Siria:consulto Israele-Usa-Russia








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Siria:consulto Israele-Usa-Russia
Timore arsenali chimici Damasco in mano ribelli o Hezbollah

(ANSA) - TEL AVIV, 28 GEN - Israele e' impegnato in consultazioni serrate con gli Stati Uniti e con la Russia per valutare la situazione in Siria e un particolare il pericolo che i suoi arsenali di armi chimiche possano cadere nelle mani di forze ribelli o degli Hezbollah libanesi. Secondo la stampa locale, ieri il premier Benyamin Netanyahu ha ricevuto l'ambasciatore degli Stati Uniti in Israele Dan Shapiro e ha inviato in Russia il proprio consigliere per la sicurezza nazionale Yaakov Amidror.








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"All’inizio Hezbollah come tutti noi aveva sostenuto le riforme sacrosante nel paese fratello. Sia l’Iran che Hezbollah hanno mediato tra l’opposizione democratica e il regime aprendo tutti i canali a disposizione. Con il passar del tempo la battaglia per le riforme è stata rapita, sostituita da un piano diabolico che come obbiettivo aveva il rompere l’asse della Resistenza, stravolgere tutti gli equilibri in Medio Oriente, recuperare gli spazi perduti in Iraq e in Afghanistan, impedire il ritorno delle repubbliche ex sovietiche alla Russia, loro naturale alleato. Hezbollah e i suoi alleati non aspetteranno la distruzione della Siria per farsi uccidere. Oggi esiste un’alleanza, anche se poco visibile, tra Russia, Cina, Iran, Hezbollah, Resistenza Palestinese e Siria."




Talal Khrais, esperto di scenari geopolitici, corrispondente di al Manar a Roma nonché responsabile delle relazioni internazionali nel centro italo arabo – Assadakah.

27 gennaio 2013

1. Lei ha avuto modo di soggiornare in Siria. Qual è a suo giudizio la situazione attuale nel paese e come pensa che si concluderà?
R. la Siria è il riflesso di Dio, dove da quando sono nati l’Islam e cristianesimo convivono in pace. La Siria è il vero ponte di dialogo tra Islam e cristianesimo, tra l’Occidente e l’Oriente, è l’incrociato delle varie civiltà umane. Mai in Siria sono stati toccati i valori religiosi. Oggi in Siria esiste una guerra mondiale voluta dalle monarchie del petrolio sostenute dall’Occidente che sta contribuendo direttamente alla nascita di un terribile salafismo religioso che non riconosce alcun valore che il suo: chiese distrutte, minoranze uccise a sangue freddo. Non riesco a capire questo vergognoso atteggiamento occidentale. Mandano i giovani militari a combattere in Afghanistan contro Al Qaeda e finanziano il terrorismo della stessa organizzazione in Siria. Che colpa ha questo Paese? Solo perché ha detto no al “Caos creativo” voluto dagli Stati Uniti e perché ha sostenuto la resistenza palestinese e libanese? In Siria non si tratta di riforme ma di una vera e propria guerra fredda, una guerra voluta dagli Stati Uniti, Israele e Francia usando quel Paese folle che è il Qatar e le mafie turche che procurano i jihadisti per far crollare lo Stato più secolare nel Medio Oriente.

