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Dossier sugli Stati Uniti: La libertà sacrificata nel nome della sicurezza



La rivista Missione Oggi, dei Saveriani di Brescia, ha pubblicato, sul
numero di Febbraio, un interessantissimo dossier sugli Stati Uniti.
Ve lo allego: è da leggere a tutti o costi.
Leggete e fate leggere: è bene che la gente sappia!
Una saluto
Aldo



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LA LIBERTA' SACRIFICATA NEL NOME DELLA SICUREZZA

La guerra al terrorismo può diventare un pretesto per restringere le basi
dei diritti fondamentali delle persone. La "legge patriottica" è il più
grave attacco alle libertà fondamentali degli Stati Uniti, da cinquant'anni
a questa parte.

Il Patriotic Act non darà più sicurezza, ma di certo limiterà i diritti dei
cittadini americani e non. Un senatore repubblicano ha affermato, senza
mezzi termini, che "in tempo di guerra è necessario considerare in maniera
diversa le libertà civili". Benjamin Franklin, circa 250 anni fa, aveva
invece detto: "Chi sacrifica la libertà in nome della sicurezza, non merita
libertà né sicurezza". Ed è ciò che sta avvenendo.

Verso uno stato penale?
Con la legge patriottica, possono venire insediati tribunali militari
speciali per cittadini stranieri accusati di terrorismo, concedendo una
discrezionalità assoluta al governo di decidere chi sarà perseguito e in
virtù di quali leggi, e di rivedere condanne e sentenze violando così il
principio di separazione tra potere esecutivo e giudiziario.
L'Unione americana per le libertà civili, dando voce alla protesta di altre
120 associazioni, ha obiettato che questi nuovi poteri potranno essere
usati anche contro cittadini americani, che non risultano sott'inchiesta,
contro immigrati che si trovano legalmente negli Stati Uniti e anche contro
coloro le cui attività politiche o civili non piacciono al governo. La
legislazione prevede, infatti, la detenzione obbligatoria di ogni cittadino
straniero definito "presunto terrorista", che rischia così di rimanere in
carcere per un "tempo ragionevole", rinnovabile ogni sei mesi, ovvero per
un periodo indeterminato. Subito dopo l'attacco a Manhattan, l'Fbi ha
proceduto a oltre mille arresti e ad alcune migliaia di interrogatori di
persone sospette; il governo non ha fornito per diverse settimane i nomi
dei fermati per "attività investigative legate agli attentati".
Centocinquanta di questi erano stati in realtà fermati a causa di
violazioni del visto d'ingresso, mentre altre centinaia di persone venivano
detenute per aver violato leggi federali o locali o senz'alcuna accusa
specifica. Alle varie proteste, gli inquirenti hanno replicato che gli
arresti possono aver prevenuto altri attentati. Al 10 dicembre, i detenuti
erano ancora in attesa di giudizio o di specifici capi di imputazione.
A questo proposito, Amnesty International ha precisato che "sono centinaia
le persone in carcere in violazione dei loro diritti processuali: non sono
note le accuse, non si conosce il luogo di detenzione, non sono state
informate le ambasciate. Sono molte le denunce di maltrattamenti e abusi ai
danni dei detenuti...".
Il Washington Post ha aggiunto che "il dipartimento di Giustizia sta
facendo un uso straordinario dei suoi poteri di arresto e detenzione dei
singoli. Sia i giuristi che i cittadini dicono di non ricordare un altro
periodo, in cui tante persone siano state arrestate e imprigionate senza
vincolo d'accusa.
E già prima dell'11 settembre ricordava che "restrizioni della libertà
personale, del diritto della libera espressione delle proprie opinioni,
compresa la libertà di stampa, e dei diritti di associazione e di riunirsi
in assemblea, violazioni della privacy delle comunicazioni postali,
telegrafiche e telefoniche; permessi di perquisizione, ordini di confisca e
restrizioni sulla proprietà, sono ritenuti leciti al di là dei limiti
legali altrimenti prescritti". In forza anche dei nuovi poteri attribuiti,
l'Fbi ha iniziato intanto ad indagare anche su organizzazioni che a suo
avviso potrebbero essere "collegate a terrorismo"; tra queste il movimento
delle "Donne in nero", che lotta contro la violenza in Israele e nei
territori palestinesi occupati. La legge patriottica prevede inoltre il
ricorso ad agenti da infiltrare nelle varie organizzazioni e incoraggia la
delazione, criminalizzando chi non informa l'Fbi dei suoi "ragionevoli
sospetti".
Essa dà anche il potere di ascoltare le conversazioni tra i detenuti e i
loro avvocati. L'American Civil Liberties Union, una delle maggiori
organizzazioni statunitensi di difesa dei diritti civili, ha attaccato
duramente la decisione di controllare i detenuti, in quanto "minaccia di
negare la pietra angolare del nostro ordinamento, il diritto a una difesa
legale competente". Saranno coinvolti in un simile trattamento quei
detenuti "ragionevolmente sospetti di poter usare le comunicazioni per
compiere o facilitare atti di terrorismo". Ma la possibilità di essere
controllati indurrebbe invece molti detenuti a non parlare chiaramente con
il proprio avvocato, minando così l'efficacia della difesa. I controlli
riguarderanno sia le conversazioni detenuto-avvocato che le telefonate e la
posta.
Negli Stati Uniti, ogni anno, vengono già intercettate da funzionari del
governo, due milioni di conversazioni telefoniche.


