Siria: il regalo degli Stati Uniti ad Al Qaeda, e vice-versa
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- Date: Mon, 1 Oct 2012 01:16:24 +0200 (CEST)
http://www.egaliteetreconciliation.fr/Syrie-le-cadeau-des-Etats-Unis-a-Al-Qaida-et-vice-versa-14060.html
http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=8298
Siria: il regalo degli Stati Uniti ad Al Qaeda, e vice-versa
Bahar Kimyongür
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Tradotto da Curzio Bettio |
Discorso di Bahar Kimyongür, portavoce del “Comitato contro l’ingerenza in Siria” (CIS), in occasione di una manifestazione organizzata davanti all’ambasciata degli Stati Uniti a Bruxelles, il 25 settembre 2012, per protestare contro la distruzione programmata della Siria da parte degli USA e dei loro alleati. Numerosi sono gli amici che ci hanno chiesto perché abbiamo
scelto di riunirci davanti all’ambasciata degli Stati Uniti per difendere la
pace in Siria.
Per fornire loro una risposta, cominciamo con la constatazione schiacciante, anzi con un rimprovero all’indirizzo di tutti noi, per la nostra sorprendente amnesia e la nostra cecità complice di fronte all’onnipresenza multiforme e al bellicismo degli Stati Uniti in Siria.Davvero, siamo così condizionati dalla propaganda delle nostre élites che ci dimentichiamo chi in realtà incarni il male principale del genere umano, e del popolo siriano in particolare. Perciò, non mancheremo di sottolineare a questi nostri amici le precedenti guerre d’aggressione che l’Impero statunitense ha scatenato, come iperpotenza colpevole pluri-recidivante di genocidi. Con le sue 761 installazioni militari distribuite sui cinque continenti
(vedi Chris Hedges, L’empire de l’illusion, Ed. Lux, 2012), questo Impero
esercita una dittatura globale, senza la quale il mondo starebbe tanto meglio!
Non mancheremo di passare in rassegna l’inventario dei crimini commessi dagli
Stati Uniti, a Hiroshima, a Mai Lai durante la guerra del Vietnam, a Falloujah
in Iraq, a Gaza in Palestina, nella Sirte in Libia.
Denunciamo il loro uso del napalm, dell’“Agente Orange”, dei loro droni
Predator, i loro tappeti di bombe riversati dai loro B-52 su intere città,
l’avere finanziato e armato i “contras” e “contractors” in Afghanistan, in
Guatemala, in Nicaragua, i loro golpe militari, le loro minacce, le loro
sanzioni, i loro ricatti, la loro politica di corruzione degli oppositori ai
regimi giudicati ostili.
Attualmente, a forza di ingozzarci di immagini tutte orientate a dimostrare
a tutti i costi la barbarie dell’esercito siriano, i nostri media sono abilmente
pervenuti a renderci assuefatti ai crimini degli Stati Uniti, eternamente
impuniti, la cui barbarie è proporzionale ai mezzi impiegati.
Ogni giorno siamo allo stesso tempo complici e vittime, fisiche e morali,
di un Impero che nel 2010 ha impiegato da solo il 43% dei bilanci militari
mondiali, vale a dire quattro volte più della Cina e della Russia messe
insieme.
Noi siamo a tal punto condizionati dalle immagini che ci pervengono dalla
Siria, che ci mostrano le atrocità in modo assolutamente unilaterale, e dai
discorsi contro la Russia, contro la Cina e contro l’Iran, che non teniamo più
presenti tutte la basi navali e aeree statunitensi, i sistemi radar degli Stati
Uniti, gli agenti della CIA, che operano per la distruzione programmata della
Siria.
Se siete ancora scettici sulla questione del ruolo centrale degli Stati
Uniti nel caos siriano, vi invitiamo a gettare uno sguardo più attento sulle
operazioni in corso sul fronte nord-occidentale della Siria.