2. Guardando ai paesi limitrofi, come descriverebbe ai nostri lettori l’attuale quadro libanese? E come giudicherebbe il ruolo di Hezbollah?
R. All’inizio Hezbollah come tutti noi aveva sostenuto le riforme sacrosante nel paese fratello. Sia l’Iran che Hezbollah hanno mediato tra l’opposizione democratica e il regime aprendo tutti i canali a disposizione. Con il passar del tempo la battaglia per le riforme è stata rapita, sostituita da un piano diabolico che come obbiettivo aveva il rompere l’asse della Resistenza, stravolgere tutti gli equilibri in Medio Oriente, recuperare gli spazi perduti in Iraq e in Afghanistan, impedire il ritorno delle repubbliche ex sovietiche alla Russia, loro naturale alleato. Hezbollah e i suoi alleati non aspetteranno la distruzione della Siria per farsi uccidere. Oggi esiste un’alleanza, anche se poco visibile, tra Russia, Cina, Iran, Hezbollah, Resistenza Palestinese e Siria.
Come sembra, la Russia e la Cina non permetteranno più all’Occidente e agli Stati Uniti di giocare soli nel Mediterraneo e nel Mondo. Basta ricordare che la Russia ha destinato 80 miliardi di dollari per modernizzare il suo arsenale bellico, in particolare la sua flotta navale che oltretutto d’ora in avanti non limiterà la sua presenza al Mediterraneo, ma al continente intero. E’ la nuova guerra fredda, combattuta tra una formazione solida, ricca e motivata e chi ha governato il mondo con arroganza ed oggi si trova sull’orlo di una crisi, politica, morale e finanziaria.

3. Ciò che è avvenuto in Medio Oriente negli ultimi due anni c’invita a riflettere con profondità su quelle che vengono chiamate le “Primavere Arabe”. Brevemente, che giudizio ha di questi fenomeni, alla luce di quanto avvenuto in Libia, Egitto e Tunisia? Come finiranno?
R. L’esigenza di cambiamento è fondamentale, solo che questo è avvenuto attraverso interferenze interne sostenendo la Fratellanza Islamica, e non le Forze Progressiste e Laiche. Questo perché la Turchia è riuscita prendere in giro l’Occidente affermando d’essere grado di guidare un panislamismo moderato che potrebbe garantire gli interessi dell’Occidente. Questo non è avvenuto perché ogni Paese ha la sua specificità. Non riuscendo si sono trovati nel Caos totale favorendo il terrorismo e la criminalità, come sta avvenendo in Siria oggi. Quando sono crollati i regimi autoritari ma non erano pronte le alternative politiche.

4. Parliamo di un paese mediorientale che ha vissuto una storia diversa dai precedenti: l’Iraq. Cosa succede nell’Iraq di oggi? Quale sarà il futuro di questo paese?
R. L’Iraq letteralmente è stato saccheggiato ed indebolito dopo che gli americani avevano deciso di sciogliere le Forze Armate e quelle della Sicurezza. L’Iraq ha oggi un governo e un esercito che cercano di salvare il Paese. L’Iraq paga per la sua neutralità nei confronti del Paese fratello, la Siria, e per la sua amicizia sia con l’Iran che con la Russia. Paesi come il Qatar e l’Arabia Saudita finanziano gruppi salafiti che minacciano ogni giorno l’integrità del paese.

5. Si sono da poco concluse le elezioni in Israele. Quali scenari si aprono per la Palestina (Gaza e Cisgiordania), alla luce non solo di questo voto ma anche dei fatti mediorientali degli ultimi due anni?
R. In Israele oggi non ci sono forze politiche disponibili ad una vera pace con i palestinesi. Intendo l’applicazione delle risoluzioni 242 e 338 che chiedono allo Stato Ebraico la liberazione dei territori arabi occupati e il riconoscimento dello Stato Palestinese. Senza questo è difficile avere la pace sia per i palestinesi che per gli israeliani. La domanda che si pone oggi è questa: Israele con la sua arroganza e la sua aggressione ed occupazione ha trovato la sua pace? Oggi il Mondo è cambiato ed è Israele non è più il Paese invincibile di un tempo. Abbiamo visto nel 2006 la guerra con Hezbollah, dove l’esercito israeliano è stato umiliato ed anche a Gaza hanno dovuto trattare con i palestinesi senza precondizioni. Oggi, nel nuovo scenario, la volontà conta più dei razzi.






