Dalla Repubblica arriva l’allarme: 50 fruttivendoli egiziani minacciano l’Italia!
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- Date: Mon, 28 Jan 2013 18:17:49 +0100 (CET)
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Dalla Repubblica arriva l’allarme: 50 fruttivendoli egiziani minacciano l’Italia!
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Il 25/01/2013 sul quotidiano La Repubblica appariva, a firma di Vladimiro Polchi, un articolo dal titolo preoccupante: “IL BELPAESE DEI FRATELLI MUSULMANI – Offensiva dell’Islam radicale: soldi alle moschee e alle imprese per raccogliere consensi.” Articolo di cui si può leggere qui una versione online dal titolo ancora inquietante: “Italia i padroni dell’Islam- Fede & finanza: i Fratelli musulmani crescono tra moschee e aziende”. ( 1 )
Io che ho lasciato l’Algeria in piena guerra degli anni 90′, quando orde di barbuti armati percorrevano il paese in lungo e largo lasciando dietro di loro una scia di sangue e lacrime, leggendo queste cose comincio subito a preoccuparmi.
Ma cosa sarà mai successo? Si sarà imbattuto il Polchi in un posto di blocco dei Gruppi Islamici Armati in pieno centro di Roma? – mi chiedo mentre mi preparo a leggere l’articolo. Invece scopro che ha incontrato due tre fruttivendoli. Proprio così: due o tre fruttivendoli. È l’aumento “vertiginoso” dei fruttivendoli egiziani il campanello d’allarme.
In realtà il pezzo di Polchi parte da più lontano. I fruttivendoli sarebbero secondo lui la parte visibile di un Iceberg. E a dirla tutta qualche motivo reale di preoccupazione c’è.
Una preoccupazione che riguarda però in primo piano la stessa comunità egiziana e per esteso tutti noi, immigrati originari dai paesi musulmani. Le vittorie di movimenti legati storicamente alla fratellanza in 3 tra i maggiori paesi di provenienza degli immigrati in Italia (Tunisia, Egitto, Marocco) ha portato, soprattutto tra egiziani e tunisini un fenomeno di riavvicinamento della gente verso queste correnti.
E’ un dato vero. Concreto. Dato che si è misurato soprattutto tramite il numero altissimo di consensi a favore del presidente Morsi e della sua nuova costituzione, tra gli Egiziani in Italia, e a favore del partito Al-Nahda, tra i tunisini. Fenomeno che si può notare semplicemente parlando con i ragazzi provenienti da quei paesi.
I primi molto praticanti e conservatori da anni (il fenomeno è vecchio in Egitto) con una grande maggioranza di donne velate, oggi coronano quel loro conservatorismo già presente con nome, Presidente Morsi, e cognome, Fratellanza Musulmana.
Per la comunità tunisina il cambiamento è più radicale. Prima era bassissimo il numero di praticanti e di donne velate. Oggi questi fenomeni sono aumentati visibilmente. In aumento anche l’adesione al movimento Al-Nahda, di cui ancora qualche mese fa non osavano nemmeno pronunciare il nome.
Fenomeni anche molto umani. Fatti di illusioni, di fascino del (finto)nuovo, di messianismo e anche di tanto opportunismo. Un po’ come l’Italia che un giorno sventolava il tricolore cantando viva il Duce e il giorno dopo usava le stesse bandiere per salutare i carri armati anglo-americani.
Fenomeno che non si verifica ad esempio tra i marocchini. Nella città di Torino dove abito, si può notare ad occhio nudo il calo del numero di donne marocchine con il velo. Non so se è un dato nazionale. Ogni realtà locale ha le sue regole e le sue dinamiche. Ma è indicativo di una tendenza generale dei cittadini marocchini che non è alla chiusura, almeno nei luoghi come la città di Torino, che non esprimono chiusura e e rigetto netto nei confronti degli immigrati.
Se in parte il fenomeno annunciato esiste, quali problemi pone quindi l’articolo del quotidiano di Eugenio Scalfari?
I problemi sono molti ma si possono riassumere in un tono allarmistico (sia nei titoli che nel corpo del testo) sia per il modo, per lo meno “fantasioso”, di saltare da esposti poco chiari e poco documentati a conclusioni estreme, facendo spesso di tutta l’erba un fascio.
