Risposta dei Medici per l' Ambiente a Veronesi (nuclearista)



Carissimi,

allego le riflessioni e correzioni che gli amici Angelo Baracca ed Ernesto Burgio, a nome dell' Associazione Medici per l'Ambiente hanno pubblicato sul quotidiano TERRA del 5 marzo 2011 in risposta allo tzunami di inesattezze "sparate" dall'onnipresente tuttologo ed oncologo prof. Umberto Veronesi.

Vi invito a dare la massima diffusione al documento Baracca-Burgio, che, come oncologo della stessa associazione, condivido totalmente perchè mi sembra basato su "prove" anzichè su "atti di fede" o peggio.
Aggiungo un altro elemento di particolare inquietitudine che emerge dal mio peculiare osservatorio sulla salute: mancano ancora i dati sanitari completi, regolari e tempestivi su argomenti meno vincolanti,  e strategici del nucleare (coperto da segreto industriale, militare e di stato)

Salute
Valerio GENNARO



" L’intervista di Veronesi su La Stampa di ieri (3 marzo) lascia allibiti per la sicumera con cui il professore si lascia andare ad affermazioni prive di supporto scientifico, rischiando di banalizzare una tematica estremamente complessa e di condizionare con la propria “autorità” l’opinione pubblica, sempre più costretta a subire l’offensiva mediatica della potente lobby nuclearista. Non ci è possibile ribattere in poche righe e in questa sede, la lunga serie di affermazioni discutibili messe in campo dal professore: ci limiteremo a contestare alcuni passaggi di quella che appare come una superficiale apologia della fonte energetica in assoluto più dispendiosa e pericolosa per la salute umana.

Il primo punto che vogliamo sottolineare è che con l’uranio si produce solo energia elettrica (1/5 dei consumi finali di energia); che il  nucleare non sostituisce il petrolio (la stessa Francia ha infatti consumi petroliferi pro-capite superiori ai nostri), per la quasi totalità utilizzato in trasporti e industria; che l’Italia non ha affatto bisogno delle centrali nucleari, che significherebbero un’ulteriore immenso spreco di denaro pubblico ed enormi rischi per la salute pubblica. E’ infatti utile ricordare che l’Italia ha una sovra-potenza elettrica installata doppia della domanda e in costante aumento; che negli ultimi 10 anni è stata installata nuova potenza elettrica (equivalente a ben 12-15 reattori nucleari); che ciononostante le nostre bollette elettriche non sono diminuite e sono le più care d’Europa; che ulteriore potenza è in attesa di autorizzazione, senza alcuna relazione con i fabbisogni reali. In sintesi: produrre elettricità in Italia è oggi soltanto business e l’eventuale “ritorno” al nucleare sarebbe un grande business di alcuni a danni di molti.

Il secondo punto concerne il problema della materia prima. Sembrerebbe infatti che il Prof. Veronesi non sappia che anche l’uranio è in via di rapido esaurimento e che anzi, ai ritmi di consumo attuali, i tempi di esaurimento sarebbero di pochi decenni, cioè dello stesso ordine di quelli del petrolio, che a suo parere il nucleare dovrebbe sostituire. Figuriamoci se fosse vero che “tutti i paesi puntano al nucleare”: l’unico  risultato di questa “folle corsa” sarebbe un’ulteriore accelerazione di questo imminente esaurimento (per cui è un vero assurdo parlare di centrali in grado di operare per 60 anni!).

Ma per fortuna anche questa storia della corsa al nucleare è una colossale favola. Basterebbe leggere i più autorevoli giornali internazionali per sapere che la strombazzata rinascita nucleare non esiste, a causa dei costi fuori controllo, dei problemi, delle incognite, dei ritardi nei tempi di costruzione; che gli Usa hanno in costruzione un solo reattore (un secondo è stato cancellato) mentre in Europa gli unici due in costruzione (uno in Finlandia e uno in Francia) stanno procedendo con problemi immensi, che hanno già causato un raddoppio dei costi e dei tempi; che il fosco avvenire che Veronesi dipinge in assenza del nucleare non è condiviso da paesi come l’Austria, la Danimarca ed altri, che escludono il ricorso al nucleare e puntano all’autosufficienza energetica con le fonti rinnovabili (quelle fonti rinnovabili che L’Europa si prodiga da anni a sviluppare e che, con grande e più che sospetta puntualità, il nostro Governo si prodiga a disincentivare). E’ invece noto a tutti gli esperti che tanto la Germania che la stessa Francia, hanno dovuto scegliere di prolungare la vita operativa dei reattori esistenti: una scelta estremamente rischiosa, perché l’invecchiamento aumenta le probabilità di incidenti (è stata segnalata un’anomalia all’impianto d’emergenza in ben 34 reattori francesi, in funzione da 30 anni, che potrebbe rendere insufficiente il raffreddamento in caso di incidente, e causare fino alla fusione del nocciolo!) anche perché il bombardamento neutronico mina le strutture. E infatti, altro dato che il Professore evidentemente non conosce o trascura, gli incidenti alle centrali nucleari sono in aumento in tutti i paesi. Al punto che persino in Francia, che ha rappresentato nell’immaginario collettivo il paese del “grande consenso” al nucleare civile e militare, stanno crescendo i dubbi e le ansie, dopo che alcuni sevizi televisivi sono riusciti a divulgare i dati concernenti il quadro preoccupante della contaminazione radioattiva del territorio. Verrebbe da pensare che i francesi stiano cercando in giro per il mondo “clienti” pronti a farsi abbindolare o forse, piuttosto, a condividere gli ultimi utili di una tecnologia giunta inevitabilmente (e per fortuna) al tramonto.

