[Pace] MIR: "Non vogliono la guerra ma la fanno"
- Subject: [Pace] MIR: "Non vogliono la guerra ma la fanno"
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.org>
- Date: Sun, 3 Apr 2022 09:50:31 +0200
Date: Sab 2 Apr 2022, 11:01
Subject: Comunicato del Presidente del MIR: Non vogliono la guerra ma la fanno
Non vogliono la guerra ma la fanno.
Nulla è più come prima, ma la politica continua come prima.
Tutti condannano la guerra come il peggiore crimine dell’umanità, ma poi si continua a giustificare le guerre e a prepararne altre. E’ una delle grandi contraddizioni umane. Morti, feriti, anche tra i bambini, distruzioni, profughi e miseria, non bastano ancora per convincere che non nulla di peggio della guerra. Nulla di peggio della guerra, significa che non si deve mai giustificare e portare avanti.
Tra i paesi in guerra succede (si fa per dire), come tra i bambini, che per possedere un giocattolo si picchiano, si fanno male e alla fine si ritrovano col giocattolo rotto e con la rabbia dentro, e si accusano a vicenda “E’ stato prima lui!”. Le parti in conflitto dovrebbero fermarsi prima di distruggere anche quello che vorrebbero; dovrebbero cercare un accordo senza peggiorare sempre più la situazione, attraverso il dialogo negoziale, con la mediazione di istituti internazionali e di altri stati vicini alle due parti, che aiutino a guardare avanti, a vedere le conseguenze delle decisioni del momento.
Ma quando, come nel caso del conflitto russo-ucraino, uno dei due è il prepotente che aggredisce, cosa dovrebbe fare l’aggredito e cosa dovrebbero fare gli amici dell’aggredito? L’ideale sarebbe che ci fosse qualcuno esterno che si interpone e fa da arbitro; ma l’arbitro internazionale, l’ONU, purtroppo non funziona. Gli amici dell’aggredito potrebbero in teoria intervenire al fianco dell’amico, ma non devono rischiare che il prepotente distrugga il giocattolo col quale anche loro vorrebbero giocare o addirittura la casa in cui giocano. Dovrebbero allora intervenire per convincere i due a sospendere lo scontro o almeno per trattenere l’amico dal proseguire uno scontro fatale per tutti. Nel Vangelo di Luca 14, 31-32 Gesù diede questo saggio consiglio: “quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace”. Poi Gesù ha dato consigli ancor più impegnativi per vivere in pace, consigli di amore e nonviolenza che, se fossero stati applicati dai cristiani nei secoli, non ci sarebbero né guerre né eserciti, almeno dei cristiani e tra cristiani. Ora invece molti cristiani trovano assurdi gli appelli al disarmo ripetuti da Papa Francesco, il quale non fa che attualizzare coerentemente gli insegnamenti di Gesù.
E’ evidente che né la Russia né l’Ucraina, che professano in gran parte la fede cristiana, non danno credito ai consigli evangelici di amore anche verso i nemici e all’esempio di Gesù, che chiese ai suoi discepoli di rimettere la spada nel fodero e di non battersi contro i soldati aggressori.
Così continua questa guerra, come le altre guerre, folle, criminale, assurda e terribile. La gente, che poi ne paga le conseguenze, è in maggioranza contro il cinico realismo dei potenti che condannano la guerra ma l’accettano e la continuano, cioè accettano e continuano il male peggiore. Alla fine essi disquisiranno su chi ha vinto e chi ha perso, faranno i loro calcoli, ma alla fine sarà la guerra a vincere. Si sposterà forse qualche linea di confine, ma la vita della gente sarà dura come prima, peggio di prima. Sarà ancora una volta un’inutile strage, per ottenere quello che si potrebbe avere senza fare vittime e distruzioni.
Come? Arrendendosi all’aggressore? Certo che no. Ma, pur comprendendo le giuste ragioni di sovranità e autodeterminazione dell’Ucraina, ritengo sconveniente combattere militarmente contro il prepotente nemico russo che bombarda l’Ucraina. Oggi mezza Ucraina è distrutta. E allora chiedo: non sarebbe stato meglio (e ancora oggi sarebbe meglio) concedere qualcosa dell’integrità territoriale, rinunciare all’ingresso nella Nato, accettare di essere uno stato neutrale, magari smilitarizzato? Col tempo il popolo ucraino , che sta dimostrando di essere determinato, unito e capace di soffrire, avrebbe la possibilità di far valere i propri diritti e troverebbe sostegno all’esterno, anche da tanti russi contrari al regime di Putin. Cosa sarà invece del futuro, specialmente nel Donbass e in Crimea, con la popolazione ancor più divisa tra russofili e russofobi, dopo quest’altra fase di guerra, peggiore di quella già durata otto anni? Con quale soddisfazione il governo russo o il governo ucraino potranno dire di avere vinto a Mariupol piuttosto che a Kharkiv o in qualsiasi altra città che finirà rasa al suolo con la loro guerra?
Preferisco l’utopia nonviolenta al realismo fatalista di chi opta per la soluzione armata, sostenuta dalle armi inviate dagli Stati occidentali.
