Oggetto: Siria, missili e soldi Così arabi e Usa sostengono i ribelli - LASTAMPA.it |
Mittente: tiziano cardosi <tiziano.cardosi@gmail.com> |
Data: 24/06/2012 10:40 |
A: "pace@peacelink.it" <pace@peacelink.it> |
Siria, missili e soldi Così arabi e Usa sostengono i ribelli |
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I sauditi versano uno stipendio mensile ai soldati che abbandonano Assad | |
MAURIZIO MOLINARI | |
Arrivano da Arabia Saudita e Qatar
i fondi per gli stipendi dei ribelli dell’Esercito di
liberazione siriano (Els): le rivelazioni fatte a Gedda dai
diplomatici di tre Paesi arabi coincidono con le
indiscrezioni che rimbalzano dal Congresso di Washington
contribuendo a fare maggiore chiarezza sulla coalizione di
nazioni che sostiene la rivolta armata contro il regime di
Bashar Assad. L’impegno finanziario della monarchia wahabita e dell’Emirato del Qatar, stretti alleati di Washington, avviene sulla base di un accordo con l’Els guidato dal colonnello Riad al-Asaad firmato il 2 aprile. Sono versamenti mensili che si propongono di «incentivare le defezioni dalle forze di Assad», il cui numero in effetti sta aumentando. Si tratta di soldati e agenti che si uniscono ai rifugiati in Turchia e Giordania per poi confluire in basi nel Sud della Turchia, da dove poi raggiungono le unità combattenti in Siria. Proprio nella Turchia meridionale, secondo il «New York Times», la Cia ha posizionato un ristretto numero di consiglieri con il compito di decidere a quali gruppi di ribelli far arrivare le armi. Sempre gli Stati Uniti, per ammissione del portavoce del Dipartimento di Stato Victoria Nuland, garantiscono ai ribelli la fornitura di apparati di comunicazione per evadere la sorveglianza elettronica dei servizi di sicurezza siriani, che possono a loro volta disporre della sofisticata tecnologia di sorveglianza iraniana. Se la scelta di Istanbul come sede del comando di alAsaad conferma il ruolo strategico della Turchia, il tassello che manca è relativo alle forniture di armi. Ripetute indiscrezioni pubblicate dalla stampa del Golfo suggeriscono che potrebbero essere i sauditi, assieme ad altri Emirati, a pagare gli armamenti che poi transitano dai confini turchi verso i ribelli mentre le notizie recenti sulla neutralizzazione di carri armati siriani con armi anticarro di provenienza israeliana, sebbene non confermate, suggeriscono che il governo di Gerusalemme potrebbe aver deciso di modificare la linea del non-intervento. Sui cieli della Siria operano invece i droni della Cia che, assieme ai satelliti, tengono d’occhio in primo luogo i depositi di armi chimiche e batteriologiche siriane nel timore che possano essere saccheggiate da jihadisti, iraniani e Hezbollah. È tale scenario di crescente pressione sul regime di Assad che spiega l’errore compiuto da Damasco con l’abbattimento di un aereo di Ankara, innescando minacce di ritorsione turche che la Siria ha tentato di disinnescare presentando formali scuse ed impegnandosi nella ricerca del pilota disperso. Il premier turco Recep Tayyip Erdogan preannuncia «futuri passi» verso Damasco, senza svelare cosa intende. Sul terreno intanto continuano le violenze: l’opposizione parla di almeno 40 vittime civili a Deir al-Zor nelle ultime 48, dove l’artiglieria ha bombardato i quartieri attorno all’area del vecchio aeroporto. |