Se dubitate di tutto questo, vi invitiamo ad andare a leggere l’intervista
concessa alla BBC da Thwaiba Kanafani, una spia che lavora per conto
dell’Esercito siriano di Liberazione ASL (cf. reportage di Richard Galpin,
BBC, 4 agosto 2012).
I veterani dell’Afghanistan, Bosnia, Cecenia, Iraq, Libia, gli jihadisti
provenienti dal Tagikistan e dallo Yemen, dalla Francia o dal Maghreb arrivano
con mezzi vari, con bus e con aerei stracolmi, secondo corridoi di trasporto
stradale ed aereo internazionali.
Se dubitate di questa nuova crociata jihadista scatenata da Al Qaida, vi
invitiamo ad andare a leggere l’illuminante reportage di Ghaith Abdoul-Ahad per
conto del Guardian, pubblicato questa domenica (The Guardian, Syria: the
foreign fighters joining the war against Bashar al-Assad,
23 septembre 2012 – The Guardian, Siria: combattenti stranieri
partecipano al conflitto contro Bashar al-Assad, 23 settembre 2012).
La popolazione cosmopolita di Hatay, che mai aveva visto una
sola barba salafita nella regione, assiste tutti i giorni allo sbarco di uomini
all’apparenza poco pacifisti e talvolta perfino armati.
È impossibile che dei battaglioni di Al Qaida possano arrivare in modo così
massiccio senza attirare l’attenzione delle truppe statunitensi o turche, che
controllano palmo a palmo tutta la regione.
In ogni caso, gli Stati Uniti, che sono tanto pronti a bombardare quando
notano il minimo movimento sospetto nel deserto dello Yemen o nelle montagne del
Pakistan, non hanno veramente l’aria di preoccuparsi per questo afflusso di
jihadisti.
Quanto all’esercito turco, non arretra davanti ad alcuna difficoltà pur di
aiutare i terroristi nel saccheggiare la Siria.
D’altronde, le catene televisive turche diffondono in diretta gli scontri
militari frontalieri fra le truppe governative siriane e i ribelli, che vanno e
vengono fra i campi profughi situati fra il territorio della Turchia e quello
della Siria.
Al posto di raffreddare i conflitti, di impedire questo terrorismo che
agisce a cavallo dei confini, l’esercito turco punta i cannoni dei suoi blindati
e i suoi lancia-missili contro l’esercito della Siria.
Alcuni potrebbero obiettare che gli insorti ricevono ben scarsi armamenti
dall’Occidente.
Tuttavia, su decine di fotogrammi che ci arrivano dal fronte siriano, è
possibile riconoscere, branditi dai ribelli, fucili di precisione M24
statunitensi, lancia-razzi RPG russi in dotazione all’ex esercito libico
introdotti via mare dalla NATO, fucili AUG Steyr austriaci, MANPADS statunitensi
(MANPADS è l’acronimo di Man-portable air-defense systems ed indica un
sistema missilistico antiaereo a corto raggio trasportabile a spalla)
inviati dal Qatar e dall’Arabia Saudita e consegnati proditoriamente
dall’esercito turco. (Fonte : Reuters, 31 luglio 2012).
La stampa svizzera informa che migliaia di granate svizzere vendute agli
Emirati Arabi Uniti sono pervenute nelle mani dei ribelli siriani dopo essere
state offerte ai militari della Giordania. (RTS Info, 21 settembre
2012).
Non occorre essere grandi esperti per capire come gli Stati Uniti siano
presenti in tutto questo, ma in modo molto discreto, così come si sono
comportati durante la guerra di Libia.
Un breve richiamo allo scenario libico dovrebbe consentire di comprendere
meglio la strategia che gli Stati Uniti stanno osservando in Siria.
Atto 1: due giorni dopo l’adozione della Risoluzione che autorizzava la
creazione di una zona di esclusione aerea (no-fly-zone), una pioggia di
missili da crociera statunitensi Tomahawk distruggeva le linee di difesa
dell’esercito libico.
