I: "silenzio dal mondo" - e questo basta a giudicare quell'animale vigliacco, mediocre e falso che è (divenuto) l'"uomo"







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Gaza: accelerato il genocidio


Maurizio Blondet   11 aprile 2010


Due terzi della striscia di Gaza sono ormai prive di elettricità. La sola centrale elettrica ancora funzionante non riceve più combustibile, ed ha dovuto chiudere da sabato. Ovviamente è Israele che non lascia entrare nel lager la nafta: dall’inizio della «cura dimagrante» nel 2007, le importazioni del carburante sono state regolarmente molto inferiori al fabbisogno. Ma adesso la situazione è peggiorata per la complicità dell’Unione Europea.

Questa, che s’era assunta il compito di fornire il carburante, l’ha affidato dal dicembre scorso all’Autorità Palestinese. L’Autorità Palestinese non comanda a Gaza (dove governa il rivale Hamas) e dunque si intasca il combustibile e gli aiuti relativi, con cui paga i suoi dipendenti. Secondo l’ONU, a Gaza arriva oggi il 46% del fabbisogno di energia.

Si ottiene così il risultato che sono altri palestinesi (i corrotti caporioni della PA) ad accelerare il genocidio dei palestinesi prigionieri a Gaza, con l’attiva partecipazione di Bruxelles. Nessuno potrà più accusare gli israeliani di crimini contro l’umanità; per loro, fanno tutto i goyim.

Il capo dell’energia di Gaza, Walid Sa’d Sayel, ha inviato un appello disperato a «salvare gli abitanti di Gaza, che sono anzitutto esseri umani, a cui l’energia elettrica serve come l’acqua e l’aria». Silenzio dal mondo.

Qualche giorno fa avevamo informato che, per la prima volta nei tre anni d’assedio, Israele aveva concesso l’entrata a Gaza di venti autocarri carichi di vestiario e scarpe. Queste merci erano state regolarmente acquistate e pagate da commercianti di Gaza, ma sono rimaste per due anni bloccate in Israele. Aperti i container, vestiario e scarpe sono risultate rovinate dall’umidità e quasi completamente inservibili, perché Israele li aveva abbandonati alle intemperie, estate e inverno per due anni. Nonostante ciò, si noti, i proprietari palestinesi delle merci hanno dovuto pagare a Sion le spese di immagazzinaggio per i due anni in cui non sono state consegnate.

Gaza aveva una sua attività  produttiva di abbigliamento, in piccole industrie locali, per il fabbisogno interno del milione e mezzo di prigionieri (la metà sotto i 15 anni). Ma queste micro-industrie sono state rovinate dal divieto israeliano di importare tessuti, filati e persino aghi per le macchine da cucire.

Con la guerra di Gaza nelle tre settimane da dicembre 2008-gennaio 2009,  Israele ha devastato quel che restava delle industrie tessili, il 98% delle quali sono oggi impossibilitate a produrre. (
Blockade means clothes ordered for Gaza arrive two years late and ruined by damp )

Le uniche merci (ovviamente carissime) arrivano attraverso i tunnel aperti verso l’Egitto. Ma anche questi tunnel hanno i giorni contati, perché le autorità egiziane stanno attivamente seppellendo spessi lastroni d’acciaio per occluderli.

Evidentemente i prigionieri di Gaza ci mettono troppo a morire, e s’è deciso di accelerare la soluzione finale. Il silenzio del mondo, e la sua complicità attiva, facilitano come sempre il compito.

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