Ma cominciamo dalle conclusioni. Cosa si può affermare leggendo il pezzo. .In realtà il contenuto è tutto rinchiuse nell’occhiello: I fondamentalisti, usciti vincitori dalle primavere arabe, puntano a conquistare i quasi due milioni di islamici d’Italia.
Intanto si parte dagli egiziani (a dir il vero da un campione ristrettissimo di egiziani come lo vedremo) per poi mettere tutti i musulmani in Italia nello stesso contenitore.
Poi cosa vuol dire “I fondamentalisti, usciti vincitori dalle primavere arabe”?
E’ vero che tra Il PJD (Partito per la Giustizia e lo Sviluppo-Marocco), Al-Nahda (Tunisia) e la Fratellanza Musulmana egiziana esiste una filiazione storica e ideologica. Ma di là ad affermare che siano oggi un tutt’uno, come lascia pensare il pezzo, ce ne vuole. E questo l’approfondimento storico e politico che accompagna il pezzo, tutto centrato sull’Egitto, non lo dimostra e non lo sottintende nemmeno ( 2 ).
In realtà ogni movimento ha le sue caratteristiche dovute al contesto nazionale in cui si è sviluppato, alle strategie sviluppate per sfuggire alla repressione più o meno forte alla quale sono stati tutti sottomessi, alla base sociale di cui si compone e alla personalità dei suoi leader.
Il Pjd non è il Nahda tunisino. E tutti e due, anche se si riferiscono storicamente ai Fratelli Musulmani e rimangono legami forti tra loro, non sono né affiliati, né controllati, né confederati (per ora) con questa formazione che rimane profondamente egiziana.
Oltre le conclusioni approssimative, l’altra debolezza del pezzo sono i fatti usati per arrivare a tali conclusioni.
“In Italia quest’anno sono attive oltre 30mila imprese che commerciano in frutta e verdura. Il loro numero è in calo rispetto al 2011. A tenere sono solo i titolari stranieri, impermeabili alla crisi, con un boom degli egiziani che nell’ultimo anno hanno aumentato di ben il 20% i loro negozi: record di presenze a Milano e Roma (qui i fruttivendoli provenienti dal Cairo sono ben 233).”
I titolari stranieri impermeabili alla crisi? Il boom dei fruttivendoli egiziani? Ma di che cosa stiamo parlando esattamente?
Le cifre citate in una tabella a parte ce lo spiegano meglio. 351 fruttivendoli egiziani in Italia di cui 233 a Roma. Da dove si tira la conclusione dell’aumento vertiginoso di cui si parla? Dal fatto che queste imprese nel 2011 erano di sole 294. Quindi: 351 meno 294 uguale…. 57!
57 fruttivendoli in più in un anno in tutta Italia? Ma è una vera marea allora. Bisogna mobilitare l’esercito e subito! Queste sì che sono cifre da capogiro che possono giustificare la “preoccupazione” dei vari servizi di Intelligence attraverso il mondo libero.
Ma… Qualcuno gliel’ha spiegato al signor Polchi (massimo esperto della Repubblica sul tema immigrazione) che se le imprese immigrate non chiudono non è perché sono “impermeabili” alla crisi. Ma perché per l’immigrato in Italia, grazie ad una legge quadro pensata dall’area politica di riferimento del suo giornale, avere una attività, qualsiasi, anche poco redditizia, è una questione vitale. Altrimenti si perde il permesso di soggiorno. Anche dopo 20 anni di duro lavoro e di sacrifici.
In questa ricerca accurata, c’è una comparazione della crescita dei negozi egiziani con la crescita delle partite IVA tra altri immigrati anche non egiziani e non musulmani? Ci sono dati incrociati con altri settori d’attività? Ad esempio, nel settore edile, altro tradizionale settore di predilezione degli immigrati egiziani insieme ai ristoranti-pizzerie. Che io sappia, è un settore colpito in pieno dalla crisi, con perdite di posti di lavoro che superano i 50% in molte città. Forse capire che buona parte dei 57 nuovi fruttivendoli erano ex operai o piccoli imprenditori edili convertiti alla patata e alla clementina potrebbe aiutare i reparti “preoccupati” del Sismi e della Digos a dormire meglio la notte. No?
