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<<Sotto i nostri occhi>>, Cronaca di
politica internazionale n°5
di Thierry
Meyssan
Dopo il
secondo veto russo-cinese che vietava un
intervento straniero in Siria (4 febbraio), gli
occidentali hanno fatto finta di cercare la
pace mentre conducevano una vasta guerra
segreta.
Sul fronte diplomatico, hanno messo
in campo il Piano Annan-Lavrov,
intanto che segretamente istradavano decine di
migliaia di mercenari e mentre alcuni
osservatori delle Nazioni Unite scortavano i
capi dell’ESL, organizzando i loro viaggi,
nonostante gli impedimenti.
L’attentato
che ha decapitato il comando militare
siriano (18 luglio) doveva aprire la porta
di Damasco ai Contras e permettere agli
occidentali di «cambiare il
regime». Non è accaduto.
Traendo insegnamento da questo fallimento, e
nonostante il terzo veto russo e cinese, gli
occidentali hanno scelto di saltare un passo:
non potendo «cambiare il regime»,
seminare il caos. Per far questo, hanno
sabotato il Piano Lavrov-Annan, e hanno
annunciato la loro intenzione di assassinare
il presidente Bashar al-Assad.
L'operazione
è iniziata con fughe di notizie pilotate sulla
stampa. Reuters, NBC, Le
Parisien, Le Canard enchaîné, The
Sunday Times e Bild am Sonntag
hanno rivelato che Barack Obama aveva
autorizzato da mesi un’ingerenza militare
segreta; che gli Stati Uniti, la Turchia, la
Francia, il Regno Unito e la Germania agivano
di concerto, e che questa guerra
segreta era coordinata da un quartier
generale installato presso la base Nato di
İncirlik.
A seguito
della rivelazione dell'ordine presidenziale
Usa, Kofi Annan ha
rassegnato le sue dimissioni. Era diventato
inutile richiedere un cessate il fuoco per
conto del Consiglio di Sicurezza, dal momento
che certi membri del suddetto Consiglio
rivendicavano di essere i fautori della
guerra. L’inviato speciale dei segretari
generali dell’Onu e della Lega araba precisava
che, oramai, sarebbe stato impossibile per
chiunque continuare la sua missione, poiché la
missione stessa risultava illusoria alla luce
delle «disunioni» del Consiglio.
Ciononostante,
gli occidentali hanno potuto contare sui
segretari generali dell’Onu e della Lega Araba
per dare
una parvenza di pacifismo e di legalità
alle loro ambizioni imperiali.
Costoro hanno dunque incaricato un nuovo
rappresentante speciale comune, Lakhdar
Brahimi. Secondo il comunicato di nomina, Ban
Ki-moon non ha gli dato come
missione l'attuazione del Piano Lavrov-Annan,
approvato dal Consiglio di sicurezza, bensì
quella di usare «i suoi
straordinari talenti e le sue straordinarie
esperienze» per portare
la Siria verso «una transizione
politica, in conformità con le legittime
aspirazioni del popolo siriano».
Per
capire cosa bolle in pentola, basta ricordarsi
cosa sono «i talenti ed esperienze»
di Brahimi. Figlio di un collaboratore
dell’autorità di Occupazione francese - e non
di un eroe dell'indipendenza algerina come ama
far credere approfittando di un omonimia - Lakhdar
Brahimi è uno dei turiferari dell’«ingerenza
umanitaria», espressione
politicamente corretta per definire il
neo-colonialismo. Il suo nome è rimasto in
calce alla relazione della Commissione da lui
presieduta sulle operazioni di peacekeeping.
Non metteva in discussione la deriva che ha
portato l’Onu a creare forze di interposizione
per imporre soluzioni politiche contro il
parere dei belligeranti anziché vigilare
sull'attuazione degli accordi di pace conclusi
in modo equo fra di essi. Al contrario, raccomandava
di fondare questa governance
globale su una dottrina di intervento e un
servizio di intelligence sovranazionale.
Così è stato creato il servizio «di
sostegno alla decisione».
Successivamente, e senza nemmeno informare il
Consiglio di Sicurezza, Ban Ki-moon ha firmato
un protocollo con il suo omologo della Nato
(23 settembre 2008), che lega questo servizio
all'Alleanza atlantica. Questo per quanto
riguarda i «talenti».
Per
quanto riguarda l’«esperienza»
di Brahimi, essa lo ha portato a inventare
il regime confessionale libanese
(Accordo di Taif) e a istituire il
narco-regime afghano (Accordo di
Bonn). Ha anche cercato di partecipare al «rimodellamento»
dell'Iraq, vale a dire la sua divisione in tre
stati separati, di cui uno sunnita che sarebbe
stato reintegrato nella monarchia hashemita.
Unendo l'utile al dilettevole, ha maritato sua
figlia Rym (a quel tempo giornalista alla CNN)
con il principe Alì, in modo che se questo
fosse diventato re, lei sarebbe stata regina
dell'Iraq. Tuttavia, la sua megalomania si
scontrò con la feroce resistenza del Baath e
Washington abbandonò il progetto.
Ma non è
mica tutto. Le sue biografie ufficiali
omettono di segnalare che il grande
«democratico» Lakhdar Brahimi è stato uno
dei 10 membri dell’Alto Consiglio di
Sicurezza che perpetrò ad Algeri il colpo di
stato del 1992, annullando le
elezioni legislative, costringendo il
presidente Bendjedid a dimettersi e
installando i generali “janviéristes”* al
potere. Seguì
una guerra civile - modello che Washington
vorrebbe applicare oggi alla Siria – nella
quale entrambe le parti furono manipolate
dagli Stati Uniti. Durante
questo periodo, il leader degli islamisti,
Abbassi Madani (attualmente rifugiato in
Qatar) prese come consigliere politico il
pseudo-laico Burhan Ghalioun (futuro
presidente del Consiglio nazionale siriano).
La fazione armata islamista GSPC (rinominata
nel 2007, Al-Qa'ida nel Maghreb islamico) si
addestrava alle armi con il Gruppo combattente
islamico in Libia (dal 1997 rinominato
Al-Qa'ida in Libia), la maggior parte dei
combattenti dei due gruppi sono oggi
incorporati nell'esercito «siriano» libero.
È in
questo contesto che il ministro degli Esteri
francese, Laurent Fabius, ha
ispezionato le basi francesi di retrovia
installate presso gli Stati confinanti con la
Siria. Mentre era di passaggio in Giordania,
ha dichiarato: «Sono consapevole
della forza di quel che sto dicendo: Bashar
al-Assad non meriterebbe di essere sulla
Terra». Senza dover nemmeno
puntare il pollice verso il basso, l’Imperator
Fabius è dunque passato dal «Bashar deve
sloggiare!» al «Bashar deve morire!».
Gli
occidentali hanno un messaggio per Mosca e
Pechino. Non si arrenderanno. Andranno
sull’obiettivo con qualsiasi mezzo.
(26
agosto 2012)