ennesima conferma che in Siria ci sono stati stranieri interessati
alla guerra e non alla libertà dei Siriani
che poi i droni USA controllino i jiahdisti...
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Siria, missili e soldi
Così arabi e Usa
sostengono i ribelli |
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I sauditi versano uno
stipendio mensile ai soldati che abbandonano Assad |
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MAURIZIO MOLINARI |
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Arrivano da Arabia Saudita e Qatar
i fondi per gli stipendi dei ribelli dell’Esercito di
liberazione siriano (Els): le rivelazioni fatte a Gedda dai
diplomatici di tre Paesi arabi coincidono con le
indiscrezioni che rimbalzano dal Congresso di Washington
contribuendo a fare maggiore chiarezza sulla coalizione di
nazioni che sostiene la rivolta armata contro il regime di
Bashar Assad.
L’impegno finanziario della monarchia wahabita e
dell’Emirato del Qatar, stretti alleati di Washington,
avviene sulla base di un accordo con l’Els guidato dal
colonnello Riad al-Asaad firmato il 2 aprile. Sono
versamenti mensili che si propongono di «incentivare le
defezioni dalle forze di Assad», il cui numero in effetti
sta aumentando. Si tratta di soldati e agenti che si
uniscono ai rifugiati in Turchia e Giordania per poi
confluire in basi nel Sud della Turchia, da dove poi
raggiungono le unità combattenti in Siria. Proprio nella
Turchia meridionale, secondo il «New York Times», la Cia ha
posizionato un ristretto numero di consiglieri con il
compito di decidere a quali gruppi di ribelli far arrivare
le armi. Sempre gli Stati Uniti, per ammissione del
portavoce del Dipartimento di Stato Victoria Nuland,
garantiscono ai ribelli la fornitura di apparati di
comunicazione per evadere la sorveglianza elettronica dei
servizi di sicurezza siriani, che possono a loro volta
disporre della sofisticata tecnologia di sorveglianza
iraniana.
Se la scelta di Istanbul come sede del comando di alAsaad
conferma il ruolo strategico della Turchia, il tassello che
manca è relativo alle forniture di armi. Ripetute
indiscrezioni pubblicate dalla stampa del Golfo suggeriscono
che potrebbero essere i sauditi, assieme ad altri Emirati, a
pagare gli armamenti che poi transitano dai confini turchi
verso i ribelli mentre le notizie recenti sulla
neutralizzazione di carri armati siriani con armi anticarro
di provenienza israeliana, sebbene non confermate,
suggeriscono che il governo di Gerusalemme potrebbe aver
deciso di modificare la linea del non-intervento.
Sui cieli della Siria operano invece i droni della Cia che,
assieme ai satelliti, tengono d’occhio in primo luogo i
depositi di armi chimiche e batteriologiche siriane nel
timore che possano essere saccheggiate da jihadisti,
iraniani e Hezbollah.
È tale scenario di crescente pressione sul regime di Assad
che spiega l’errore compiuto da Damasco con l’abbattimento
di un aereo di Ankara, innescando minacce di ritorsione
turche che la Siria ha tentato di disinnescare presentando
formali scuse ed impegnandosi nella ricerca del pilota
disperso. Il premier turco Recep Tayyip Erdogan preannuncia
«futuri passi» verso Damasco, senza svelare cosa intende.
Sul terreno intanto continuano le violenze: l’opposizione
parla di almeno 40 vittime civili a Deir al-Zor nelle ultime
48, dove l’artiglieria ha bombardato i quartieri attorno
all’area del vecchio aeroporto. |
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