L’esigenza di riconciliazione, ha precisato il patriarca greco-cattolico, non si limita al conflitto siriano e all’area mediorientale. «Anche l’Occidente e l’Oriente sono divisi, e questa divisione è alla base dei diciotto mesi di guerra che abbiamo vissuto e continuiamo a vivere. Russia e Cina, America e Qatar, queste violenze sono frutto di una volontà straniera, decisioni straniere, armi straniere». La missione riconciliatrice della Chiesa è cruciale in Medio Oriente. «La nostra è una Chiesa incarnata nel mondo arabo a maggioranza musulmana e pertanto una Chiesa nell’Islam, con l’Islam e per l’Islam». I cristiani arabi sono appena 15milioni su una popolazione di 350milioni arabi. «Siamo un piccolo gregge, ma la nostra presenza è una salvezza per il mondo arabo». Ed è stato un cristiano ortodosso, Michel Aflak, a dar vita all’ideologia politica del partito di maggioranza Baath. «Noi cristiani non siamo servi del regime, abbiamo creato noi questo sistema politico e sociale così aperto. Il nostro è uno stato socialista, laico e credente. Meglio di tanti stati europei che non riconoscono le proprie radici cristiane».
Il Patriarca ha ricordato che la Siria è il meno povero dei Paesi arabi e quello con il più basso tasso di analfabetismo. Le donne siriane partecipano alla vita politica e sociale e le diverse religioni godono di pari diritti. «La primavera araba vuol fare in modo che la sharia si sposi con la libertà e la laicità. Noi l’abbiamo già fatto». Guardando alla crisi attuale, per Gregorios III la rivoluzione ha bisogno di evolversi - «altrimenti è distruzione» - e che il popolo sia pronto al cambiamento. Alcuni Paesi mediorientali, come la Siria, possiedono un potenziale di democrazia insito nelle proprie storie e tradizioni, mentre in altri, come l’Arabia Saudita, la popolazione non è ancora matura. «In quanto a noi cristiani non siamo migliori degli altri. Noi abbiamo un’altra via, un’altra soluzione. E questa via è la riconciliazione».
«Il popolo siriano non vuole questa guerra» ha ribadito Madre Mariam Agnès de la Croix superiora del monastero di Qara e coordinatrice del gruppo di supporto del movimento Mussalaha (in arabo «riconciliazione»), movimento popolare interconfessionale e multietnico. «Il nostro è un patto nato dalla volontà di non trasformare in odio le nostre differenze – ha detto la religiosa - La violenza non è la soluzione ma parte del problema». Infine padre Ibrahim Alsabagh, religioso damasceno della Custodia di Terra Santa, ha denunciato il continuo assottigliamento della comunità cristiana in Medio Oriente. «La nostra presenza è essenziale, perché senza di noi chi edificherà i ponti di pace? Ponti fra culture, religioni e perfino tra i diversi orientamenti islamici. Ma oggi questa nostra presenza è gravemente minacciata».
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2011 ha raccolto oltre 82 milioni di euro nei 17 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato oltre 4.600 progetti in 145 nazioni.