da altra lista un pezzo di dibattito che penso possa interessare anche
questa lista
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L'Italia
non
si limitò a pensare all'atomica, si attivò per realizzarla
e negli anni 1973-76 effettuò tre test nel poligono Salto di Quirra
(Sardegna) camuffati
da studio sui propellenti denominato "Programma tecnologico diretto
allo
sviluppo di un carburante solido ad alto potenziale per razzi per
applicazioni
civili (immancabile zuccherino!) e militari". Si puntava alla
sperimentazione del vettore, dotare il missile Alfa della capacità di
trasporto
e sganciamento di testate atomiche. La costruzione della bomba non era
un
problema, le centrali nucleari civili allora erano in piena funzione e
garantivano l'approvvigionamento di plutonio e le professionalità. Il
primo lancio dell'Alfa, a
testata inerte, avvenne nel 1973 o 1975 (su questo punto le fonti
divergono),
l'ultimo (noto!) nel 1976, gli Usa vennero a conoscenza del
progetto e
imposero lo stop. L'abituale arroganza a stelle e strisce, per una
volta, è
stata la fortuna della Sardegna considerata dall'Italia come la sua
Mururoa,
l'isola Bikini mediterranea.
Il comitato sardo Gettiamo le Basi si è imbattuto nel 2003
nell'informazione
"top secret" spulciando i siti ufficiali delle ditte private che
operano nel poligono, le vere eminenze grigie.
Quasi nello stesso periodo, seguendo strade diverse, trovando fonti
diverse,
anche il bravo giornalista Marco Mostallino ha scoperto la stessa
notizia, l'ha
pubblicata e ripresa successivamente nel libro "L'Italia radioattiva"
(2004).
Mariella Cao.
alfonsonavarra at virgilio.it
ha scritto:
----Messaggio originale----
Da: ass.chicomendes at tiscali.it
Data: 7-mag-2010 3.01 PM
A: <fermiamo-il-fuoco-atomico at googlegroups.com>
Ogg: R: [no fuoco atomico] Un ombrello nucleare italo-francese per la
comunità mediterranea
Sullo stesso argomento, la recensione del libro fatta da "Panorama":
Atomica italiana
«Panorama» , 22/11/2005
CORREVA L’ANNO 1980 - LO RIVELA L’EX MINISTRO DELLA DIFESA
Quando l’Italia pensò all’atomica
22/11/2005
La rivelazione choc nel recente libro di Lelio Lagorio: "Il fatto che
gli euromissili avessero dato al Paese un superiore rango
internazionale suggerì a qualche ambiente militare l’idea della Bomba
italiana: costava poco e il nostro apparato scientifico-tecnico-
industriale era in grado di produrla. L’Italia assieme alla Francia
poteva far nascere una ’Piccola Nato’ nel Mediterraneo".
Nel 1980, per alcuni mesi, quando serpeggiarono notizie di difficoltà
nelle forze armate, l’Italia ipotizzò di costruire l’atomica. La
rivelazione è dell’ex ministro della difesa, Lelio Lagorio, che ne
parla nel suo recentissimo volume L’ora di Austerlitz. 1980: la svolta
che mutò l’Italia che reca la prefazione di Enzo Bettiza ed è edito da
Polistampa.
Lagorio ricorda che il 1980 fu decisivo rispetto al tema del
dispiegamento degli euromissili. "Quanto alla bomba italiana - scrive l’
ex ministro - il fatto che gli euromissili avessero dato al Paese un
superiore rango internazionale suggerì a qualche ambiente militare l’
idea che una Bomba italiana avesse stabilmente assicurato tale rango.
La Bomba costava poco e il nostro apparato scientifico-tecnico-
industriale era in grado di produrla.
Con me ne parlò espressamente il capo di stato maggiore ammiraglio
Torrisi (luglio 1980). Più tardi l’idea venne risollevata dal mio
sottosegretario alla difesa Ciccardini in sintonia con l’esperto
Stefano Silvestri (autunno 1982). Era vero che l’Italia aveva
ratificato il trattato di non proliferazione nucleare, ma da poco e
dopo molte incertezze e resistenze. Un ripensamento era sempre
possibile.