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Al via la petizione ‘FUORI LA NATO’


“Gli Stati che aderiscono al presente Trattato riaffermano la loro fede negli scopi e nei principi dello Statuto delle Nazioni Unite e il loro desiderio di vivere in pace con tutti i popoli e con tutti i governi. Si dicono determinati a salvaguardare la libertà dei loro popoli, il loro comune retaggio e la loro civiltà, fondati sui principi della democrazia, sulle libertà individuali e sulla preminenza del diritto. Aspirano a promuovere il benessere e la stabilità nella regione dell’Atlantico settentrionale. Sono decisi a unire i loro sforzi in una difesa collettiva e per la salvaguardia della pace e della sicurezza” (Washington DC, 4 aprile 1949).
Così esordisce il testo ufficiale del Trattato Nord-Atlantico nella sua versione originale del 1949. Oggi, a sessantatre anni dalla sua pubblicazione, la funzione politica e militare di questo trattato è da considerarsi esaurita oltre che ancor più contraddittoria che in passato. Creata con lo scopo di costituire un organismo di contenimento, di aggressione e di minaccia nei confronti dell’Unione Sovietica e dei Paesi socialisti dell’Europa centro-orientale, la NATO, per decenni, è stata presentata da gran parte della classe politica del nostro Paese come un semplice “ombrello difensivo” finalizzato a prevenire la fantomatica minaccia di un’invasione sovietica. Sarebbe bastato osservare che il Patto di Varsavia fu creato soltanto nel 1955 e che, ancor più tardi, Mosca riconobbe ufficialmente e definitivamente il governo della Repubblica Democratica Tedesca, per comprendere il ribaltamento propagandistico operato dai governi degli Stati Uniti, del Canada e dell’Europa occidentale, allo scopo di scatenare un’offensiva contro chiunque fosse sospettato di intrattenere rapporti con i Paesi socialisti. Negli anni della Guerra Fredda, la NATO, attraverso la struttura integrata dello SHAPE (Supreme Headquarters Allied Powers Europe), si macchiò di gravissime responsabilità nell’operazione Stay Behind, nota nel nostro Paese con l’etichetta “Gladio”: una rete dedita al terrorismo politico, all’intimidazione e all’eversione.
Tuttavia, la dimostrazione definitiva è giunta nel 1991, cioè quando, con la dissoluzione dell’alleanza militare guidata dal Cremlino, la NATO non soltanto non intraprese mai un percorso di riduzione progressiva del suo peso geostrategico in Europa secondo i binari della “finlandizzazione” del Continente garantita ai leader sovietici, ma addirittura avviò gli iter di integrazione di nuovi Stati membri. Tra il 1999 e il 2009, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Lituania, Lettonia, Estonia, Bulgaria, Romania, Slovacchia, Slovenia, Croazia e Albania hanno fatto il loro ingresso nell’Organizzazione. E la tendenza espansionistica non accenna certo a diminuire. In base a quanto è stato stabilito durante l’ultimo vertice di Chicago del maggio 2012, infatti, le intenzioni espresse dalla delegazione del governo statunitense sono quelle di favorire un maggior coinvolgimento dei partner europei attraverso la decantata strategia della Smart Defense e di concludere altre integrazioni nel prossimo futuro (Georgia e Bosnia-Erzegovina, in particolare).
Sommando le spese militari sostenute dai singoli Stati nell’anno 2011, risulta che i Paesi membri della NATO abbiano raggiunto la cifra di 1.033 miliardi di dollari (sui circa 1.670 miliardi di dollari spesi complessivamente da tutti i Paesi del mondo per la Difesa), sacrificando così gran parte dei fondi destinabili alle politiche sociali e occupazionali sull’altare di un pesante riarmo, ingiustificabile sul piano meramente difensivo. Per di più la NATO, ben lungi dall’essere un organismo effettivamente multilaterale, è evidentemente costituita sulla base di precisi rapporti di forza interni che impongono gli Stati Uniti quale membro leader incontrastato alla guida della Coalizione, schiacciando qualunque eventuale margine di sovranità militare (cioè politica) degli altri alleati, che risulti anche soltanto in parte sgradito a Washington, come ben evidenziato dalla crisi di Sigonella nel 1985.
La creazione, da parte del Pentagono, di un comando integrato a proiezione globale, suddiviso nei sei comandi regionali US Northcom, US Southcom, US Eucom, US Centcom, US Pacom e US Africom, impone da anni, ormai, un quadro di dominazione o di predominio territoriale pressoché totale in tutto il pianeta, nel tentativo di prevenire o contenere l’emersione di qualunque soggetto che possa rappresentare un potenziale competitore per gli Stati Uniti.
Questo scenario è inaccettabile e contraddice palesemente lo stesso dettato della Carta delle Nazioni Unite, nella misura in cui garantisce agli Stati Uniti e alla NATO un potere strategico impressionante, sproporzionato e palesemente aggressivo nei confronti di quei soggetti internazionali che mostrino la volontà di intraprendere una via di sviluppo e di crescita autonoma ed indipendente dalla sfera d’influenza occidentale.
La vecchia crisi balcanica e la recente crisi libica hanno, inoltre, messo in evidenza la sussistente presenza di una “doppia morale” dei Paesi della NATO di fronte ai fenomeni terroristici, nella misura in cui migliaia di guerriglieri e criminali provenienti dai più insidiosi ambienti del radicalismo wahhabita e salafita, sono stati ripetutamente utilizzati dalla NATO nel ruolo di “ascari”, con lo scopo di integrare lungo le direttrici terrestri ciò che l’Alleanza compiva “a distanza”, attraverso le incursioni navali e aeree, mettendo chiaramente in pericolo la sicurezza collettiva lungo tutte le sponde del Mediterraneo.
Oggi i partenariati strategici degli Stati Uniti e della NATO, dopo decenni di accerchiamento contro l’Unione Sovietica e i suoi alleati, indicano chiaramente l’intenzione di intervenire direttamente negli scenari regionali di maggior interesse strategico con nuovi attacchi militari (Libia, Siria, Iran e Corea del Nord), di assegnare ai Paesi dell’Europa meridionale (messi in crisi attraverso la finanza) un più definito e servile ruolo di “portaerei” verso il Nordafrica e il Medio Oriente, e di pressare la Federazione Russa al fine di coinvolgerla in una rinnovata logica di containment e aggressione nei confronti della Repubblica Popolare Cinese, già preannunciata da diversi analisti statunitensi.

