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per (ri) costruire una Rete nazionale contro le guerre occidentali e la corsa agli armamenti, e per un'economia di pace
- Subject: per (ri) costruire una Rete nazionale contro le guerre occidentali e la corsa agli armamenti, e per un'economia di pace
- From: Mari Cor <mari.liberazioni at yahoo.it>
- Date: Tue, 24 Jan 2012 09:11:47 -0800 (PST)
Alcuni amici con i quali sono entrata in contatto proprio perché anche loro erano fra i pochi attivi contro la guerra alla Libia, hanno scritto questa proposta di Rete italiana che condivido. Intanto la sottoponiamo a voi.
Loro propongono anche che da qui si arta per una manifestazione nazionale e altre iniziative comuni e visibili
Che ne pensate?
Marinella
No alle guerre neocolonialiste occidentali, no alla rinnovata corsa agli armamenti, no alle spese militari e alle occupazioni militari di paesi le cui risorse fanno gola alle multinazionali.
Ci siamo illusi che la fine della guerra fredda fosse almeno la fine di una corsa agli armamenti dissennata, che rendeva il mondo una polveriera pronta ad esplodere. Invece è stato l’inizio della occidentale e armata “conquista del mondo” senza più freni né ritegno alcuno, senza alcuna considerazione della volontà dei popoli, neanche dei propri, e senza nemmeno il senso del ridicolo, in nome di una ipocrita e sanguinaria “democrazia”, con gli Stati Uniti in prima fila e l’Europa pronta ad accodarsi.
Dal 1991 sono stati aggrediti e occupati militarmente, distrutti e in qualche modo smembrati la Jugoslavia, l’Irak, l’Afganistan, la Libia, e ora si minaccia di fare altrettanto con la Siria e, perché no, con l’Iran.
In nome della democrazia nel 2003 si è calpestata la volontà democratica dei popoli di tutto il mondo, che con centinaia di milioni di persone scesero in piazza per tentare di fermare la guerra all’Irak. In nome della “protezione dei civili” si sono bombardate città, ospedali, fabbriche chimiche, si è seminato uranio impoverito che continuerà a distruggere la salute e la vita delle popolazioni per centinaia di generazioni, si sono compiuti più di 30.000 attacchi aerei alla Libia e la si è consegnata a un esercito di tagliagole fanatici e razzisti, che hanno iniziato la loro “politica democratica” con la pulizia etnica di tutta la popolazione di colore dalla città di Tawerga.
Tutto questo per la felicità delle multinazionali della guerra e di quelle del petrolio e delle fonti energetiche.
Oggi i governi occidentali continuano su questa strada con rinnovato vigore, spensierati e indifferenti al fatto che sia una strada che porta alla rovina di tutti.
Il governo italiano preventiva di spendere 15 miliardi per comperare cacciabombardieri, 6 miliardi per nuove navi da guerra.
I soldi che si tolgono ai pensionati, ai lavoratori, ai giovani in cerca di un’occupazione, agli immigrati tartassandoli nelle loro già magre rimesse alle famiglie e nel rinnovo del permesso di soggiorno, ai Comuni che non possono più assumere personale né fornire decenti servizi ai cittadini, alle scuole, alle biblioteche, ai trasporti pubblici, vengono elargiti alle industrie della guerra.
Come se la guerra, una guerra di attacco e di conquista, fosse ormai il primo obiettivo dell’Occidente.
Ma non è certamente l’obiettivo di nessun popolo.
Noi diciamo basta alle spese militari e alla politica di guerra; diciamo mai più bombardamenti e occupazioni militari; chiediamo la riconversione di tutte le industrie belliche e che i soldi previsti per gli armamenti siano utilizzati per investimenti atti a creare risparmio energetico, per la bonifica dei territori contaminati da rifiuti tossici, per uno sviluppo ecologico e una riconversione delle industrie inquinanti, per aiutare tutte le attività che si propongono di essere ecocompatibili, per un’agricoltura locale e rispettosa dell’ambiente: per incentivare, insomma, un’economia ecologica, locale, solidale, senza la quale, è chiaro ormai, non ci potrà essere nessuna uscita dalla crisi ma solo un progressivo e veloce aumento della povertà, e dunque un acuirsi della crisi e una
degenerazione dei rapporti sociali e di quelli internazionali.
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