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IL PONTE SULLO STRETTO



Title: IL PONTE SULLO STRETTO

IL PONTE SULLO STRETTO

Di Fulvio Grimaldi

 

(caro Omar, eccoti il pezzetto. Sempre che ti vada bene… Puoi togliere “eccessi”, se serve alla pubblicazione. Auguroni di buona lotta anticasariniana)

 

Se c’è una cosa che, al di là delle mistificazioni propagandistiche, cementifica l’unione tra il nano ballerino e piduista di Arcore, e l’estenuato scheletro che rumoreggia da sotto le foglie secche dell’Ulivo, è questo sciagurato ponte. Come sono sciagure tutte le altre cose che scaturiscono da questo partito unico che, all’americana, recita la commedia dell’arte (?) di scontri fasulli, subito ricomposti in camerino da furtivi, ma orgasmatici accoppiamenti: l’esercito professionale, il presidenzialismo, “la mafia non c’è”, “Papà Bush”, “Spezziamo le reni alla Jugoslavia, alla Macedonia, alla Palestina, al l’Afghanistan, all’Iraq, alla Somalia, agli operai, agli studenti, all’ambiente, a chi cazzo ci pare”. Un connubio consolidato e benedetto dai prodigi terroristici scaturiti dal think-tank CIA  e efficacemente gestito dalle consociate Bush-Bin Laden-narcotrafficanti del mondo.

Già, il terrorismo. A loro le torri gemelle, a noi nani e scheletri con nel sacco il ponte e il Mose. L’equipollente della patacca antrace, poi, è il corredo di sventramenti underground, autostrade, svincoli, palazzi in pizzo alla scogliera condonati,  di cui si infioretta, dopo il via libero del verde- WWF- Greenpeace- Legambiente - Rutelli (la gazza ladra sui rami spogli dell’Ulivo), il connivente, pardon convivente della mafia, Lunardi.

C’è solo una cosa buona nel caravanserraglio da 10mila-40mila miliardi di questo ponte. Che non è stato chiamato a disegnarlo Renzo Piano. Che pure avrebbe avuto competenza in proposito: il suo aeroporto sull’isola di Osaka sta sprofondando in mare (ed è meglio così, se quell’orrenda clinica delle nevrosi da mobilità l’avete mai vista), il suo Beaubourg parigino si sgretola nella ruggine, il suo auditorium-monstrum romano sta disintegrando prestigiosi reperti romani e il poco verde rimasto a Roma centro-Nord, la sua Potsdamer Platz a Berlino ha letteralmente stuprato una città e una storia con penetratori di stampo Wall Street-McDonald’s. E mettiamoci in tasca l’esclusione di Piano.

Per il resto non ci resta che piangere. Sapete tutti già tutto. La lunghezza, l’arcata Guinness, la larghezza, le corsie, le ferrovie. Sapete anche, seppure non ve lo dicono, che i nostri quattrini finiranno tutti ai conviventi di Lunardi, che il passaggio Calabria-Sicilia-Calabria sarà economicamente un disastro, che al posto di 10.000 posti di lavoro permanenti ne verranno 10.000 per qualche anno e poi via col calcio in culo e il TFL affidato al multinazionale fondo pensioni. Che le coste saranno sgretolate e imbavagliate da orrendi passanti, cavalcavia e svincoli. Che il ponte sarà un eterno imbottigliamento da paura che inciterà molti al precario tuffo dal ponte per acchiappare l’ultimo traghetto.

Che i venti notoriamente possenti che soffiano tra Scilla e Cariddi vi faranno rasentare e a volte sfondare le spallette. Che un terremoto nel pezzo più sussultorio del Mediterraneo si porterà via l’intera nefandezza. Che, se non ci pensa il terremoto, ci penserà un inviato di Bin Laden da Langley nel momento in cui Ruggiero recalcitra un altro po’ di fronte a una rinnovata campagna di torture e scorie nucleari ai somali.

Tutto questo, lo sapete.

Ma avete riflettuto sull’uccisione degli aneliti? Quelli di Ulisse, di Robespierre, dell’uomo in generale e dei comunisti in particolare? Gli aneliti sono la molla della vita, addirittura della sopravvivenza, figuriamoci del progresso. Anelare a superare  lo stretto, anziché slittarci sopra nel frastuono di sei tubi di lamiera lunghi quasi 4 km, senza percepire un’increspatura d’onda, odorando, anzichè carburante e ristagno, il profumo delle sirene, festeggiando insieme ai co-navigatori ll transito ontologico, consustanziale della crescita, dal monte al piano al mare al piano al monte al paese alla città al bosco all’isola alla terraferma, con tutti i rischi, godimenti, sorprese che tutto questo comporta, affrontare, seppure per mezz’oretta, le colonne d’Ercole, cioè l’incognito, è essere protagonisti di un romanzo di formazione. E’ un’iniziazione perenne. Al viaggio, all’uomo, alla Terra, al cosmo. Alla lotta contro altri “iniziati”. Ma alla massoneria, alla mafia, all’armagheddon dei genocidi biblici. I nichilisti riempiono il loro vuoto di cemento e bombe.  Calabresi, siciliani, figli di Odisseo e Polifemo, fermateli! E, maliziosi come siete, provate a sentire cosa ne pensa il “Movimento”.