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lettera da Kandahar



Mi è arrivata stamattina da un amico. Non conosco la fonte originale, ma mi
sembrava meritasse di essere diffusa.
Andrea
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Andrea Guerrizio
Associazione ONLUS
"Satyagraha - la forza della Verità"
via Panisperna 159  00184 Roma
http:\\web.tiscalinet.it/satyagraha


Pochi decidono per tutti, in questo mondo. Gli altri tacciono e subiscono.
Siamo tutti uguali, il sangue scorre rosso, il dolore si esprime in grida e
lacrime.  Per tutti.
Io sono nata a Kandahar 22 anni fa, sono stata in Italia per quasi tutta
l'infanzia e di questo non smetterò mai di ringraziare mio padre che ha
voluto che io vedessi un mondo diverso di pace, poi sono tornata in
Afghanistan, dove c'era tutta la mia gente. Ho conosciuto gli italiani, sono
come noi. Ho amato la capacità degli italiani di capire, di non giudicare,
di commuoversi. Così a questo popolo che ho amato invio la mia preghiera.

In Italia c'è la mafia che si è diffusa come un cancro in tutto il mondo,
facendo male e tanto.
Sono felice che nessuno per questo abbia mai pensato di bombardare l'Italia,
di darla da governare a stranieri, di riempirla di bombe, mine e pianto.
Sono felice perché la mafia non avrebbe perso mentre gli italiani avrebbero
visto i loro sogni trasformarsi in orrore e incubi. Ero a Kandahar quando
sono cominciati i bombardamenti occidentali. Ero là con il mio bimbo e il
mio giovane uomo. E così il mio giovane uomo è andato a combattere. Non
volontario, non terrorista. E' partito perché i giovani ragazzi vengono
arruolati dagli eserciti in tutto il mondo quando c'è guerra. Aveva 20 anni
e se n'è andato senza guardare il suo bimbo che piangeva. Forse immaginava
che non l'avrebbe visto più, non voleva ricordarlo in lacrime.

Cadevano le bombe l'ultima volta che l'ho visto vivo, il rumore era
assordante e la gente gridava e correva in cerca di rifugi che non ci sono.
Così non so se ha sentito il mio saluto. L'ho accompagnato per alcuni metri
lungo la strada e per una volta ho gioito di indossare il burqa. Non ha
visto lacrime ed erano tante, ha portato il mio ricordo mentre gli dicevo
che nessuna bomba e nessun nemico può uccidere chi è protetto da un amore
grande, come il mio per lui. Ma l'amore in Afghanistan ha perso da tempo. E
il mondo è piccolo e se l'amore perde  perde per tutti. La notte ho stretto
forte il mio bimbo che non dormiva più. Chiedeva perché,  ma io non so che
rispondergli. Non si può dire a un bimbo che il mondo odia il terrorismo,
che significa uccidere gli innocenti, e così, per risposta, bombarda noi.
Tutto quello che quella notte, quella dopo e quelle prima gli dicevo era
"mamma è qui con te, non piangere, mamma è qui con te". E ora vorrei morire
perché in una di quelle notti da incubo la casa è esplosa su noi
abbracciati. E che ha potuto fare mamma per il suo bimbo? Gli avevo promesso
protezione, la bomba è caduta e lui nel terrore mi ha guardata come a
ricordarmi la promessa. Non ha urlato, questo lo ricordo. Io l'ho fatto ed
era un grido animale che mi risuona nelle orecchie in ogni istante, sono
saltata sul corpo del mio piccolo come un'aquila sulla preda. Sentivo del
sangue scivolarmi lungo le gambe e tra il dolore e l'angoscia non capivo di
chi fosse, continuavo a pregare Dio che fosse il mio, a implorarlo che fosse
il mio. Non lo era. Come vorrei spiegare a tutte le mamme... ma le mamme, lo
so, non hanno bisogno di altre spiegazioni. Alzi gli occhi al cielo e
vorresti solo morire, perché tutto il resto non importa, perché non c'è
niente che può consolarti, perché la morte è nulla per una madre quando ha
suo figlio che grida tra le braccia. Ho chiesto a Dio di mandare un'altra
bomba a uccidermi, sentivo di non farcela. Invece stavo già correndo,
cercando aiuto, tra le bombe e le fiamme e altre mamme con fagottini
sanguinanti tra le braccia. Il mio bimbo vivrà senza le gambe, urla tutto il
giorno, si lamenta tutta notte. Ho affidato la mia lettera a un'amica che è
corsa via per salvare i suoi, io da qui non posso scappare, il mio bambino è
steso in un letto. Aspettiamo la fine, le bombe continuano a cadere e io
spesso chiedo ad una di colpirci per non vedere il resto, per non dover dire
a lui che gli ho dato una vita senza futuro, per non dovergli dire che lo
aspetta solo il dolore.

Spero che ci colpisca e ci porti via insieme, in un posto nel quale io possa
proteggerlo, solo questo sarebbe il mio Paradiso. Ho affidato così la
lettera a un'amica che è scappata in Europa. E' per gli italiani, popolo che
ho amato e nel quale credo ancora. Non credo che nessuna delle belle persone
che ho incontrato lì da voi avrebbe voluto pagare con le sue tasse la bomba
che ha tolto le gambe e la speranza a mio figlio. Eppure quella bomba
l'avete pagata voi, tutti voi, togliendo i soldi alle pensioni dei vostri
vecchi o i soldi per i vostri malati e dandoli invece per colpire i nostri
bimbi. Se favorire involontariamente chi uccide innocenti è terrorismo
allora gli italiani sono terroristi? Non lo sono, come non lo sono io. Siamo
le vittime di questa guerra. Non cestinate la mia preghiera, voglio
immaginare che esiste una speranza, che chi non ha soldi o interessi possa
dire non uccideteci più. Non cestinate la mia speranza. Penso che magari se
ci stringiamo tutti potrebbe non succedere più e altri bimbi come il mio
correranno ancora, con le loro gambe, davanti ai loro genitori orgogliosi.
Vi prego mandate a tutti questa mia. Spedite a tutti la mia storia, che
almeno a qualcun altro possa servire, ho in mente questa lettera mentre sto
vicino a mio figlio aspettando.

Quando cadrà Kandahar pensate anche a noi.

Anna