Lettera aperta all'Ordinario militare mons. Vincenzo Pelvi e per conoscenza a Famiglia Cristiana.
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- From: "Antonio Lombardi" <lombak at libero.it>
- Date: Sun, 25 Nov 2012 22:17:12 +0100
Lettera
aperta all'Ordinario militare mons. Vincenzo Pelvi e
per conoscenza a Famiglia Cristiana. Eccellenza
Rev.ma, ho
appreso dal sito dell’Ordinariato (News del 24/11/12) che è in vendita il volume
“Il Cuore delle Missioni di Pace”, supplemento a “Famiglia Cristiana”, il quale
“attraverso scritti e immagini aiuta a
conoscere meglio l’impegno dei militari italiani all’estero ma soprattutto i
sentimenti e i valori che animano tanti giovani con le
stellette”. Sul
medesimo sito è riportato anche uno stralcio del suo contributo (che non potrò
leggere per intero, non volendo sostenere la pubblicazione acquistandola) sul
quale mi soffermo a riflettere. Lei,
dunque, scrive rivolgendosi al militare italiano impegnato in
guerra: “Caro amico, ti saluto con paterno affetto e
ti ringrazio per il dono della tua vita al servizio della pace. E’ per tutti
motivo di grande gioia l’impegno in favore dei popoli kosovaro, libanese, afgano
da te profondamente consolati e concretamente aiutati. Imparare a vivere per una
ragione che è più potente della vita stessa; una passione per l’uomo, chiunque
sia e dovunque si trovi, per il suo valore infinito: ecco la tua vocazione. Amo
pensare alla motivazione interiore che plasma la tua professione e ti vede al
servizio del bene comune, custode della concordia civile, messaggero di quella
sicurezza radicata nel cuore di chi non ha paura di donare se
stesso”. “Grazie
perché testimoni che nasciamo con qualcosa che ci brucia dentro e inquieta: la
sete di essere amati e di amare, che ogni uomo viene al mondo con un bisogno
sconfinato di felicità e con uno smisurato anelito di fraternità e libertà.
Interpretando i sentimenti degli italiani, desidero ancora riaffermare la
riconoscenza a te che dai prova di una straordinaria forza interiore,
sopportando grandi sacrifici e affrontando non pochi disagi. Ma la speranza
racchiusa nel tuo cuore è fonte luminosa della certezza che non sei solo e che
non lo sarai mai. E se in qualche attimo ti manca la fiducia, ricordati che il
Signore Gesù ti ama, ti parla, perché sei suo amico e presto esaudirà i tuoi
sogni”. Non
trovo gioia nel fatto che ci siano stati italiani, armati di tutto punto,
partiti per la guerra (ancorché ribattezzata “missione di pace”) e la prego con
cortesia di non farsi interprete dei miei sentimenti per esprimere gratitudine a
queste persone: non ho alcun motivo di ringraziarle. Anzi, leggere che i soldati
abbiano “profondamente consolati e
concretamente aiutati” quei popoli, mi riempie di tristezza perché mi appare
come la beffa che segue al danno. Quanto alla “vocazione” che lei discerne nella scelta
militare, cioè “imparare a vivere per una ragione che è più potente della
vita stessa”, su questo in qualche modo concordo: è vero che i militari
hanno ragioni più potenti della vita, infatti impegnano la loro addestrandosi a
sopprimerla. Sinceramente,
lo “smisurato anelito di fraternità e di
libertà” che le appare testimoniato da chi partecipa ad azioni di guerra, io
lo riscontro molto più in coloro che - sono parole del Concilio Vaticano II- “rinunciando alla violenza nella
rivendicazione dei loro diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa che sono, del
resto, alla portata anche dei più deboli” (Gaudium et Spes, 78). Sto
parlando della difesa civile nonviolenta che quanto ad efficacia e valore etico,
ha ricevuto ampie conferme di studio, pratica e -come sottolinea il Concilio-
vita cristiana. Aggiungo che in Italia esiste una norma di legge (art. 8 c. 2-e
L. 230/98) che impegna lo Stato ad attivare forme di ricerca e sperimentazione
in materia di difesa civile non armata e nonviolenta, verso la quale non viene
investita nemmeno una briciola delle ingenti risorse destinate alle Forze armate
di cui lei fa parte. Perché
la Chiesa italiana non cessa di entrare organicamente nell’organizzazione
militare e non offre, invece, il contributo che le è proprio per valorizzare la
difesa nonviolenta? Almeno per dare concretezza a quell’anelito conciliare a
cinquanta anni dalla sua apertura! Del
resto, per prestare assistenza spirituale alle nostre sorelle e ai nostri
fratelli con le stellette, non è indispensabile né opportuno che sacerdoti e
vescovi le indossino. Senza di esse, sacerdoti e vescovi possono additare ai
militari molto meglio quello che lei, giustamente, scrive ad ogni soldato: “se in qualche attimo ti manca la fiducia,
ricordati che il Signore Gesù ti ama, ti parla, perché sei suo amico e presto
esaudirà i tuoi sogni”. I sogni che ci rendono amici di Cristo e che egli
esaudisce, sono solo quelli disarmati, sono quelli del profeta Isaia: “Spezzeranno
le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione
non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte
della guerra”
(Is 2,4). Io
sogno che un giorno lei e tutti i cappellani militari strapperete le stellette
dalle vostre talari, ma resterete nelle caserme, sulle navi militari, nelle zone
di guerra, in mezzo alle soldatesse ed ai soldati per incoraggiarli a spezzare i
loro fucili d’assalto ed aiutarli a rifiutarsi di imparare a
combattere. Con
un fraterno e sincero saluto di pace. Napoli,
25/11/2012 Antonio
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