Noi pacifisti nonviolenti, ignorati e giudicati con sufficienza anche da tanta parte dei media, non siamo passivi e non siamo equidistanti tra aggrediti e aggressori, ma non ci limitiamo a ripetere luoghi comuni: sosteniamo per esempio i nonviolenti russi e ucraini, che si oppongono con coraggio al pensiero dominante nei loro paesi e non chiedono sostegni militari per le loro patrie. Il movimento pacifista ucraino, per bocca del suo portavoce Yurii Sheliazhenko, docente alla KROK University a Kiev, ha scritto: « Per risolvere l’attuale conflitto militare a due binari, Ovest vs Est e Russia vs Ucraina, nonché per fermare qualsiasi guerra ed evitare guerre in futuro, dovremmo usare tecniche di politica nonviolenta, sviluppare una cultura di pace e educare alla pace le prossime generazioni. Dovremmo smettere di sparare e iniziare a parlare […]Sarebbe meglio resistere ai comportamenti sbagliati senza violenza e aiutare le persone fuorviate e militanti a comprendere i benefici della nonviolenza organizzata.»
In verità il metodo nonviolento non è conosciuto, studiato e sviluppato, mentre quello violento militarista è di istintiva immediatezza ed ha alle spalle strutture collaudate e foraggiate con i soldi dei contribuenti. Così la pratica della nonviolenza, lasciata al volontariato, non riesce ad avere la forza necessaria per vincere. Sarebbe necessario che fosse più strutturata ed organizzata, ed è per questo che i movimenti nonviolenti in Italia da un decennio chiedono che venga strutturato un Dipartimento nazionale per la difesa civile non armata. Constatiamo con Papa Francesco che “L’umanità, che si vanta di andare avanti nella scienza, nel pensiero, in tante cose belle, va indietro nel tessere la pace. È campione nel fare la guerra. E questo ci fa vergognare tutti”.
Eppure mentre le guerre dimostrano la loro bestialità e incapacità a risolvere i problemi, si continua a prepararle. Si è detto che con la pandemia tutto era cambiato, che occorre unirsi nella lotta ai virus; si è detto che la vita sul nostro pianeta è minacciata, che la natura non sopporta altra crescita di CO2, che occorre cambiare sistema di vita, che occorre evitare sprechi e consumi inquinanti; allora da più parti sono venuti appelli alla solidarietà, alla fratellanza universale, all’ecologia, alla riduzione dei consumi delle energie fossili, alla riduzione delle spese militari (lo hanno scritto scienziati, religiosi, premi Nobel), poi è bastata l’insensata criminale operazione militare ordinata da Putin per ribaltare tutto. Il complesso militare industriale sembra non aspettasse altro. E i politici hanno deciso di continuare come prima, peggio di prima, aumentando le spese militari. Con amarezza lo ha constatato il Papa Francesco una settimana fa: “si continua a governare il mondo come uno “scacchiere”, dove i potenti studiano le mosse per estendere il predominio a danno degli altri […]. Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono impegnati a spendere il due per cento del Pil nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta succedendo adesso. La pazzia! La vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato – non facendo vedere i denti, come adesso – , un modo diverso di impostare le relazioni internazionali. […] È la scuola di Gandhi, che ha guidato un popolo alla libertà sulla via della nonviolenza”.
Penso che la maggioranza degli italiani siano d’accordo con lui, infatti secondo i sondaggi il 54% è contrario all’aumento delle spese militari. Ma forse questo ai politici nostrani non importa. Come può venire qualcosa di buono dall’aumento delle spese militari? E’ dal 2015 che aumentano progressivamente in tutti i Paesi. Con quale beneficio? Che necessità c’è che la Nato accresca il potenziale bellico, quando già spende 1.103 miliardi di dollari, pari al 56% dell’intera spesa militare mondiale (secondo il prestigioso istituto di studi SIPRI di Stoccolma)? Nello stesso anno 2020 la spesa militare della Cina è stata di 245 mld $ e della Russia 67 mld $ (quella dell’Ucraina è arrivata a 6 miliardi dopo averla triplicata in 10 anni). Cosa farà allora la Russia? La decisione di elevare le spese militari dei paesi Nato, istigherà la Russia, la Cina e tutti gli altri a fare altrettanto, in una escalation continua e sempre più minacciosa. Le spese militari crescono perché aumentano le minacce di guerra oppure le minacce di guerra aumentano perché ci sono sempre più armi? Qual è la causa e quale l’effetto? Occorre rompere questo circolo mortale. E lo si può fare a vari livelli: mentre le armi c’è chi le ordina, chi le usa, chi le produce, chi le commercia, chi le trasporta, c’è anche chi dice no! C’è chi in Parlamento non vota per aumentarle, chi obietta al servizio militare per non usarle, chi si rifiuta di produrle e si impegna per la riconversione dell’industria bellica, chi come i portuali di Genova, si rifiuta di caricare e scaricare navi che trasportano armi. Noi stiamo con costoro e con i pacifisti che in Russia e in Ucraina non si rendono corresponsabili della guerra, manifestano il loro dissenso ai governi, obiettano e non si arruolano, non odiano i nemici e sono i più predisposti a riconciliarsi e a costruire davvero la pace.
Perché la pace si fa senza armi, con la nonviolenza attiva.
Ivrea, 1 aprile 2022
Pierangelo Monti
Presidente MIR
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