Atto 2: aerei francesi, belgi, spagnoli e britannici entravano in
azione.
Atto 3: i mercenari e gli jihadisti terminavano il lavoro.
Possiamo constatare che, come in Libia, gli Stati Uniti e i loro alleati
occidentali preferiscono tenere un basso profilo anche in Siria.
Per il momento, costoro si accontentano di far pervenire il materiale
bellico, e di regolamentarne i traffici, ai ribelli siriani, materiale militare
dei loro vassalli arabi del Golfo, ben inteso di fabbricazione
usamericana.
Per sbarazzarsi e vendere questi armamenti ai petro-monarchi del Golfo, il
protettore e fornitore usamericano non manca di agitare il fantasma di
un’aggressione da parte dell’Iran. Non ci vuole molto perché gli sceicchi del
Qatar e dell’Arabia Saudita si piscino addosso dal terrore lordando le loro
belle tuniche da maschi (dichdacha).
Altra constatazione: grazie ai loro sistemi spionistici, gli Stati Uniti
hanno aperto brecce nella fortezza siriana attraverso cui i ribelli siriani
possono stabilmente installarsi nel paese sotto assedio.
Attualmente, più che un sentiero di Ho Chi Minh, è un largo viale che i
servizi segreti dell’esercito turco e statunitensi hanno offerto ai
ribelli.
E se gli osservatori stranieri che percorrono la zona vedono nelle mani dei
ribelli solamente armamenti rudimentali o in disuso, senza dubbio è perché in
quel momento l’esercito siriano sta bombardando in modo efficace le vie di
approvvigionamento della ribellione, che collegano la Turchia al fronte di Idlib
e di Aleppo.
Il risultato di questo attivismo statunitense, occidentale e dei paesi del
Golfo sta nel fatto che i bambini della Siria vengono esposti ad un conflitto
mortale, da cui nessuno potrà uscirne vincitore.
Il gigante del Nord America, che sognava di vedere un mondo arabo soggetto
e diviso, mai avrebbe sperato in uno scenario migliore ad un costo così
basso.
Grazie all’Esercito siriano di Liberazione ASL e ad Al Qaida, gli Stati
Uniti non devono proprio impegnare le loro truppe sul fronte siriano.
Quando l’ASL moltiplica le sue angherie e i suoi crimini di guerra, alcuni
si interrogano in modo legittimo sul perché gli Stati Uniti evitino di inserire
questa formazione all’interno della lista delle organizzazioni terroristiche,
dato che in questo elenco figurano altre organizzazioni molto meno
crudeli.
È necessario ricordare che il marchio di terrorista viene imposto dagli
Stati Uniti a seconda che il ribelle sia utile o danneggi gli interessi
usamericani.
Prova ne sia che, su richiesta espressa della lobby sionista statunitense,
Hillary Clinton si appresta a radiare dalla lista statunitense delle
organizzazioni terroristiche il Mujahedin-e Khalq (MEK).
La motivazione? L’organizzazione iraniana dissidente ha aiutato Israele
nella raccolta di informazioni sulle installazioni nucleari del governo di
Teheran (De Standaard, 24 settembre 2012). (1)
A leggere i comunicati incendiari dell’Esercito siriano di Liberazione ASL
a proposito di depositi di armi chimiche o della disposizione di missili
balistici dell’Esercito siriano, si può pensare che gli Stati Uniti, l’Europa ed
Israele abbiano incaricato l’ASL della stessa missione che hanno addossato ai
Mujahedin-e Khalq iraniani.
In ogni caso, per quanto nobili siano le sue intenzioni, le sue collusioni
con i “falsi amici della Siria”, le sue aspettative rispetto ad un improbabile
intervento con pretesti di liberazione, il suo zelo nel volersi accattivare
l’Occidente e il suo oscuro programma politico che converge con l’agenda degli
Stati Uniti e dell’Europa nella regione, fanno dell’ASL una banda di mercenari
allo stesso titolo dei Mujahidin e-Khalq iraniani.
