Siria, un paradiso per Al-Qaeda?




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Siria, un paradiso per Al-Qaeda?

Milioni di sfollati cercano riparo nei paesi confinanti mentre guerriglieri stranieri continuano ad entrare

Scritto da "Chiara Pane" il 24.10.2012

Siria, da quasi 2 anni la popolazione siriana vive il disagio della guerra fra la perdita di persone care e la necessità di cercare riparo altrove. Il caso è divenuto internazionale e l’Onu si interroga sul da farsi, diviso fra le opinioni discordanti di Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Arabia Saudita e Qatar da un lato e Cina e Russia dall’altro. Queste ultime da sempre oppostesi ad un possibile intervento armato, hanno bocciato anche l’ultimo rapporto della Commissione internazionale indipendente di inchiesta sulla Siria (CoI), presentato durante la 21° sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani e approvato a maggioranza.

Marinella Correggia, fondatrice del sito Sibia Liria, nome derivato dall’intreccio delle sillabe di Siria e Libia, critica a gran voce l’unilateralità delle posizioni dei mass media italiani e internazionali e dell’Onu stesso, specificando che, “le menzogne e le fonti unilaterali, demonizzando una parte sola rendono legittima l’ingerenza esterna per ragioni umanitarie”. Ingerenza esterna, fortemente criticata dalla giornalista, perché “servirebbe solo ad alimentare la guerra, fonte del disastro umanitario”.

La giornalista – che ha sottolineato più volte di non voler assolutamente sostenere il regime di Assad – spiega però che Libia e Siria, pur essendo dei Paesi assai diversi hanno condiviso la stessa sorte, ovvero l’appoggio indiscriminato delle potenze occidentali e dei Paesi del Golfo ai gruppi rivoluzionari nati nei primi mesi del 2011, che hanno intrapreso una guerra di “liberazione” contro i decennali regimi dittatoriali. Se nel caso della Libia, questo appoggio si tramutò presto in un intervento armato, nel caso della Siria permane “un sostegno indiretto tramite finanziamenti, forniture di armi e consiglieri all’opposizione”. Le accuse della Correggia, che includono anche la Turchia, che si presterebbe come “base logistica della Free Syrian Army”, sono durissime perché biasimano “un’ingerenza esterna che ha fomentato gli scontri e impedito la riconciliazione e l’avvio di un percorso di pace”.

Nel sito Sibia-Liria viene inoltre criticata l’approvazione – definita cieca – dell’ultimo rapporto del CoI-Onu sulla Siria, ci si chiede se “i rappresentanti dei governi presso il Consiglio abbiano davvero letto questo rapporto”. Al centro della critica c’è l’unilateralità del rapporto e delle testimonianze, basate quasi esclusivamente su racconti e video della fazione ribelle. Un articolo del 13 settembre riporta l’esempio del massacro di Houla, attribuito dal Col alle forze schierate con il governo, che però si sono sempre difese palesando l’ipotesi che si sia trattato di una “vendetta fra famiglie”. In un altro articolo, datato 28 settembre, ci sono anche accuse rivolte alle ONG, ascoltate dal mondo intero, che pubblicherebbero rapporti senza la verifica delle fonti (cosa per altro impossibile visto il divieto del regime di Assad all’ingresso dei giornalisti stranieri).

Purtroppo le atrocità delle guerre sono innegabili, e così anche in Siria i massacri sono reali, i bambini perdono la vita o crescono senza genitori e milioni trascorreranno il resto della vita privi di qualche parte del corpo. A denunciare tutto questo ci pensa anche Madre Agnés–Mariam de la Croix, animatrice del movimento Mussalaha (riconciliazione dal basso), una terza via che preme per una soluzione pacifica del conflitto basata sul dialogo e sulla riconciliazione. La stessa madre la descrive come un patto sociale fra gli abitanti della Siria, come la soluzione per superare “la via del sangue”, ovvero l’ingerenza armata. Madre Agnés-Mariam, costretta a fuggire dalla Siria, sta girando il mondo dall’Irlanda all’Australia, per spiegare che esiste un’altra faccia della medaglia. Durante alcune interviste ha raccontato che gli ideali che esistevano all’inizio dell’insurrezione siriana sono sempre più lontani, lasciando il posto sempre più spesso a ingerenze straniere, questa volta però legate ad Al-Qaeda. Madre Agnés racconta di civili costretti con la violenza ad appoggiare le fazioni ribelli, e di donne abusate per questo scopo. In un’intervista pubblicata dall’Irishtimes.com afferma anche che gli Stati Occidentali e i Paesi del Golfo non dovrebbero fornire le armi ai ribelli, aggiungendo: “Noi non vogliamo essere invasi, come è successo ad Aleppo, da mercenari, che pensano di combattere contro Israele”.

A lamentare rapporti fra la cellula terroristica di Al-Qaeda e i ribelli siriani, non è soltanto Madre Agnés. In un articolo pubblicato dalla rivista canadese online Mundialisation.ca vengono riportati pezzi di articoli dei maggiori giornali internazionali, come il New York Times, il Guardian o l’Independent, che darebbero seguito all’altra faccia della medaglia del conflitto siriano. Secondo il quotidiano The Guardian l’esercito libero siriano sarebbe composto in gran parte da membri di Al-Qaeda, che avrebbero approfittato delle insurrezioni per prendere il controllo della rivolta. Anche il New York Times recrimina l’influenza terroristica in Siria, paragonando il Paese ad “una calamita per gli estremisti sunniti”. Un reportage pubblicato dall’Indipendent lo scorso giugno, racconta che i combattenti dell’esercito libero siriano, avrebbero ricevuto armi dall’Arabia Saudita e dal Qatar, trasportate attraverso il confine Turco.

Se tutto questo fosse vero, appare ingiustificata la demonizzazione unilaterale delle forze fedeli ad Assad messa in scena dalle potenze occidentali, che utilizzando una logica geopolitica bipolare distinguono, forse troppo semplicisticamente, il bene dal male, tacendo però un altro male, che in questi mesi si è macchiato di crimini pari a quelli commessi dall’esercito regolare e i cui ideali non sono così nobili come vorrebbero far credere.