Obama sempre di più cede ai guerrafondai



DA PARTE DI ALFONSO NAVARRA - OBIETTORE ALLE SPESE MILITARI E NUCLEARI
 
Premessa, per evitare fraintendimenti: le riflessioni che seguono non hanno nulla a che vedere con le posizioni degli irriducibili Spartakus dell'"anti-imperialismo", quelli per i quali gli USA sono l'"Impero del Male" per antonomasia e che hanno capito tutto di quanto accade oggi perchè a suo tempo "l'aveva detto e predetto Lenin (o addirittura Marx)"...
 

L'analisi di Lucio Caracciolo su "la guerra ormai perduta in Afghanistan", apparsa su Repubblica" del 29-07-10 (vedi file allegato), ci interessa per molti aspetti.

Un aspetto mette in luce il fallimento di Obama, la cui retorica "pacifista" - questa però è una mia deduzione - non riesce più a tenere a bada le mire del Complesso Militare Industriale alla perpetuazione della centralità della "guerra permanente".

La situazione afghana possiamo così metterla in rapporto con la vicenda iraniana, dove ormai sembra chiaro che il presidente USA è stato "incastrato" dai "falchi" e che si sta procedendo, grazie alla 4^ tornata di sanzioni ONU, alla copertura americana esplicita del blitz iraniano contro gli impianti atomici di Teheran, probabilmente durante la primavera dell'anno prossimo.

(La mia previsione - forse illusoria - è che si tratterà di una "sceneggiata di guerra": qualche bombardamento da questa parte "ebraico-occidentale", il cantare vittoria dall'altra parte "persiano-islamica" perchè non è stato spianato tutto - vedi Hezbollah in Libano-, lo stretto di Hormuz che non viene chiuso per non infliggere il colpo finale all'economia mondiale).

Barack Obama sta dimostrando di essere fondamentalmente un parolaio capace di fare le cose solo a metà, nell'illusione che l'abilità diplomatica e le arti del politicante riescano ad evitare il duro confronto degli interessi forti contrapposti, quando la "crisi" riduce ogni margine di mediazione e mette l'una contro l'altra alternative opposte inconciliabili.

Lui - ripeto - è fondamentalmente l'uomo di Wall Street, il seguace della logica del profitto, che però deve fare i conti con la preponderante logica della potenza.

Anche per questo ha dovuto annacquare la riforma sanitaria, lasciare mano libera ai petrolieri (e gli americani se ne stanno accorgendo sul caso BP), rendere sempre più fumosi i progetti sulla "green economy", riaprire negli stessi USA la corsa al nucleare "civile".

Ritornando al contesto afghano, l'articolo di Caracciolo termina con questa considerazione: "Suona sempre più patetica la tesi per cui la nostra presenza in Afghanistan serva a impedire che vi si installino i terroristi. Come confermano in abbondanza i documenti dell'intelligence Usa, non solo la campagna ha rafforzato i Taliban, ma ha contribuito a destabilizzare il Pakistan. Più che nelle caverne o nelle gole afgane, è nel vespaio pachistano che bisognerà scavare, se davvero intendiamo limitare il rischio, mai sradicabile, di un nuovo 11 settembre. Rischio aumentato, non diminuito, dalla guerra in corso".

La conseguenze che potremmo trarre dal su esposto ragionamento, in quanto "italiani", sono due:

1- attaccare, insieme agli alleati NATO, il Pakistan, per distruggere i "santuari del terrorismo", come del resto ci chiede oggi il premier afghano Hamid Karzai, cioè rilanciare, "escalare", nella logica "abbiamo fatto trenta, facciamo pure trentuno";

2- ritirare le nostre truppe prendendo atto che la nostra missione viola la Costituzione, per giunta senza alcun costrutto dal punto di vista degli interessi geopolitici più brutalmente intesi.

Il nostro Parlamento - per come, stando ai fatti, siamo in grado di comprenderlo - dovrebbe essere abbastanza predisposto anche alla prima ipotesi. Non dimentichiamo che le missioni militari all'estero ora come ora passano con il voto unanime di deputati e senatori, e che gli oppositori "extraparlamentari" di oggi (non è vero Paolo Ferrero e dirigentu tutti di Rifondazione?) sono gli stessi che le hanno appoggiate ieri (per evitare che il governo Prodi si aprisse all'UDC ed il baricentro politico si spostasse "a destra").

Il problema dei parolai incoerenti è che non solo finiscono per distruggere la propria credibilità; ma per un po' "bruciano" anche idee, valori e contenuti e simboli di cui si sono ammantati deludendo e "disincantando" il pubblico verso cui hanno cercato ed anche trovato consenso..

 
Allegato Rimosso