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Natale di guerra e semi di disobbedienza
Bologna, domenica 23 dicembre 2001
Faccio mie queste parole di Enzo Mazzi che leggo da "il manifesto" di oggi
23 dicembre 2001.
Trascrivo qui di seguito l'intero articolo: penso possa essere per tutti
noi esseri umani - cristiani o non-cristiani - spunto di riflessione in
questo "natale di guerra"
Riprendo l'ultima frase: "...questisemi di "disobbedienza creativa"diffusi
ovunque, ma così poco visibili perché oscurati da un clima di omologazione
montante verso i modelli di vita e il pensiero unico imposti dai poteri che
dominano il mondo, questi semi di speranzasono oggi, io credo, l'essenza
del Natale...":
Il mio più sincero augurio è che in questo Natale e nel 2002 questi "semi"
possano cominciare a crescere e diventare vitali e visibili in tutti noi.
Shalom a tutti, ma proprio a tutti!
Domenico Manaresi
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Natale di guerra
ENZO MAZZI
Non credo di essere il solo a vivere con senso di grave disagio questo
Natale di guerra.
Di fronte alla esplosione della bomba di Hiroshima Gandhi si domandò e
domandò come era possibile continuare ad avere fede: fede nell'uomo,
nell'amore come anima del mondo, nella non-violenza come forza spirituale
che abita tutti gli esseri umani. Le stesse domande scuotono oggi le nostre
coscienze o quantomeno rendono inquieti i nostri dormiveglia.
Non c'è bisogno di essere cristiani o credentiper giudicare anche
laicamente la inconciliabilità fra il "Natale-festa della vita"e questa
attuale festa di morte che accompagna ormai la nostra vita quotidiana.
Semmai per i cristiani tale inconciliabilità è più radicale. Un testimone
della pace, il cardinale Giacomo Lercaro,dopo la sua abdicazione-rimozione
dall'ufficio di vescovo di Bologna, avvenuta nel febbraio 1968, voluta fra
gli altri dal presidente Usa Johnson e dalla Cia a causa dalla forte
condanna dell'intervento militare americano contro il Vietnam, lasciava
quasi come testamento spirituale ai cristiani l'impegno a opporsi "con
rigore e intransigenza proprio in nome della fedeltà a Cristo"al "sistema
di guerra in cui viviamo", perché "oggi l'obbedienza allo Spirito passa
attraverso il rifiuto del sistema di guerra e la riscoperta gioiosa della
pace come condizione umana di sviluppo e di adempimento della intera
creazione".
Tre anni prima don Lorenzo Milani, nel 1965, scrivendo la sua autodifesa,
nel processo per aver difeso l'obiezione di coscienza per cui fu condannato
in Corte d'appello, condensava lo stesso messaggio di Lercaro nella frase
"L'obbedienza non è più una virtù".
La disobbedienza dei pacifisti di oggi ha salde radici storiche in ogni
area culturale. Lo sapevamo, ma è bene ricordarlo. Non basta dire "pace",
bisogna dire e fare "disobbedienza"per vivere con un minimo di coerenza il
Natale in tempo di guerra.
"Disobbedienza" è non-collaborazione alla guerra in tutte le forme
possibili come ad esempio l'obiezione fiscale alle spese militari proposta
da Carta in forma nuova e più facilmente praticabile da tutti.
"Disobbedienza"è opporsi alle cause della guerra, seminagione di
non-violenza attiva, apertura alla solidarietà universale, tolleranza come
accoglienza del "diverso", riscoperta del senso del limite del nostro
progresso e della nostra corsa al privilegio, rinuncia esplicita e attiva
agli assoluti religiosi, valorizzazione dell'incontro e della fecondazione
reciproca fra le diversità culturali e religiose.
Questi semi di "disobbedienza creativa"diffusi ovunque, ma così poco
visibili perché oscurati da un clima di omologazione montante verso i
modelli di vita e il pensiero unico imposti dai poteri che dominano il
mondo, questi semi di speranza sono oggi, io credo, l'essenza del Natale.
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