro habitat naturale.
Disarmare Exa, insomma, significa pensare alla costruzione di un mondo
diverso, in cui le risorse oggi utilizzate per procurare morte,
distruzione, danno ambientale, possano essere destinate a utilizzi
socialmente utili; in cui le fabbriche d'armi possano essere riconvertite
ad altri cicli produttivi; in cui la guerra sia bandita per sempre.
Exa nella guerra globale
Nell'ultimo decennio i grandi potentati economici e finanziari
transnazionali, gli apparati militari-industriali, i principali governi del
mondo sempre più frequentemente hanno fatto ricorso alla guerra per
risolvere i conflitti, per imporre la loro pace, i loro interessi nei punti
di crisi e di rilevanza strategica del pianeta.
E dopo la strage terroristica dell'11 settembre alle Twin Towers la guerra
sembra diventare ormai, sempre più, la forma stessa del dominio, sanguinosa
e devastante, terribile nella sua concretezza, fatta di bombe, pallottole,
distruzione e morte per le popolazioni civili. Va imponendosi una sorta di
stato di guerra permanente sull'intero pianeta. Le azioni belliche,
attuabili ovunque in qualsiasi momento, diventano normalità nel governo sui
popoli. Lo schema amico-nemico e la guerra squalificano ogni iniziativa di
mediazione politica tra istanze complesse legittime e differenti, e
cercano invece di garantire nel Nuovo Ordine Mondiale neoliberista la
concentrazione della ricchezza e del potere nelle mani di pochi a discapito
della gran parte dell'Umanità, del diritto universale ad una vita dignitosa.
Teatro di operazioni militari sono oggi l'Afghanistan e la Palestina,
prestissimo potrebbero essere la Somalia, l'Iraq, forse di nuovo i BalcaniŠ
E anche le forze armate italiane, con un consenso ampiamente maggioritario
in parlamento, ma non fra i cittadini, sempre più sono impiegate in queste
azioni di guerra con un ruolo attivo importante. Nel bilancio pubblico gli
stanziamenti del governo per le spese militari sono in costante aumento.
All'interno degli stessi Paesi più ricchi, lo stato di guerra porta con se
l'ampliarsi dell'esclusione dalla sfera dei diritti, dei servizi e delle
tutele sociali, nonché l'adozione sempre più frequente di misure e metodi
autoritari, apertamente repressivi, per colpire il dissenso e la protesta
democratica.
E' in questo scenario che si pone, nell'anno 2002, l'esposizione di Exa, la
cui rilevanza economica e commerciale - come abbiamo visto - va ben al di
là della realtà bresciana.
Ed è in questo scenario che Exa si rivela più che mai, nei marchi degli
espositori di armi leggere per ogni uso, nel logo accattivante che la
pubblicizza, nella propria stessa esistenza, un veicolo per alimentare,
foraggiare, legittimare, rendere senso comune accettato e persino bello
("sportivo") proprio la guerra, i suoi strumenti e chi sulla guerra
realizza profitti a palate. Senza guerra non ci sono produzione e vendita
di armi. Senza produzione e vendita di armi non c'è guerra. E' tutto qui,
in fondo, il gioviale happening di Exa.
Proposta in progress
Ma noi, uomini e donne comuni, di Brescia, di Genova, di Assisi, di Porto
Alegre, noi che pensiamo possibile la globalizzazione della pace e dei
diritti, e non del dominio di pochi sull'intero pianeta, siamo parte
dell'umanità contro la quale i potenti scatenano e fanno combattere le
guerre.
Ebbene, chi si oppone alla guerra nei mille modi possibili, senza se e
senza ma, chi è per la pace, chi non vuole lasciarsi arruolare, chi diserta
e disobbedisce, chi non collabora, chi vivendo ogni fede sa che nessuna
guerra si può scatenare in nome di Dio, chi non è d'accordo ma non sa che
fare, chi crede possibile un altro mondo senza armi, chi non ci crede molto
ma vede che questo mondo è simile al peggiore possibileŠ invitiamo tutti
questi uomini e donne e molti di più, come noi e diversi da noi, a
condividere, fra tantissimi soggetti collettivi, politici, associativi,
sindacali, studenteschiŠ, singoli individui, con provenienze, percorsi,
sensibilità, pratiche, domande, impegni quotidiani, obbiettivi grandi e/o
immediati differentiŠ un semplice scopo comune: dire no a Exa. Dirlo in
molti modi pacifici, pubblici, chiari, comprensibili, con creatività,
allegria e radicalità. Affermare che questa mostra di prodotti che servono
ad uccidere è semplicemente illegittima, ingiusta, perché di quei prodotti
chiunque può diventare e diventa vittima innocente.
