Nonostante la paura il Consiglio dei vescovi di Aleppo ha scelto di non armarsi




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Il fragore e il grido

Non sono andati da Benedetto XVI, a Beirut, per restare a fianco delle loro comunità. Sono i vescovi di Aleppo, città da settimane al centro di gravi e violenti scontri tra le forze del regime di Bashar al-Assad e l’opposizione armata. Tuttavia hanno fatto recapitare al Pontefice una lettera in cui gli chiedevano di lanciare un pressante appello alle Nazioni per una soluzione pacifica della crisi che sta distruggendo la Siria. L’appello di Benedetto XVI è arrivato, puntuale, all’Angelus, al termine della Messa finale del 16 settembre a Beirut, quando ha affidato alla Vergine Maria gli abitanti della Siria e dei Paesi vicini implorando per tutti il dono della pace. “Il fragore delle armi - ha detto il Papa - continua a farsi sentire, come pure il grido delle vedove e degli orfani! La violenza e l’odio invadono la vita, e le donne e i bambini ne sono le prime vittime. Faccio appello alla comunità internazionale! Faccio appello ai Paesi arabi affinché, come fratelli, propongano soluzioni praticabili che rispettino la dignità di ogni persona umana, i suoi diritti e la sua religione! Chi vuole costruire la pace deve smettere di vedere nell’altro un male da eliminare”.

Esempio da seguire. Oggi, uno di loro, che per motivi di sicurezza chiede al Sir l’anonimato, ritorna sul viaggio apostolico e racconta: “Sono rimasto piacevolmente sorpreso nel constatare come i media siriani abbiano dato ampio risalto al viaggio di Benedetto XVI in Libano. Lo hanno descritto come apostolo della pace, che cerca di diffondere concordia tra i popoli. Domenica scorsa, alle otto di mattina, la radio governativa siriana ha realizzato un servizio di quattro minuti parlando del Papa come di un esempio di capo religioso da seguire per il suo servizio alla pace. Il giornalista islamico che ha redatto il servizio ha esortato i musulmani a essere, come il Pontefice, elementi di pace e di fratellanza”.

“No” alle armi. Purtroppo dal Paese non giungono belle notizie. Oggi è stata diffusa la voce che le comunità cristiane in Siria, dopo le ripetute violenze subìte da bande armate, spesso gruppi jihadisti, hanno iniziato a organizzare, in diverse località, “comitati popolari dissuasivi”, formati da giovani cristiani armati, che intendono prevenire il banditismo e la violenza e difendere i loro quartieri. Le comunità cristiane hanno subìto abusi, rapimenti, violenze, uccisioni, furti, violazioni di proprietà nella cosiddetta “Valle dei cristiani” (Siria occidentale), nel centro storico di Aleppo, nel quartiere di Damasco “Jaramana”, in altri villaggi come Qusayr e Rableh (nell'area di Homs). L’esponente della Chiesa cattolica locale non condivide la scelta anche se, spiega, “la comprende”. Questa decisione di armarsi, secondo la fonte del Sir, “riguarderebbe solo le comunità greco-ortodossa e armena”.
“Il vescovo armeno ortodosso di Aleppo ha spiegato che la scelta di armarsi non è atta a offendere ma a difendere la propria gente, a rassicurarla. Queste persone non hanno imbracciato le armi per attaccare, sono una sorta di sentinelle che vigilano sulle proprie famiglie e sulle proprie case. Gli armeni hanno mandato via da Aleppo i loro bambini, li hanno fatti tornare in Armenia, hanno paura per loro. Posso capirli, dal momento che il loro popolo ha vissuto esperienze sanguinose nel passato, con la Turchia”. Il leader religioso si dice “fortemente preoccupato” per la presenza nel Paese di combattenti jihadisti e di integralisti. “Sarà una catastrofe - dichiara - se dovessero prendere il potere, non solo per la Siria, ma anche per il Libano e per l’Europa. Spero che in Siria venga salvaguardata la libertà religiosa e il pluralismo. Abbiamo visto le proteste per il film blasfemo su Maometto, cosa potrebbe succedere se l’Islam integralista prendesse il sopravvento? Gli appelli del Papa al dialogo, contenuti anche nell’Esortazione ‘Ecclesia in Medio Oriente’, sono fondamentali”. Nonostante la paura “il Consiglio dei vescovi di Aleppo ha scelto di non armarsi. Non escludo, tuttavia, che vi siano fedeli cattolici che lo abbiano fatto, insieme a fedeli islamici, per scopi difensivi. Come cattolici non vogliamo armarci e non lo faremo anche se ciò può rappresentare un pericolo. Confidiamo nella Provvidenza e nella benevolenza degli uomini”.

Una spinta al dialogo. Una scelta ancor più significativa dal momento che ad Aleppo i combattimenti sembrano non cessare anche se, continua l’esponente religioso, “oggi sono meno intensi. Pochi giorni fa la situazione era molto tesa e gli spari non erano molto lontani da noi. La preoccupazione era palpabile. Buona parte della comunità cattolica di Aleppo ha lasciato la città per il Libano e altri Paesi. Chi è rimasto cerca rifugio da parenti o strutture lontane dai luoghi degli scontri”. La speranza adesso, “è che la visita del Pontefice possa dare una spinta verso il dialogo e la riconciliazione tra regime e opposizione. Mi auguro che i suoi appelli alla pace in Siria non rimangano inascoltati. In tanti Paesi europei ci sono moltissimi cristiani che, seguendo il richiamo del Pontefice, potranno fare pressione sui propri governi affinché si adoperino per il negoziato. Lo stesso può avvenire negli Usa dove i cattolici sono svariati milioni. È urgente fare pressione affinché non si mandino armi ma idee giuste per avviare negoziati e porre fine alla strage continua”. http://www.agensir.it/pls/sir/v3_s2doc_a.a_autentication?target=3&tema=Anticipazioni&oggetto=246460&rifi=guest&rifp=guest