Orhan Pamuk, premio Nobel 2006 per la letteratura, è uno scrittore spesso lodato dalla sinistra europea. In verità egli è amato più in Occidente, che non in Turchia, suo paese di origine. Nonostante venga spesso dipinto come un intellettuale dalle idee di sinistra, lo scrittore turco è in realtà da sempre aderente al liberalismo. Un liberalismo condito di qualche espressione “radical chick” per farlo apprezzare dai circoli culturali del progressismo piccolo-borghese europeo ed americano, che non a caso lo sponsorizzano. Pamuk, che è pure professore a New York, è invece sempre più al servizio dei poteri forti occidentali.
Lo scorso 27 ottobre 2012 Orhan Pamuk, difensore dell’integrazione europea della Turchia, dell’UE e delle sue istituzioni, sulle pagine del quotidiano italiano “La Repubblica”, scriveva che “storicamente, la Turchia non è mai stata colonizzata da una potenza occidentale, non ha mai subito l’oppressione dell’imperialismo europeo”. Una retorica forte, fintamente connotata a sinistra, ma sostanzialmente falsa. In effetti allo scrittore turco farebbe bene un corso di recupero in storia, come ricordano sdegnati, da Ankara, alcuni nostri contatti: la Turchia ha dato infatti avvio a una guerra partigiana di liberazione nazionale (la cosiddetta rivoluzione kemalista) contro ben sette eserciti colonialisti nei primi anni del XX secolo, culminata poi con la proclamazione della Repubblica nel 1923. Non è un caso che Pamuk se ne scordi: è risaputo infatti che lo scrittore – come l’attuale premier islamista Recep Erdogan – non ammiri il carattere anti-imperialista di quella rivoluzione e sostenga l’idea del governo turco di “neutralizzarla” anche sui nuovi manuali scolastici.
Ancora più di recente Orhan Pamuk è salito agli onori della cronaca. Questa volta grazie al quotidiano francese “Libération”. Il premio Nobel per la letteratura ha indirizzato una lettera nientemeno che al presidente siriano Bashar al-Assad, leader del Partito socialista baathista e a capo di una coalizione di governo di sinistra a cui aderiscono ministri di due partiti comunisti siriani e numerosi sindacalisti. Assad da oltre un anno è sotto costante minaccia di guerra, per la sua politica patriottica che impedisce alle multinazionali occidentali di saccheggiare le risorse del proprio paese, come abbiamo documentato qui: http://www.sinistra.ch/?p=1218. La lettera di Pamuk è firmata assieme ad altre firme rese prestigiose dal mainstream della cultura dominante: l’algerino Boualem Sansal, l’israeliano David Grossman, l’italiano Claudio Magris, ecc. In essa Orhan Pamuk e colleghi pretendono le dimissioni e l’esilio del presidente siriano e lo avvertono che, altrimenti, farà la stessa fine del rivoluzionario libico Muammar Gheddafi, ossia barbaramente trucidato senza nemmeno uno straccio di processo.
Se la lettera di Pamuk è stata appezzata in Europa, essa ha creato forte sdegno in Turchia: gli scrittore e gli artisti del Centro Culturale Nazim Hikmet (link) hanno diramato una dichiarazione in cui si legge come: “la pubblicazione di questa lettera ci pone di fronte al vero problema riguardante la responsabilità che hanno gli intellettuali in questo momento cruciale in cui tutto il Medio Oriente, compresa la Turchia, è sotto la minaccia dell’occupazione imperialista, mentre centinaia di migliaia di persone innocenti sono sotto la minaccia del massacro da parte delle forze imperialiste in Iraq, in Afghanistan, in Palestina e in Siria. Il dovere di un intellettuale è denunciare la politica di occupazione imperialista. Il dovere di un intellettuale è anche quello di non affidarsi alle forze armate di potenze straniere. I firmatari di questa lettera invece non fanno che invitare i centri imperialisti ad occupare la Siria. Gli autori della lettera sono chiaramente diventati pedine della NATO. Noi dichiariamo ai popoli del mondo intero: questa lettera non rappresenta l’umanità. Lo scrittore turco premiato con il Nobel della letteratura non rappresenta gli intellettuali turchi e neppure la coscienza dell’opinione pubblica del nostro paese. (…) Questo scrittore, che ha fatto della sua penna la punta di lancia dell’occupazione di un altro paese, sarà isolato dal popolo e dagli intellettuali turchi”.
Accanto a questa presa di posizione, vi sono stati pure momenti di tensione: come si può vedere nel video che potete vedere clikkando qui. Durante la cerimonia nella quale veniva insignito di un premio il programma televisivo turco intitolato “Il Museo dell’Innocenza” (che prende il nome proprio da un romanzo di Pamuk), lo scrittore viene ufficialmente ringraziato e lodato dall’editore. Dal pubblico si alza però sdegnato Sadik Albayrak, noto critico letterario iscritto al Partito dei Lavoratori di Turchia, uno degli invitati, che scrive su numerose testate e soprattutto sul quotidiano di sinistra “Aydinlik” (link). Albayrak afferma: “Il museo potrebbe essere innocente ma Pamuk non lo è: egli è un guerrafondaio che ha minacciato una persona di morte!”, venendo in seguito aggredito e cacciato dalla sala ligia al potere.
Sulla medesima linea di Sadik Albayrak vi è pure la durissima presa di posizione del segretario del Partito Comunista di Turchia (TKP) Kemal Okuyan, che dopo aver ritenuto che il Nobel è stato assegnato non per motivi di talento letterario ma per necessità politiche, ha definito lo scrittore turco non solo “un vero fascista”, ma ha pure affermato che Pamuk “deve pronuncire paroloni di tanto in tanto, per non deludere coloro che gli hanno regalato il Nobel”. Il Partito dei Lavoratori di Turchia (IP) ha dal canto suo mobilitato i propri intellettuali organici, nomi di peso come il già citato Albayrak, ma anche Hayati Asilyazici, che hanno definito Pamuk una pedina dei reazionari e pubblicamente indicato come un “collaborazionista degli imperialisti”.