[Pace] Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dà voce a una nuova narrazione della guerra



Cambia la narrazione della guerra in Ucraina


Ce lo dice il Washington Post e ne abbiamo già riferito qui.


La battaglia per influenzare la percezione della guerra in un'analisi del Washington Post
https://www.peacelink.it/mediawatch/a/49661.html


I fatti ci impongono una maggiore aderenza alle evidenze militari dopo settimane di voli pindarici nell'immaginazione di una improbabile vittoria di Zelensky a cavallo dei Leopard tedeschi. Le ipotesi più ottimistiche per le truppe ucraine si sono rivelate poco fondate, ad essere educati. Ma hanno fatto molta scena.

La tigre di carta. Oggi occorre ritornare ai fatti, alla realtà. E a una migliore comprensione delle difficoltà che l'Ucraina e la comunità internazionale devono affrontare di fronte a una Russia che era stata definita con troppa facilità come una "tigre di carta". L’espressione “tigre di carta” è stata usata per la prima volta nel 1946 da Mao Tse Tung, capo dell’Esercito di Liberazione Popolare cinese e futuro presidente della Cina. Egli rilasciò la seguente dichiarazione alla giornalista americana Anna Louise Strong: “Tutti i reazionari sono tigri di carta. Apparentemente sono terribili, ma in realtà non sono poi tanto potenti”. Durante gli anni del maoismo questa espressione metaforica, usata per definire un avversario solo apparentemente minaccioso, diventerà uno slogan ricorrente.

La narrazione ideologica della guerra. Da qualche mese era ritornata in voga questa voglia - tutta ideologica - di smontare il prestigio militare dell'avversario fino a disconoscere i dati di realtà, come spesso accade nella produzione ideologica di tipo propagandistico. Si era detto persino che la Russia aveva dato fondo alle sue riserve di armi. Ma la "tigre di carta" si è svegliata e adesso tira fuori i denti affilati e insanguinati. 

Gli attacchi record della Russia. Leggiamo su SkyTG24: "Nell'ultimo giorno le forze ucraine hanno registrato 774 attacchi russi sulla linea del fronte Kupiansk-Lyman nelle oblast di Kharkiv e Luhansk. Lo ha riferito il portavoce dell'Eastern Force Grouping Illia Yevlash, aggiungendo che il numero dei raid è "una cifra record" e che le forze russe "hanno utilizzato tutto ciò che avevano a disposizione" per attaccare le posizioni ucraine". 

Un cambio di narrazione. Che fare dunque se la tigre di carta torna a fare paura? Si cambia la narrazione. “L'Ue ha reagito con fedeltà e compattezza ai suoi valori. Accanto - e al di là - della doverosa solidarietà all'Ucraina, sostenendola scongiuriamo il pericolo di un conflitto dai confini imprevedibili. Se l'Ucraina cadesse assisteremmo, a una deriva di aggressioni ad altri Paesi ai confini con la Russia e questo condurrebbe a un conflitto generale e devastante”, ha detto il presidente della Repubblica Mattarella. Eccoci al cambio di narrazione: una settimana fa l'Ucraina era a un passo dalla vittoria, ora si scopre che è grave difficoltà. E ci dobbiamo preoccupare per la "deriva di aggressioni" che la Russia potrebbe mettere in atto ai danni dell'Europa una volta sconfitta l'Ucraina.

Il timore della sconfitta. Visto che la "tigre di carta" torna a fare paura, ecco che occorre una nuova narrazione, a cui Mattarella ha fornito la propria voce. Una narrazione non più basata sulla certezza zelenskiana della vittoria contro la "tigre di carta" ma viceversa basata sul timore dell'orso russo affamato di nuove prede. E' la narrazione della sconfitta alle porte, di una Russia che potrebbe essere incoraggiata a proseguire e a minacciare l'intera Europa. Dalla tigre di carta da accartocciare e buttare nel cestino all'animale possente, vorace e insaziabile. La tigre di carta era un invito a mettere da parte la paura. La nuova narrazione rimette in campo la paura.

Un ritorno alla realtà effettuale. Ancora una volta il compito di noi pacifisti è quello di dover riportare le questioni dal piano della narrazione ideologica a quello della realtà effettuale. 

Gli sconfinamenti della guerra. Negli ultimi mesi di guerra abbiamo assistito a cose stranissime. Sono state fatte cose assurde che entravano in conflitto con la retorica difensiva della guerra ed è stato immaginato il tracollo del regime con qualche punzecchiata. La "guerra di difesa" di Kiev si stava trasformando nella "guerra d'attacco" per la Crimea, con incursioni sul territorio russo, sperando che la Russia si sfasciasse e Putin venisse inghiottito in un buco nero. E tutto questo è avvenuto senza che nessuno nella Nato fiatasse. Tutti a guardare con un certo compiacimento a questi sconfinamenti della guerra. Era uno scenario dannunziano (si pensi alla Beffa di Buccari del 1918), era una fiera di idee destinate alle agenzie stampa, un catalogo pieno di colpi di scena per tirare su il morale dell'Occidente e impressionare una anche certa sinistra credulona e beota.

Il fallimento della narrazione Nato. Questo cambio della guerra è stato non solo un azzardo ma anche un fallimento. Al tempo stesso in controluce ha fatto vedere a tratti anche le vere intenzioni dell'invio di armi sempre più potenti e dal taglio spiccatamente offensivo. Altro che difesa dei bambini di Kiev: si mandavano alla morte i loro genitori. Infatti è diventato chiaro che la Nato chiedeva sacrifici umani sempre più cospicui per nutrire questo circo mediatico che richiedeva non delle comparse ma dei soldati in carne e ossa. 

Il compito dei pacifisti. Noi pacifisti oggi abbiamo il compito di smascherare tutto ciò. Con vigore. Con disprezzo per il cinismo della Nato. Al tempo stesso dobbiamo svolgere un ruolo di moderazione e di ragione, influenzando il "sentiment" dell'opinione pubblica sulla guerra. Analisi sofisticate sui social network registrano un "sentiment" poco spendibile per una guerra a oltranza. Anzi. Dalla retorica di guerra si deve passare ad una politica di pace. Troppo sangue è stato versato in attesa di una vittoriosa avanzata che non c'è stata e che è servita solo a posticipare il momento della trattativa diplomatica per il cessate il fuoco. 

I nostri interlocutori.  Il nostro ruolo è di supporto a quel Sud globale che può svolgere una funzione di mediazione diplomatica per la pace. Il nostro ruolo è di supportare l'evidenza dei dati di realtà e di dare voce alla ragione. 

La RAI con l'elmetto. Le campagne di manipolazione delle opinioni pubbliche, pagate anche con il canone pubblico, hanno costruito una visione propagandistica che oggi mostra tutti i propri limiti. La propaganda di guerra è in grave difficoltà, ce lo dice anche il Washington Post. Abbiamo avuto ragione, abbiamo visto giusto. E' arrivato il nostro turno.

Alessandro Marescotti