Tanto più se lo si fosse sostenuto con una autonoma iniziativa nel
Mediterraneo. In quest’area l’Italia assieme alla Francia poteva far
nascere una ’Piccola Nato’ con i Paesi rivieraschi per dare a ciascuno
un maggior senso di sicurezza.
Un force de frappe nucleare italo-francese avrebbe garantito alla
coalizione mediterranea un margine superiore di influenza e
credibilità, senza contare che l’avvento di un nuovo robusto
protagonista sullo scacchiere euro-africano avrebbe assunto un rilievo
inusitato nella politica internazionale".
Sin qui Lagorio.
Falco Accame, all’epoca impegnato nel Psi nel settore militare - fu
anche presidente della Commissione difesa - ricorda che a suo tempo ci
furono "sussurri e bisbiglii circa il segretissimo progetto di
costruire un’arma nucleare. Il progetto era legato alle tecnologie che
in Italia era state sviluppate in alcuni centri di ricerca nucleare e
soprattutto che erano state messe a punto presso il Camen, il centro di
applicazioni militare per l’energia nucleare di San Piero a Grado,
presso Pisa (oggi Cisam).
Il Camen avrebbe dovuto provvedere alla realizzazione dei reattori
nucleari per il sommergibile Marconi e per la nave mercantile Fermi.
Nel libro di Lagorio non figurano, spiega ancora Accame, alcune
premesse a questo progetto ed anche all’altro di realizzazione della
force de frappe. Il primo novembre 1968 la Francia ci aveva fornito l’
uranio arricchito per il reattore della Casaccia, reattore che iniziò a
funzionare nel ’70.
Nel giugno ’71 l’ambasciatore Quaroni, lo era stato anche in Francia,
in un articolo su La revue de duex mondes aveva parlato di possibili
accordi tra Italia e Francia per un programma nucleare. Gli Usa non
vollero fornirci l’uranio necessario per i progetti per la
realizzazione del sommergibile e della nave nucleare.
Sui programmi del Camen riferì in una intervista su un importante
settimane italiano l’allora direttore, ammiraglio Avogadro di Valdengo.
Con la Francia il discorso si riaprì in seguito sul nucleare tattico,
ma si pose un grave problema nello stabilire in quali poligoni si
sarebbe potuta effettuare la sperimentazione".
"Non mi sembra che gli anni in cui i vertici di molti importanti
organismi dello Stato erano occupati dalla P2 si possano definire gli
anni di Austerlitz sui quali grazie ad una legislazione incredibile,
quella sulla trasparenza amministrativa, si è estesa per l’ambito
militare e dei servizi segreti una "copertura di secretazione di 50
anni".
Pubblicazioni correlate:
Lelio Lagorio.
L’ora di Austerlitz. 1980: la svolta che mutò l’Italia. Quando il
nostro Paese salì alla ribalta internazionale e le Forze Armate
ridestarono l’orgoglio nazionale.
© Polistampa 2005,
cm 17x24, pp. 412, ill. col. e b/n, br., € 18,00
----Messaggio originale----
Da: alfonsonavarra at virgilio.it
Data: 07/05/2010 16.28
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Cc: <mir-riconciliazione at yahoogroups.com>,
<forum at miritalia.org>,
<azione at unfuturosenzatomiche.org>
Ogg: [no fuoco atomico] Un ombrello nucleare italo-francese per la
comunità mediterranea
Lelio Lagorio, ex ministro socialista della Difesa, lancia il sasso
dell'"atomica italiana" nel suo libro "L'ora di Austerlitz" ma, di
fronte ad una richiesta di spiegazioni di Gigi Malabarba, senatore di
rifondazione, nasconde la mano....
Correva l’anno 80 quando l’Italia pensò alla atomica. Si progettò
allora di costruire l’atomica a Pisa. Era un’idea accarezzata per 15
anni. Lagorio dice: “Era un buon progetto, ma lasciammo perdere”.
