Grazie a tutti i poeti che rivendicano le liberazioni dalle colonizzazioni



http://collettivoalma.wordpress.com/2012/12/15/scorci-arabeschi-nel-paesaggio-romano/

Scorci arabeschi nel paesaggio romano

15 dicembre

Rabii El Gamrani

La toponomastica di un paese non consiste solo nel seminare nomi e numeri per facilitare il ritrovamento di un indirizzo o l’errare senza perdersi nel paesaggio urbano o rurale di un determinato luogo.

La toponomastica per uno sguardo attento, diviene strumento di indagine e punto di partenza anche per chiedersi chi sono i personaggi ai quali sono intestate strade, vie e viali.
Girare per Roma è sempre un’ esperienza educativa che offre alla mente, al cuore e all’occhio tante fonti di sbizzarrimento.
Una stratificazione storica ed architettonica incredibilmente ricca e variegata, e non sarà ovviamente un pischello come me ad averlo scoperto, io che di Roma so quanto un tuareg sa dei ghiacciai dell’Antartico!

Ma c’è un luogo a Roma che, forse, conosco molto meglio di tanti romani.
Un piazzale e una scultura!

Entrambi omaggiano la cultura araba, e in particolar modo la poesia araba.
Il viale e la scultura, che si trovano all’ingresso di Villa Borghese, dalla parte del Lago delle Rose, sono intitolati al grande poeta egiziano Ahmed Shawky.

Ma chi è questo poeta che arreda il paesaggio della Città Eterna, assistendo con la sua rinomata austerità ai passi veloci dei romani?!
Ahmed Shawky nacque nel 1868 ad Al Cairo in una famiglia appartenente all’alta borghesia egiziana, il padre del poeta era di origine Circassa e Curda, mentre la madre era di origine greca, ma in quell’Egitto ottocentesco e cosmopolita, tutti erano innanzitutto egiziani, aldilà delle loro origini o fedi.
Il piccolo Shawky crebbe nella corte del Khedive Abbas II, la stessa corte dove muoverà i prima passi come poeta prima di prendere il volo per la Francia, dove studiò giurisprudenza.
Al ritorno in Egitto fu impiegato come traduttore e giurista nella corte, dando sfogo alla sua vena poetica e narrativa. Nel 1914 per via del suo impegno come intellettuale e poeta che rivendicava la liberazione dell’Egitto dalla colonizzazione inglese, venne esiliato in Andalusia dove rimarrà fino al 1920.
Qualche anno dopo il suo ritorno dall’esilio, Chawky fu investito, in una specie di plebiscito fra poeti, con il titolo onorifico di “Principe dei poeti.”
L’apporto del poeta egiziano nel rinnovare la poesia araba calassico/moderna è indubbio, fu d’altronde il primo ad aver introdotto nella cultura araba il teatro poetico con le sue due componenti la Tragedia e la Commedia.
Chawqi scrisse cinque tragedie e due commedie, tutte ispirate al patrimonio storico egizio, preislamico ed arabo/islamico.
Commedie e Tragedie che furono recitate nei più prestigiosi teatri di Al Cairo, di Beyrouth, di Damasco e di tutto il mondo arabo.
Quanto alla poesia, Chawky lasciò una straordinaria raccolta dal titolo “Chawkiyyat”, di cui molti versi sono stati messi in musica dai più grandi maestri di musica classica come Mohamed Abdel Wahab e Riad El Sonbati e cantati dall’immensa Oum Kalthoum.
Per abusare di un paragone, per chi non conosce l’importanza di Chawqi, diciamo che Chawky sta alla poesia araba come Leopardi sta alla poesia italiana.
La scultura del “Principe dei poeti” fu eretta all’inizio degli anni 60, ad opera del grande scultore egiziano Gamal Al Segeini, ed è dunque un triplo omaggio: ad Ahmed Chawky, alla poesia araba e all’arte di Gamal Al Segeini.

Nel suo troneggiare sul paesaggio romano, il “Principe dei poeti” non soffre affatto la solitudine, perché oltre ai tanti altri poeti che gli tengono compagnia in quello spazio che si chiama il Piazzale dei poeti ( George Bayron, Aleksander Puskin, Nikolay Gogol, Victor Hugo…), a due passi si trova l’accademia d’ Egitto a Roma.

E chissà se, prima o poi, il poeta egiziano non diventerà una meta di pellegrinaggio per i tanti arabisti ed arabiste sfornati dalle facoltà romane?!
Capire la letteratura araba passa inevitabilmente dal conoscere i suoi padri fondatori, a maggior ragione quando sono sotto i nostri occhi.
La prossima volta vi racconterò un altro pezzo del paesaggio romano che incorona il genio della poesia persiana!

Intanto godetevi questa poesia del “Principe”:

L’hanno ingannata decantando il suo fascino

Le belle ragazze sono sensibili agli elogi

forse, ha dimenticato il mio nome

da quando sono in tanti ad averle dichiarato l’amore

ora mi rinnega quando mi vede

come se fra noi non ci fosse stato nessun sentimento

ti ricordi: quello sgurado, quel sorriso, quel saluto

quell’appuntamento e quell’incontro,

quando eravamo, e non chiedete come eravamo!

folli e felici

gustando senza fine le delizie della passione

prima di attirarmi verso di lei dicendomi:

“Voi poeti, gente pericolosa

Dovete temere Iddio mentre maneggiate i cuori delle ragazze,

I cuori delle ragazze sono puro amore e vento.