Ma è soprattutto disarmante la leggerezza con cui colui che il redattore di La Stampadefinisce il più famoso medico d’Italia considera gli effetti biologico-sanitari della radioattività.

Da decenni si sa che un incidente nucleare grave è in grado di contaminare un intero emisfero: eppure Veronesi “liquida” con poche battute persino la catastrofe di Chernobyl,  così affiancando quei “nuclearisti” che a fronte di una realtà drammatica, costituita da città fantasma e da migliaia di casi accertati di tumori infantili a carico di tiroide e midollo, sono tuttora capaci di sostenere che le vittime del disastro sarebbero poche decine. Dimenticando che scienziati e ricercatori di chiara fama, che hanno dedicato la loro vita a documentare gli effetti di una nube radioattiva che ha colpito non solo URSS, Ucraina e Bielorussia, ma l’ Europa intera, parlano di un milione di vittime. Come può un oncologo accettare di dirigere un’Agenzia per la Sicurezza del Nucleare, ignorando o trascurando questi studi? Come può il professor Veronesi non sapere che già negli anni ’90 soltanto in Bielorussia e Ucraina i casi accertati di carcinoma infantile della tiroide furono quasi 1000 (con un incremento di 30 volte e addirittura di 100 volte nelle zone più vicine a Chernobyl). Come può il professor Veronesi non sapere che da alcuni anni aumentano, in molti altri paesi europei, le segnalazioni di incrementi di leucemie infantili direttamente correlate alla dispersione di isotopi radioattivi del cesio che permangono in ambiente e catene alimentari per decenni? Come può un oncologo di chiara fama non sapere che alcuni ricercatori russi hanno pubblicato, su riviste prestigiose come Science e Nature, i risultati di studi e ricerche che dimostrano come i figli dei cosiddetti “liquidatori” di Chernobyl, siano portatori di alti tassi di mutazioni: un dato che può chiarire non soltanto i dati, lungamente contestati, concernenti l’incremento di leucemie in bambini nati da genitori residenti nei dintorni di impianti nucleari inglesi, ma anche e soprattutto i risultati allarmanti di un recente studio tedesco, noto con l’acronimo KIKK, che sta per Kinderkrebs in der Umgebung von KernKraftwerken (Cancro infantile nei dintorni delle centrali nucleari), che ha descritto 1592 casi di tumori solidi (molti dei quali di origine embrionale) e 593 leucemie infantili in bambini di età inferiore a 5 anni, residenti negli anni 1980-2003 nei dintorni delle 16 centrali tedesche. Come può il professor Veronesi disconoscere i dati scientifici che documentano il rilascio di isotopi radioattivi (trizio, cripto, ecc) in ambiente e catene alimentari durante il normale funzionamento delle centrali, che sarebbero all’origine del suddetto aumento di tumori e leucemie infantili tra le popolazioni che abitano nei pressi di impianti nucleari (l’introduzione di materiale radioattivo per via alimentare in piccole dosi quotidiane, rappresentando con ogni probabilità la modalità di esposizione più pericolosa, anche perché collettiva e difficilmente valutabile) ?

E infine: lo sa il professor Veronesi che il “banale” problema dei residui nucleari costa ancora agli italiani 400 milioni di euro l’anno (e chissà per quanti anni ancora)? Probabilmente non lo sa: non parlerebbe altrimenti con leggerezza di un problema per il quale non è  stata ancora trovata soluzione in alcuna parte del mondo. Non parlerebbe di depositi geologici sicuri, che esistono solo nell’immaginazione di alcuni “nuclearisti”.

Veronesi non sa che Yucca Mountain dopo decenni di lavori e milioni di dollari spesi è stato definitivamente accantonato, e che anche gli americani non sanno più dove mettere gli enormi quantitativi di combustibile esausto sparsi in una settantina di siti. Non sa che nel deposito di Asse in Germania si sono trovate (solo ora?) infiltrazioni d’acqua che minacciano un vero disastro e che richiederanno spese colossali per il recupero e il trasferimento (dove?) dei fusti. A questo proposito, in verità, il professore una soluzione la propone: sostiene che si tenderebbe a individuare un unico sito per Continente e che, per fortuna, l’Italia non sarebbe stata individuata quale sito ideale di questo stoccaggio. Speriamo che chi ha dato queste informazioni al prof. Veronesi non intendesse far riferimento a quella che taluni soggetti prospettano come l’unica soluzione possibile per materiali che rischiano di inquinare l’intera ecosfera per millenni (non è certo consolante il fatto che il continente designato a discarica planetaria non sarebbe in tal caso né l’Europa, né il Nordamerica).

E’ facile prevedere che nei prossimi giorni si scateneranno le critiche contro un “oncologo famoso” che non si perita di fare affermazioni pubbliche tacciabili quantomeno di leggerezza. Alcuni probabilmente arriveranno persino ad accusarlo di inconfessabili conflitti d’interesse (in questo caso particolarmente gravi, visto il ruolo di garante della salute pubblica che il professore ha accettato di ricoprire). Noi siamo convinti che molte delle cose che abbiamo elencate il professor Veronesi non le sappia davvero e che ciò sia comprensibile in una persona che non si  è mai occupata di questa materia. Siamo però anche convinti che il permanere in una simile condizione di “ignoranza” sarebbe pericoloso e rischierebbe di nuocere gravemente alla figura di un medico famoso, che anche in quest’ultima intervista afferma come proprio valore assoluto la certezza che i rischi per la salute siano minimi e di voler dedicare i prossimi anni ad assicurare i cittadini che non correrebbero alcun rischio.

Angelo Baracca - Università di Firenze; ISDE Italia

Ernesto Burgio - Coordinatore Comitato Scientifico ISDE Italia





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