Lelio Lagorio, L'ora di Austerlitz - 1980: la svolta che mutò
l'Italia. Quando il nostro paese salì alla ribalta internazionale e le
forze armate ridestarono l'orgoglio nazionale. Prefazione di Enzo
Bettiza. "Il rapporto Lagorio". Edizioni Polistampa, Firenze, 2005, pp.
416 con 38 documenti e 104 illustrazioni.
INTERROGAZIONE PARLAMENTARE
Senato. Atto n° 4-09803, pubblicato il 6 dicembre 2005.
Il senatore Luigi Malabarba (gruppo parlamentare Misto-Rifondazione
Comunista), con riferimento al libro “L’ora di Austerlitz” (pag.143),
là dove si riferisce che agli inizi degli Anni Ottanta fu progettata la
costruzione di una bomba nucleare italiana, interroga il Presidente del
Consiglio dei Ministri per sapere se il programma nucleare era coperto
da segreto e cosa risulti in proposito all’Ufficio Centrale di
Sicurezza e quale durata fosse stata attribuita alla segretezza, se
tale segretezza sia ancora in vigore, se la documentazione relativa al
programma nucleare sia disponibile, se il CAMEN di Pisa fosse stato
istituito per costruire la bomba atomica, se siano ancora in corso
studi per il nucleare italiano, se fossero state previste
sperimentazioni di queste armi in poligoni italiani.
1980 : UN’ARMA NUCLEARE ITALIANA?
LETTERA DI LAGORIO AL SEN. MALABARBA
Firenze, 19 dicembre 2005. Caro Senatore, ho letto la sua
interrogazione 4-09803 del 6 dicembre. Il cenno che nel libro “L’ora di
Austerlitz” ho fatto all’arma nucleare italiana non è una novità. Ne
avevo già scritto nel 1988 (“L’ultima sfida. Gli euromissili”). Non era
un programma, ma solo un’idea che discussi col Capo di S.M. della
Difesa, ammiraglio Torrisi, come tema di riflessione. Ritenevo e
ritengo compito della Difesa mettere allo studio tutti i piani che si
possono immaginare utili alla sicurezza e considero corretto che gli
Stati Maggiori nei loro archivi tengano tutte le carte pronte. Ma nel
caso dell’arma atomica – che non è un piano qualunque – ho sempre
pensato e ritengo tuttora che qualsiasi progetto ha bisogno dell’input
specifico del potere politico. Il ministero della Difesa durante la mia
gestione non mise mai la questione al proprio ordine del giorno ed
escludo che le autorità militari abbiano proceduto di loro iniziativa.
L’idea dunque non venne coltivata e quindi né gli Stati Maggiori né il
CAMEN né altri organismi di ricerca vennero investiti del problema. La
questione, ad ogni modo, era stata vista fin dalle primissime
riflessioni in un quadro di iniziative che dovevano garantire maggiore
sicurezza e calma nell’area mediterranea allora molto calda. Si era
infatti pensato di promuovere una conferenza di paesi rivieraschi del
Mediterraneo per gettare le basi di un patto di collaborazione e
reciproca sicurezza capace di allentare tensione e rischi. Sarebbe
stata una iniziativa indipendente e “nuova” rispetto al conflitto Est-
Ovest e l’arma nucleare italiana (o italo-francese), alla fine di un
lungo percorso, avrebbe potuto offrire una particolare forza alla
alleanza mediterranea quando questa avesse preso consistenza come una
nuova realtà geopolitica di tutto rispetto. Naturalmente non poteva
essere il solo ministero della Difesa a coltivare l’iniziativa ma tutto
il governo con le procedure previste dalle nostre leggi. Non ce ne fu
bisogno perché noi stessi della Difesa lasciammo cadere l’idea.
Lelio Lagorio.
Questa lettera è stata comunicata al Quirinale, alla Presidenza del
Senato, alla Presidenza del Consiglio e al Ministero della Difesa.
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