Quei Tribunali molto "speciali"
Con la nuova legge, Bush ha istituito le commissioni militari speciali, da
cui verranno giudicati gli stranieri in odore di terrorismo. Il decreto
prevede, infatti, la costituzione di corti speciali che hanno il potere di
giudicare persone accusate di attività terroristiche, incarcerate a tempo
indeterminato per indagini preventive, senza diritto a essere valutate da
una giuria. Costoro possono essere condannati fino alla pena capitale con
una sentenza emessa all'unanimità dagli ufficiali-giudici, al termine di un
processo almeno in parte segreto e sulla base di prove non ammesse dai
tribunali ordinari. "Chi sarà sospettato di avere legami terroristici, non
si merita le stesse tutele costituzionali dei cittadini americani". Parola
del ministro della Giustizia.
Il New York Times ha scritto: "Il piano del presidente Bush di utilizzare
tribunali militari segreti per processare i terroristi è un'idea
pericolosa. Con un tratto di penna, ha in sostanza cancellato le norme
della giustizia americana, meticolosamente riunite nel corso di oltre due
secoli". E c'è dell'altro: la legge prevede non solo processi da tenersi su
territorio statunitense contro cittadini non americani, ma l'istituzione di
tribunali speciali militari americani, ovunque ciò venga unilateralmente
ritenuto necessario: su un aereo che sorvola i cieli del Pakistan,
dell'Arabia Saudita, o su una nave al largo delle coste indonesiane o
europee. Cioè in tutti quei paesi che sono sospettati di praticare o
coprire i terroristi di turno, a danno della politica estera e
dell'economia statunitense. A questo punto, saranno Bush e il ministro
della Difesa Rumsfeld a decidere chi perseguire e condannare.
Il direttore del Centro per i diritti costituzionali dei cittadini
americani e non, impegnato nelle lotte contro la discriminazione razziale e
degli obiettori di coscienza nella guerra del Vietnam, ha ricordato che ci
si trova davanti ad "una violazione delle norme e dei principi
costituzionali che ispirano questo paese. Una discrezionalità presidenziale
che si configura come abuso di potere da parte del presidente". Questo
perché il concetto di "associazione terroristica" è stato tenuto
volutamente ampio e vago: al suo interno (non per niente si parla già da
tempo del "terrorismo ecologico" di alcune associazioni ambientaliste, di
"terrorismo informatico", ecc.), ci può stare di tutto.
L'Inghilterra non ha perso tempo nel seguire le orme dell'ex colonia: la
nuova legge antiterrorismo dà alla polizia maggiori poteri e prevede il
carcere per atti di protesta come "rivelare l'itinerario dei treni che
trasportano scorie nucleari o rifiuti tossici". Greenpeace è avvisata!