Niente di tutto ciò è stato fatto! La narrazione si accontenta di saltare da chiacchiere con vari “esponenti” dell’Islam italiano più o meno radicale (e più o meno credibili) a conclusioni di geostrategia globale: sono tra di noi! Sono ovunque! Chi sa che piani avranno?
Poi si parla di soldi, un mucchio di soldi, che girerebbero tra gli egiziani. Vogliamo una prova? Arriva l’esperta alla riscossa. La signora Suad Sbai (parlamentare del Pdl, no del Fli,… anzi del Pdl) arriva con i suoi soliti dati inconfutabili:
“si riferisce alla vicenda di un carpentiere proveniente dal Cairo (ma del quale non è provato il legame con la Fratellanza), al quale i finanzieri di Milano-Malpensa l’11 dicembre scorso hanno sequestrato parte dei 110mila euro in contati contenuti dentro un borsone e non dichiarati alla frontiera.”
Chiaro, no? Non si sa esattamente, ma intanto è sicuro!
Io suggerirei alla finanza di chiedere i servizi della parlamentare-vegente italo-marocchina per una consulenza permanente atta a capire l’origine dei soldi contanti regolarmente sequestrati lungo il confine con la svizzera.
Poi di barche di soldi che girano tra gli egiziani non ne vedo traccia nella realtà quotidiana. La settimana scorsa parlavo con un giovane attivista egiziano dell’associazione milanese Todo-Cambia. Mi raccontava preoccupato l’adesione (più affettiva che effettiva) di molti “ragazzi” al fenomeno Morsi-Fratellanza. Ma mi diceva, ancora più preoccupato, che c’è una disoccupazione e una povertà crescente spaventosa tra questi stessi ragazzi.
Ma non si può accusare l’articolo del Vladimiro di scarse prove. Anzi va avanti e ne cita una dopo l’altra.
“Il segreto del loro successo è raccontato da Mohamed, che ha due negozi nella capitale: “Facciamo rete e quando andiamo ai mercati generali, compriamo grandi quantità di merce per rifornire fino cinque negozi, più qualche ristorante e albergo del centro, così abbattiamo i costi”.”
Quella dell’acquisto in gruppo è una pratica usata da vari mercanti calabresi, siciliani e … marocchini di Porta Palazzo. A me hanno spiegato che è l’unico modo di sopravvivere di fronte alla prepotenza dei supermercati. Ma se la Repubblica mi paga (Bene!) posso scrivere un articolo in cui dimostrerò che queste sono chiare infiltrazioni Ndranghetiste, mafiose e della “Hascisc connection” nel capoluogo piemontese. Senza parlare del cinese sotto casa mia che è aperto non solo di domenica ma 24/24. Chi sa cosa combinano anche quelli lì?
Bisogna veramente andarlo a cercare lontano il fatto che Morsi che ha tanto da fare per imporsi in Egitto abbia già cominciato a conquistare il mondo. Anche se non è detto che non lo voglia fare un giorno, come ogni politico del resto. Ma il pezzo qui descritto non dimostra un bel niente. diffonde solo sospetti. Che non aiutano in niente il clima di guerra tra i poveri che già comincia ad invadere l’Italia… E Roma prima di tutto.
Rimane però un fondo di verità in quello che è stato detto. É vero che ambienti islamisti (di varie tendenze, origini e obbedienze) fanno girare soldi nell’immigrazione. Lo fanno anche gli induisti, le chiese ortodosse e le chiese evangeliche americane. Ma la particolarità di quelli che girano nel modno musulmano è che vanno a sostegno delle reti più radicali, più estremiste. Ma chi fa girare questi soldi?
I primi finanziatori dell’Islam politico, però, non sono i Fratelli Musulmani egiziani ma le cancellerie dei paesi del Golfo. Finanziano, da sempre, il radicalismo musulmano, nel mondo Islamico e fuori.
Ma i grandi giornalisti di investigazione della stampa occidentale non raccontano quasi mai questo fatto che esiste ormai da anni, anzi da decenni. È forse per non dover spiegare al pubblico perché i finanziatori del fenomeno dell’Islam radicale, dichiarato ormai nemico pubblico numero uno, sono nello stesso tempo i migliori alleati dell’occidente. O per non raccontare anche che agiscono con l’approvazione e qualche volta persino l’appoggio di quei vari servizi di Intelligence occidentali che sarebbero così preoccupati dell’aumento dei fruttivendoli romani dall’accento cairota.
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