Exa non è figlia legittima di Brescia, non è un fiore all'occhiello dell'
"intraprendenza e dell'operosità" dei bresciani. E Brescia non è la città
dei produttori e dei mercanti di strumenti di morte. La stessa tradizionale
"vocazione armiera" della Valle Trompia è l'esito di scelte politiche ed
economiche, non un dato naturale incontrovertibile, certo non è l'unico
modello di organizzazione dei rapporti sociali che possa dare identità e
lavoro alle popolazioni di quel territorio. Siamo convinti che la sicurezza
dell'occupazione e del reddito per i lavoratori oggi impiegati in quel
settore non debba essere messa a rischio, ma è altrettanto certo che i
percorsi della riconversione dell'industria bellica, pur difficili e
realizzabili in tempi lunghi, non siano affatto impraticabili.
Per altro, importanti scelte di delocalizzazione produttiva verso regioni
del mondo dove il costo del lavoro è più basso negli ultimi anni sono state
compiute anche dalla Beretta, e questo, con l'intensificarsi della
competizione sul mercato mondiale, dimostra che persino in Val Trompia la
produzione armiera non è sinonimo di garanzia occupazionale e che anche in
questo ambito della manifattura bresciana prevale la tendenza alla
riduzione di manodopera. Dunque, un serio percorso di riconversione al
civile dell'industria bellica valtriumplina e di reinserimento degli
addetti in altri settori lavorativi può rappresentare non solo una
possibilità per porre fine alla produzione di armi ma anche, in
prospettiva, una concreta necessità di garanzia dell'occupazione e del
reddito per gli operai di quelle imprese a rischio di disoccupazione.
Da anni sono moltissimi e sempre di più i bresciani attivi nella
solidarietà reale, in mille iniziative che vedono la società civile locale
sostenere in modo concreto le popolazioni colpite dalla distruzione portata
in ogni parte del mondo anche dalle armi che da Brescia vengono vendute a
qualsiasi acquirente. L'impegno fattivo di molti bresciani in questi anni
nella cooperazione alla pace nella ex Jugoslavia, a supporto delle
popolazioni civili, per il ripristino del legame sociale devastato dalla
guerra etnica, è solo uno degli esempi. E' questo il vero fiore
all'occhiello che già da molto tempo ha fatto conoscere i cittadini
bresciani ai cittadini di tutto il mondo, non certo la produzione di guerra
che riempie le tasche di pochi industriali e banchieri.
Esprimere questa solidarietà con coerenza e concretezza, dire no alla
guerra non può non significare anche sollevare e affrontare al più presto
il grave problema che è Exa, chiedere che la mostra delle armi leggere
smetta di esistere.
Exa e il suo "palcoscenico", la rilevanza nazionale ed europea, la
visibilità, oltre che la gravità, di questo evento, rappresentano anzi
un'opportunità grande che la società civile, il movimento contro la guerra
e per i diritti globali può cogliere, per dare ulteriore legittimità ed
efficacia concreta alle proprie ragioni e alla preziosissima pratica
quotidiana della solidarietà e delle azioni di pace.
Anzitutto, chiediamo con forza ai promotori dell'esposizione una moratoria,
cioè di rinunciare almeno all'edizione di quest'anno di Exa. Crediamo che
nella situazione di guerra in atto tale decisione sia doverosa come gesto
minimo indispensabile di assunzione di responsabilità, di buon gusto e
senso civile, di rispetto per l'Umanità martoriata dall'effetto dei loro
prodotti.
Ma temiamo che i produttori e mercanti di pistole, fucili, mitra, così come
le società finanziarie e le banche ad essi collegate, siano più preoccupati
di non correre il rischio - rinunciando all'expò 2002 - di una qualche
flessione del giro d'affari che attraverso Exa si alimenta.