La storia della NATO, la sua struttura de facto unilaterale, la presenza delle sue o di altre strutture ad essa legate sul nostro territorio, l’interventismo militare evidenziato negli scenari dei Balcani, del Medio Oriente, dell’Africa e dell’Asia Meridionale, la scarsa trasparenza nei confronti dei fenomeni relativi al terrorismo internazionale, costituiscono fattori che si pongono evidentemente in contrasto con gli articoli 11 e 52 della nostra Costituzione.

Nell’impossibilità legale di richiedere lo strumento referendario per l’autorizzazione alla modifica delle ratifiche dei trattati internazionali, chiediamo, per tanto, al popolo italiano di sottoscrivere la nostra petizione, al solo fine di raccogliere il più ampio consenso possibile su tre punti prioritari:

1) Rinegoziazione di tutti i trattati militari che vincolano l’Italia al comando integrato della NATO.
2) Chiusura definitiva di tutte le basi e tutte le installazioni militari in dotazione all’Esercito degli Stati Uniti e/o al comando integrato della NATO, presenti sul territorio nazionale italiano.
3) Avvio di trattative multilaterali e di mutuo vantaggio con i governi della Federazione Russa, della Repubblica Popolare Cinese e della Repubblica del Kazakistan, per l’ingresso dell’Italia nell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai in qualità di partner per il dialogo, sull’esempio di quanto hanno cominciato a fare altri Paesi europei come la Bielorussia o l’Ungheria.