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La Russia si prepara ad inviare l’esercito in Siria
Clara Weiss WSWS 12 giugno 2012
Dato il peggioramento della crisi in
Siria, secondo il quotidiano Nezavisimaja Gazeta,
l’esercito russo sta apparentemente preparando una missione in
Siria. Citando fonti anonime nella leadership militare, il
giornale ha detto che il presidente russo Vladimir Putin ha
ordinato allo stato maggiore di elaborare un piano per delle
operazioni militari al di fuori della Russia, anche in Siria.
Le unità in preparazione per un intervento sono la 76.ma Divisione
Aerotrasportata (una unità particolarmente efficiente
dell’esercito russo), la 15.ma Divisione dell’esercito, così come
una brigata delle forze speciali della flotta del Mar Nero, che ha
una base nella porto siriano di Tartus.
I dettagli del piano operativo sono in preparazione presso i
gruppi di lavoro dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza
Collettiva, a cui la maggior parte degli stati post-sovietici
aderisce, così come alla Organizzazione della Cooperazione di
Shanghai, a cui Cina e Russia aderiscono.
Secondo il quotidiano, l’implementazione dipende dalla decisione
del governo russo e dall’ONU. Tuttavia, i piani prevedono anche
che le truppe possano intervenire senza l’approvazione dell’ONU.
Il governo russo non ha finora confermato la notizia.
La settimana precedente, tre navi da guerra russe erano state
avvistate al largo delle coste siriane. Una fonte anonima del
governo russo, ha detto al quotidiano iraniano Tehran Times
che Mosca vuole dimostrare alla NATO che non permetterà alcuna
operazione militare contro Damasco, con il pretesto di una
missione umanitaria.
In precedenza, il Segretario Generale dell’Organizzazione del
Trattato di Sicurezza Collettiva, Nikolai Bordjuzha, aveva
avanzato la possibilità di utilizzare dei ‘peacekeeper’
in Siria. “Il compito in Siria è probabile sia imporre la
pace, in primo luogo contro gli insorti, che usano le armi per
risolvere i problemi politici“.
Russia e Cina si oppongono con forza a un intervento militare
della NATO in Siria, e hanno già bloccato due risoluzioni delle
Nazioni Unite sulla questione. Gli Stati Uniti e i loro alleati,
in particolare la Turchia, l’Arabia Saudita e la Francia, hanno
alimentato la guerra civile in Siria e armano sistematicamente i
cosiddetti ribelli, che consistono principalmente in islamisti,
ex-membri del governo o terroristi di al-Qaida. La Turchia va
sempre più nella direzione della guerra per procura degli Stati
Uniti in Siria.
Nelle ultime settimane è sempre più invocato l’intervento militare
in Siria. Dopo la strage di Houla, il presidente francese Francois
Hollande ha parlato a favore di un intervento militare.
L’Occidente ha accusato il governo di Bashar al-Assad di questo
massacro, senza alcuna prova evidente. Anche l’elite tedesca sta
apertamente discutendo di un possibile intervento militare;
Berlino ha cercato senza successo di spingere la Russia a fare
concessioni sulla questione.
La Russia non ha escluso una “soluzione politica”, cioè il lento
passaggio dal regime di Assad a un altro governo. A tutti i costi,
tuttavia, il Cremlino vuole evitare il rovesciamento violento di
Assad ad opera dell’Occidente, per diverse ragioni, sia attraverso
un intervento militare diretto della NATO o per mezzo dei ribelli
armati dall’Occidente. Due settimane prima, il primo ministro
russo Dmitrij Medvedev aveva avvertito che un intervento militare
in Siria potrebbe rapidamente degenerare e provocare l’uso di armi
nucleari.