Facciamo appello allora a tutti i soggetti interessati, di Brescia e non di
Brescia, a partecipare e a promuovere insieme a noi una serie di iniziative
di critica forte, pacifica e radicale ad Exa, dal 13 al 16 aprile prossimi.
Immaginiamo e proponiamo uno scenario articolato e complesso di iniziativa,
che abbia la maggior efficacia possibile sul piano politico e comunicativo
e che si dispieghi, nelle settimane e nei mesi a venire, a partire da ora e
poi soprattutto nei giorni dell'esposizione, in momenti di informazione
(volantinaggi, articoli di giornale, conferenze stampa, predisposizione di
un apposito sito internet...), di approfondimento, di discussione, di
mostra e proiezione video, di spettacolo teatrale e musicale, di incontro
(in primo luogo con i lavoratori e con gli studenti), di manifestazione di
strada e di azione diretta che coinvolgano tanto la città e il suo centro
storico, quanto la zona immediatamente a ridosso dello spazio espositivo,
alla periferia est di Brescia.
Intendiamo promuovere nei giorni di Exa un forum di approfondimento, di
discussione e proposta, al quale abbiamo l'ambizione di dare rilevanza
nazionale, sulla produzione bellica, sui percorsi possibili della
riconversione dell'industria armiera, sulle pratiche reali di costruzione
della pace e di rifiuto della guerra.
Compiremo azioni di informazione e denuncia riguardanti le banche armate.
Proponiamo, nei giorni dell'esposizione, dei momenti di presenza di massa
nelle adiacenze della zona fieristica. L'obbiettivo che ci prefiggiamo è di
isolare la mostra e denunciare i "commercianti" di morte. Tenteremo di
interporci pacificamente nello svolgimento della rassegna attraverso un
percorso critico sugli effetti devastanti delle armi e della guerra. Non
vogliamo impedire a nessuno l'accesso all'esposizione, ma crediamo altresì
che in un paese libero nessuno ci possa impedire di manifestare il nostro
pensiero, il nostro dissenso e la nostra critica. E' evidente che tale
proposta, solo abbozzata, dovrà essere specificata nelle prossime
settimane.
Del resto lo scenario e le proposte che iniziamo qui a delineare sono
volutamente generici, proprio per consentire a tutti i soggetti interessati
di portare il loro contributo alla stessa elaborazione del calendario delle
iniziative. Iniziative, anche quelle di strada attorno alla zona
fieristica, che speriamo molteplici, che crediamo possano e debbano avere
modalità e forme le più diverse, pacifiche, nonviolente, di disobbedienza
civile e sociale, che non comportino danno a persone e cose, che abbiano
come prerogative irrinunciabili la chiarezza, la radicalità, la pubblicità
e l'efficacia comunicativa, e siano mosse dall'obbiettivo condiviso da
tutti i promotori: criticare, delegittimare, ostacolare Exa.
Pensiamo le giornate di Exa non come un punto d'arrivo, ma come un
passaggio imprescindibile per rilanciare anche nella provincia di Brescia
l'opposizione alla guerra e alla produzione bellica, per la riconversione
delle fabbriche d'armi. In tal senso, consideriamo importante arrivare
anche attraverso le giornate della contestazione ad Exa alla creazione di
un osservatorio permanente sulla produzione ed il commercio di armi
leggere.
Proponiamo l'inizio di un lavoro lungo, difficile, ma irrinunciabile e
importante, per disarmare Exa, per bandire la guerra e le sue armi da
Brescia.
Comincia adessoŠ
10 gennaio 2002
Brescia Social Forum
-------
APPELLO
-------
CAMPAGNA DISARMIAMO EXA 2002
PER DIRE NO ALLA GUERRA E AL COMMERCIO DI ARMI
BRESCIA, 13 - 14 APRILE 2002
Quest'anno, dal 13 al 16 aprile, Brescia ospita la ventunesima edizione di
EXA, uno degli appuntamenti espositivi più importanti per le maggiori
aziende produttrici di armi leggere e di piccolo calibro a livello mondiale.