Diritto internaziona1e: quando le regole non valgono per tutti
Da Carter fino a Clinton e Bush junior, tutti i presidenti americani hanno
sempre sottolineato l'importanza dei diritti umani, quando questa retorica
serviva per denunciare l'inefficienza dell'Onu; depotenziamento di cui - è
bene ricordarlo - loro sono stati tra i maggiori responsabili sia sul piano
politico che economico.
Gli Stati Uniti hanno usato la legge internazionale, solo quando portava
loro qualche vantaggio o non entrava in conflitto con la propria normativa:
se nel '79 denunciarono l'Iran alla Corte internazionale di giustizia
dell'Aja perché teneva in ostaggio dei diplomatici americani, quattro anni
dopo rifiutarono di riconoscere la giurisdizione di quella stessa Corte a
seguito della denuncia nei loro confronti da parte del Nicaragua che li
accusava di sostenere attività militari e paramilitari all'interno del
proprio territorio nazionale. In tale occasione, Washington aveva
esplicitamente ordinato all'esercito mercenario dei contras antisandinisti
(definiti da Reagan "combattenti per la libertà") di colpire obiettivi non
militari (soft targets), ovvero i civili indifesi. In sostanza, un via
libera ad operazioni terroristiche. Tutti i commentatori del tempo, sulle
maggiori testate americane, lodarono l'efficacia dei metodi utilizzati al
fine "di rovinare l'economia (del Nicaragua) e condurre per procura una
guerra lunga e sanguinosa". Pur essendo attaccato dal Golia del continente
(armamenti, supporto logistico, consiglieri militari, istruttori, controllo
aereo, ecc. erano tutti made in Usa), Managua non pensò di bombardare la
capitale statunitense come legittimo atto di ritorsione nei confronti di
chi stava massacrando il suo popolo. Così decise di affidarsi al diritto
internazionale e quindi di ricorrere alla Corte internazionale dell'Aja, la
quale le diede ragione, ordinando nel contempo agli Stati Uniti di fermarsi
e di ripagare i danni materiali causati. Washington non solo respinse con
sdegno tale sentenza, ma, in tutta risposta, intensificò gli attacchi
omicidi. Pazientemente il Nicaragua si appellò al Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite. Questo mise a punto una risoluzione che chiedeva a
tutti gli stati, indistintamente, di obbedire al diritto internazionale, ma
gli Stati Uniti posero il loro veto. Allora Managua si rivolse
all'Assemblea generale dell'Onu, dove fu presentata una mozione simile alla
precedente, ottenendo	finalmente l'approvazione della maggioranza (153
voti), meno quella di due membri: Stati Uniti e Israele.
Il passaggio che non approvavano era quello in cui si affermava che "nulla
nella presente risoluzione può in alcun modo pregiudicare il diritto
all'autodeterminazione, alla libertà, all'indipendenza così come
rivendicato nella Carta delle Nazioni Unite, dei popoli privati con la
forza del loro diritto, in particolare i popoli soggetti a regimi coloniali
razzisti e all'occupazione straniera o ad altre forme di dominazione
coloniale, né il diritto 	dei popoli a lottare per questo fine e a
cercare e ricevere aiuto". In pratica le lotte di liberazione o
antirazziste, così come difendere il proprio territorio da attacchi esterni
che ne minacciassero l'integrità, erano legittime.
In sostanza, gli Stati Uniti sono l'unica nazione al mondo condannata per
terrorismo dalla Corte internazionale, che si è rifiutata di sottostare al
diritto accogliendo una risoluzione, la cui richiesta a tutti i governi era
semplicemente quella di rispettare le leggi in vigore.

		(continua)