Sin dai tempi sovietici, Mosca e Siria hanno mantenuto stretti
legami, soprattutto nel campo militare ed economico. Più
importante, tuttavia, una guerra contro la Siria sfocerebbe
nell’aggressione degli Stati Uniti al Medio Oriente. Gli Stati
Uniti hanno già significativamente esteso la loro influenza nella
regione attraverso le guerre contro l’Afghanistan e l’Iraq. Hanno
anche basi militari in quasi tutti i paesi della zona: Pakistan,
Kuwait, Bahrain, Qatar, Turchia, Uzbekistan, Kirghizistan, Arabia
Saudita, Oman e Turkmenistan, così come in alcuni altri stati più
piccoli. Nel frattempo, la Siria e l’Iran, che sono praticamente
circondati da basi militari statunitensi, sono diventati gli
ultimi bastioni della Russia e della Cina in Medio Oriente contro
l’invasione degli Stati Uniti.
Un cambiamento di regime a Damasco probabilmente porterà al potere
un governo sunnita, che collaborerà strettamente con l’Arabia
Saudita e gli Stati Uniti contro la Russia e la Cina. Inoltre, una
escalation della guerra civile in Siria, che è stata già avviata,
e un intervento militare potrebbero incendiare l’intero Medio
Oriente. Una guerra della NATO contro la Siria sarebbe il preludio
immediato ad una guerra contro l’Iran. Un attacco contro l’Iran
significherebbe un altro passo verso un’escalation delle tensioni
militari tra Washington e Beijing.
Mentre la Cina trae una parte significativa delle sue importazioni
di materie prime dall’Iran, Tehran è il più importante alleato
della Russia nel Caucaso e nel Mar Caspio, nel contrastare
l’influenza degli Stati Uniti e di Israele. Sia Mosca che Teheran
si oppongono alla costruzione di un gasdotto trans-caspico
dall’Occidente. Rifiutano anche il massiccio riarmo militare
dell’Azerbaijan, promosso da Stati Uniti, Israele e Turchia. La
regione del Caspio è di fondamentale importanza geopolitica.
perché lega la ricca Asia centrale con l’Europa, e perché ha anche
estesi giacimenti di petrolio e gas.
La crescente minaccia di guerra in Medio Oriente, e il fatto che i
paesi europei, tra cui Germania e Francia, siano schierati con gli
Stati Uniti, spinge sempre più la Russia a un’alleanza militare
con la Cina.
È significativo che il primo viaggio all’estero di Vladimir Putin,
dopo la rielezione, sia stato in Bielorussia, e che poi abbia
trascorso solo poche ore a Berlino e Parigi, prima di recarsi in
Asia Centrale. Il punto culminante della sua visita all’estero è
stato in Cina, dove ha incontrato il presidente cinese, e poi ha
preso parte al vertice della Organizzazione della Cooperazione di
Shanghai (SCO) il 6 e 7 giugno. Oltre a Russia e Cina, anche gli
stati dell’Asia centrale Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan e
Tagikistan appartengono a questa organizzazione, mentre Iran,
Afghanistan, Pakistan e India hanno lo status di “osservatore”.
Come è avvenuto nella precedente riunione dell’Organizzazione del
Trattato di Sicurezza Collettiva, la discussione al vertice della
SCO era centrato sulla cooperazione militare ed economica. Il
vertice ha adottato una dichiarazione sulla “creazione di una
regione di pace duratura e prosperità comune”. L’intervento
militare contro la Siria o l’Iran è stato esplicitamente respinto.
La dichiarazione condanna anche l’istituzione del sistema di
difesa antimissile della NATO in Europa, che è diretto
principalmente contro la Russia, ed ha aggravato le tensioni tra
Washington, l’Europa e Mosca. In futuro, la Organizzazione della
Cooperazione di Shanghai ha intenzione di cooperare militarmente
in modo più stretto sulle questioni di “sicurezza regionale”.
Durante la sua visita a Beijing, Putin aveva precedentemente
concordato con il presidente cinese Hu Jintao il comune
rafforzamento “della sicurezza nella regione Asia-Pacifico“.
Entrambi i paesi intendono effettuare frequenti esercitazioni
militari congiunte nel Pacifico, dopo aver tenuto esercitazioni
navali congiunte nel Mar Giallo, in primavera. Gli Stati Uniti
stanno sempre più concentrando la propria forza militare nella
regione asiatica del Pacifico, in preparazione a un confronto
militare con la Cina.
Traduzione di Alessandro Lattanzio –
SitoAurora