Secondo la pubblicistica degli organizzatori l'esposizione promuove l'uso
delle armi a scopo ludico, sportivo, di difesa. In realtà costituisce
occasione d'incontro e di affari anche per tipologie di armi ad uso bellico
e antisommossa.
Nel luglio 2001 il Segretario Generale dell'O.N.U. Kofhi Annan, ha definito
le armi leggere e di piccolo calibro, "armi di distruzione di massa".
Recentemente Mons. R. Martino, rappresentante della Santa Sede all'Onu,
facendosi voce di molte organizzazioni della società civile, ha dichiarato
che "gran parte del traffico illecito di armi ha origine nel commercio
legale delle medesime" (cfr. Intervento alla 56ma Sessione Generale
dell'Onu sul disarmo - 15/10/2001).
Nell'ultimo decennio due milioni di bambini sono stati uccisi in conflitti
dove sono state usate armi leggere e cinque milioni sono diventati
disabili. Si stima che soltanto in Afghanistan vi siano circa dieci milioni
di armi di piccolo calibro; sette milioni in Africa Occidentale, circa due
milioni in America Centrale. Nei moltissimi conflitti scoppiati nell'ultimo
decennio circa la metà delle armi complessive utilizzate per le operazioni
di guerra sono delle tipologie prodotte dalle aziende che espongono ad Exa.
Il parlamento italiano si prepara a discutere modifiche alla legge 185 sul
controllo e la limitazione della produzione e del commercio di armi. Scopo
evidente delle proposte di modifica è ridurre drasticamente l'efficacia
della normativa vigente.
Crediamo sia venuto il momento di avviare una riflessione profonda sulla
produzione e il commercio dei sistemi d'arma.
Diventa sempre più urgente attivare osservatori permanenti per il
monitoraggio, così come riaprire la prospettiva -complessa e di lungo
periodo, ma certo praticabile e ineludibile- della riconversione
dell'industria bellica, garantendo reddito e occupazione ai lavoratori.
Disarmare Exa significa anche denunciare la finanza armata: le connessioni
tra finanza ufficiale e paradisi fiscali, le banche che finanziano il
traffico internazionale di armi, gli Stati che destinano quote importanti
del loro p.i.l. alle spese militari, sottraendole alla spesa sociale; le
lobbies e i potentati che influenzano scelte politiche, gravide di effetti
distruttivi nel mondo.
Opporsi ad EXA significa anche dire un no concreto e forte alla guerra in atto.
Dopo l'orribile strage che l'11 settembre 2001 ha spezzato le vite di
migliaia di persone innocenti a New York, anche il governo e il parlamento
italiani -in violazione dello stesso articolo 11 della Costituzione
repubblicana ("L'Italia ripudia la guerra come strumento di risoluzione
delle controversie internazionali")- hanno deciso di partecipare alla
guerra globale permanente condotta dagli Stati Uniti e dai loro alleati.
Il conflitto ha già provocato migliaia di vittime in Afghanistan e, per
dichiarazione del Presidente americano Bush, sta per estendersi ad altri
Paesi, mentre coloro che vengono indicati come i mandanti dell'attentato
alle Twin Towers restano introvabili.
Si preparano nuove inutili e devastanti avventure belliche, per garantire
non la sicurezza comune, bensì il dominio imperiale di pochi ricchi sulla
grande maggioranza dell'Umanità, a discapito di scelte politiche
democratiche e condivise che permettano di superare gli squilibri, le
ingiustizie sociali, la negazione dei diritti più elementari della persona
che il neoliberismo impone su scala planetaria. Siamo convinti che la lotta
al terrorismo si debba combattere con un impegno costante e deciso per la
costruzione di un mondo più giusto.
Per queste ragioni facciamo appello a tutte le realtà associative,
politiche, sindacali, ai singoli cittadini, perché partecipino al forum di
discussione sulla guerra globale e le sue armi e manifestino in mille forme
pacifiche e chiare l'opposizione alla guerra e alla produzione bellica, la
volontà di pace e giustizia proprie di grandissima parte della società
civile di Brescia e del Paese;
A Brescia, il 13 e il 14 aprile 2002, in concomitanza con l'esposizione di EXA.