Passiamo ora al nostro obiettivo determinante, vale a dire quello di
contribuire alla lotta per la pace e la riconciliazione in Siria.
Noi crediamo che sia impossibile fermare lo spargimento di sangue e salvare
la vita di Siriani innocenti che si trovano in entrambi i campi del conflitto
fin tanto che l’Occidente non ostenterà una posizione neutra nei confronti del
conflitto.
Se, come pretendono, gli Imperi occidentali sostenessero la pace in Siria,
loro che non fanno altro che seminare zizzania in questa regione del mondo,
sarebbero obbligati di rispettare i tentativi messi in atto dalla Russia, Cina,
Iran, Venezuela, e perfino dall’Egitto.
Per il momento, è un dato di fatto che coloro che sostengono il governo
siriano siano anche le forze principali che forniscono proposte concrete e
realistiche.
Infatti, solo grazie alla Russia, alla Cina e agli altri paesi del Brics
(Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) che una missione di osservatori
dell’ONU ha potuto insediarsi, che sono stati nominati mediatori internazionali,
che in Siria ha potuto essere creato un ministero per la riconciliazione,
ministero alla cui direzione si trova Ali Haydar, un oppositore storico del
governo di Bachar El-Assad.
Per merito di questo ministero, che fa appello a tutte le buone volontà
locali espresse dal clero, dalla popolazione civile, dalla ribellione o
dall’esercito, numerosi ostaggi hanno potuto essere restituiti alle loro
famiglie nel quadro dell’iniziativa denominata “Moussalaha”, la
riconciliazione.
Ben inteso, i nostri mezzi di informazione non parlano mai di tutto questo,
…per non dare la sensazione di aderire alla “propaganda di regime”.
In questo fine settimana, ha potuto tenersi a Damasco una conferenza
impensabile fino a qualche settimana fa: degli oppositori del Comitato delle
Forze per un Cambiamento Nazionale Democratico (CCCND) di Haytham Manna si sono
riuniti in un hôtel della capitale siriana in presenza di diplomatici russi,
iraniani, egiziani, algerini e cinesi.
Eppure, il CCCND di Haytham Manna è un’organizzazione accanitamente ostile
a Bachar El-Assad ed esige da questo l’abbandono del potere.
Questi cambiamenti possono sembrare spesso solo di facciata o simbolici, ma
è chiaro che siamo in presenza di cedimenti nondimeno formali da parte del
governo al potere.
Anche il presidente siriano ha lasciato la porta aperta al dialogo con la
ribellione (cf. Al Ahram Al Arabi, 21 settembre 2012).
Non è possibile affermare altrettanto per l’opposizione radicale, la cui
unica mira è il rovesciamento violento del potere. Alcuni sostengono che gli
alleati di Damasco difendono la pace per interesse.
Affermativo, questo è esatto! Ma che questo piaccia o no, gli interessi di
questi paesi coincidono con quelli degli innocenti che stanno morendo tutti i
giorni sotto i bombardamenti dell’aviazione e dell’artiglieria siriana o sotto i
colpi di mortaio e per gli attentati dei ribelli.
Bisogna fermare le uccisioni e tutto ciò che risulta come il principale
responsabile degli omicidi.
Bisogna lottare per la pace, e poco importa che sia stato l’esercito
siriano o la ribellione a sparare per primo.
Ricordiamoci della guerra Iran/Iraq. È stata la CIA che ha eccitato Saddam
Hussein ad aggredire l’Iran. Dunque, l’Iran si trovava in una situazione di
legittima difesa. Questa guerra è durata 8 anni ed è costata la vita a quasi due
milioni di Iraniani ed Iracheni.
Sono stati i mercanti d’armi degli Stati Uniti a vendere il materiale
militare ai due belligeranti. Hanno fatto in modo di protratte più a lungo
possibile il conflitto, in modo tale che né l’esercito arabo laico né l’esercito
sciita persiano potessero prevalere. Le atrocità commesse da una parte e
dall’altra del fronte superano ogni immaginazione.
Io vi domando: “A quel tempo, quale sarebbe stata la posizione più
umanitaria: difendere il diritto di resistenza della Repubblica islamica d’Iran
contro l’Iraq aggressore, o difendere la pace?”
Per giustificare la distruzione della Siria, i nostri dirigenti arrivano a
manipolare le disgrazie dei profughi siriani. Ci parlano sempre dei 250.000
profughi rifugiati nei paesi vicini. Ma le sorti dei profughi all’interno della
Siria, che sono almeno dieci volte di più, non interessano assolutamente. La
ragione principale di ciò consiste nel fatto che questi profughi dell’interno
sono stati per la maggior parte evacuati dall’esercito e dai servizi di
protezione civile mobilitati dal governo di Damasco.
Fra il maggio e il settembre del 2007, l’esercito libanese aveva messo in
atto la medesima strategia d’isolamento della guerriglia jihadista, all’epoca
dell’occupazione e della ripresa del campo palestinese di Nahr al-Bared.
(2)
A Homs, Damasco e nei quartieri sicuri di Aleppo, decine di migliaia di
profughi, fuggiti dal terrore dei ribelli, sono stati alloggiati in scuole,
centri sportivi, chiese e moschee. Tutte queste famiglie sinistrate beneficiano
di sussidi alimentari. Quando un quartiere è messo in sicurezza dall’esercito,
queste famiglie possono ritornare alle loro case.
Cosa sappiamo noi precisamente di questa realtà? Nulla, perché i nostri
mezzi di informazione non ne parlano. Paura di mostrare che milioni di Siriani
amano il loro esercito e confidano in esso! È pur vero che …qualche migliaio di
Siriani ama e sostiene i ribelli.
Ma quando i nostri media non mostrano altro che il sostegno popolare di cui
gode la ribellione, evitando di parlare dei milioni di Siriani che difendono
corpo ed anima l’esercito governativo (costituito da militari di leva,
coscritti, dunque figli del popolo) e che lo accolgono con abbracci,
distribuzione di dolci e di mazzi di fiori dopo aver cacciato i ribelli dai loro
quartieri, questi media cadono in una propaganda antigovernativa, che è ben
lontana dal rendere un buon servizio al popolo siriano.
E allora, che dire delle vittime civili dei bombardamenti dell’aviazione
governativa?
In realtà, come triste e vergognoso che sia, l’esercito siriano bombarda
non proprio la popolazione, ma una parte della popolazione: sia quella che sta
sostenendo i ribelli, sia quella che è presa in ostaggio dai ribelli, sia quella
che non ha mezzi economici o fisici per fuggire dai combattimenti, sia quella
che, per ragioni affettive, non ha l’intenzione di abbandonare la propria
abitazione.
Quale che sia la ragione di questi bombardamenti, nessuno può rimanere
insensibile di fronte alla sofferenza di queste vittime innocenti, rinchiuse nel
terrore e nelle macerie.
Noi tutti, qui presenti, sosteniamo la fine delle violenze e il rispetto
totale dell’integrità fisica e del diritto alla vita di tutti i Siriani (e dei
non Siriani), civili o militari, terroristi o ribelli, bambini o adulti.
Ma siamo realisti, l’esercito non può fermarsi e cessare di battersi. Se
l’esercito arrestasse i combattimenti, sarebbe condannato alla disfatta, al suo
scioglimento e alle rappresaglie.
Nessun esercito accetterebbe queste condizioni. Noi abbiamo visto che
quando cessa di attaccare, le sue postazioni vengono annientate da agguati e le
popolazioni sotto la sua protezione massacrate dai ribelli. Per quanto
paradossale e cinico possa apparire, l’esercito siriano colpisce una parte del
popolo per proteggere un’altra parte.
Sarebbe riduttivo considerare che solo il clan di Assad, la comunità
alawita e le sue relazioni clientelari sostengono Assad. Per quanto scioccante
possa sembrare, molti Siriani che non hanno legami con il potere, pensano che
Assad sia ancora troppo molle nei confronti dei terroristi.
Allora, che fare? Ammazzare i milioni di partigiani del regime per
consentire che i suoi oppositori conquistino il potere, oppure raccomandare la
riconciliazione?
Alimentare il conflitto in nome di una rivoluzione da tanto tempo
confiscata dai suoi finanziatori corrotti, o patrocinare la pace dei
coraggiosi?
Distruggere la Siria o aiutare questo paese a rimarginare le sue ferite e a
dissipare l’incubo?
È bello e coraggioso difendere la democrazia in Siria.
Ancora, è necessario potersi assegnare mezzi e modi che siano moralmente e
materialmente all’altezza di questo obiettivo lodevole. Se potessimo cominciare
a fermare il massacro, sarebbe già un buon passo in avanti.
Nell’attesa di giorni migliori, in Siria e in altre parti del mondo, “all
we are saying is give peace a chance”, tutto quello che vogliamo affermare è
dare una possibilità alla pace.
Grazie ancora della vostra presenza e della vostra pazienza.
Tél: 0485/37 35 32
N.D.T.
(1) Mojahedin-e
Khalq (combattenti del popolo iraniano) è la denominazione di
un movimento politico iraniano tra i più attivi nell’opposizione al regime
teocratico che ha preso il potere in Iran successivamente alla rivoluzione del
1979. In Iran è fuori legge.
È stato considerato per molti anni dall’Unione Europea un’organizzazione
terroristica; infatti sebbene la Corte di Giustizia Europea abbia rigettato
questa definizione esprimendosi per ben tre volte contro la permanenza
dell’organizzazione nella lista nera delle formazioni terroristiche, solo nel
gennaio 2009 i 27 Paesi, riuniti a Bruxelles, hanno deciso di cancellare i
Mujaheddin del popolo, dalla lista.
Nonostante questo, ancora oggi il MEK è classificata come organizzazione
terroristica da Stati Uniti e Canada, a causa della passata vicinanza puramente
tattica di questi Mujahedin con Saddam Hussein, in quanto maggior avversario
nella regione del regime iraniano.
Il MEK ha compiuto attentati in Iran,
utilizzati dalla propaganda del governo iraniano per screditare il movimento
agli occhi del popolo. Secondo alcuni, i Mujaheddin sarebbero
sostenuti ufficiosamente anche da Israele e dagli stessi Stati Uniti, che
ufficialmente li considerano ancora terroristi. Molti politici statunitensi di entrambi i partiti
maggioritari, tra cui il presidente Barack Obama, si sono espressi a favore
della cancellazione dei Mujaheddin dalla lista delle organizzazioni
terroristiche, parlando favorevolmente del loro partito
(2) Il campo profughi palestinese di Nahr al-Bared si trova a nord del Libano. È stato distrutto dall’esercito libanese nel 2007 dopo che al suo interno si erano insediate le milizie di Fath Al Islam, estranee al campo. Fath Al Islam è un movimento armato
fondamentalista islamico salafita, insediatosi in Libano, essenzialmente nel
campo-profughi di Nahr al-Bared e in Siria, qui comparso nel novembre del
2006. Il movimento sarebbe finanziato con fondi sauditi e, in parte, da
fondi statunitensi, al fine di contrastare il partito guerrigliero sciita
libanese di Hezbollah. Attualmente il campo è sotto controllo dell’esercito
libanese. Solo una parte dei profughi sono potuti ritornare e vivono all’interno
di container allestiti dall’UNRWA
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