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       10 03 26 Bettazzi Principi non 
      rinunciabili 
      di Luigi Bettazzi 
       
      (Vescovo emerito di 
      Ivrea – Presidente Centro Studi Economico Sociali per la Pace Pax 
      Christi) 
        
      Ritorna spesso nel 
      nostro linguaggio ecclesiale, anche ai livelli più alti, l’espressione di 
       
      “principi non 
      rinunciabili”, che i politici cristiani – nel nostro caso cattolici – 
      dovrebbero  
      tener presenti 
      nell’ambito dell’attività legislativa, e che i cittadini credenti 
      dovrebbero sempre  
      valutare, in 
      particolare al momento delle elezioni. E normalmente si cita la realtà 
      della vita,  
      soprattutto al suo 
      inizio e al suo termine, e quella della famiglia, soprattutto al momento 
      del  
      matrimonio. Ed è più 
      che doveroso, perché se è vero che non si tratta di obblighi bensì di 
       
      concessioni, cosicché 
      un cristiano rimane sempre libero di osservare la linea richiesta dalla 
       
      sua fede, è anche vero 
      che il permissivismo civile può indurre anche a un permissivismo morale. 
       Quello che, invece, più facilmente intacca la coscienza morale, anche 
      perché non v’è l’insistenza  
      del magistero 
      ecclesiale – soprattutto ai livelli più popolari – è da una parte il 
      monito costante di  
      Gesù, che cioè la 
      primaria alternativa a Dio, e quindi a una vita veramente spirituale 
      (anche  
      cristiana), è 
      “mammona” (v. Mt 6, 24 e Lc 16, 13), cioè l’idolo della ricchezza comunque 
       
      raggiunta e del potere 
      (vero idolo della nostra diffusa cultura occidentale, anche italiana), 
       
      dall’altra il 
      permissivismo sociale, cioè l’interesse privato, anche di gruppi o di 
      comunità  
      (delle stesse comunità 
      religiose, che talora utilizzano il machiavellico “il fine giustifica i 
      mezzi”)  
      contro il “bene 
      comune”, l’evadere la legge utilizzando tutti gli espedienti possibili, 
      anche con  
      la mediazione di 
      professionisti particolarmente abili, e lo smaccato esempio di infrazioni 
      alla  
      moralità pubblica e 
      privata di chi gode di situazioni di privilegio.  Credo allora che da 
      una parte la sobrietà e dall’altra l’onestà e la trasparenza nella vita 
      sociale  
      siano davvero principi 
      irrinunciabili per i cristiani, dal momento che il centro del messaggio 
       
      evangelico, prima 
      ancora della libertà che non di rado può finire nell’individualismo, siano 
       
      proprio da una parte 
      la chiarezza nell’agire (“sia il vostro parlare sì, sì, no, no; il di 
      più viene  
      dal maligno” – Mt 5,37 e Gc 5,12), e 
      dall’altra, soprattutto l’amore, caratteristico di Dio-Trinità, 
       
      che si esprime 
      nell’attenzione all’altro, nella solidarietà. Ci rammarichiamo spesso di 
      una  
      gioventù senza norme e 
      con scarsi ideali, e non ci rendiamo conto che è la conseguenza di esempi 
       
      dati da chi, invece, 
      dovrebbe incoraggiare con la vita prima che con la parola. Penso al 
      cattivo  
      esempio che diamo 
      talora anche noi, gerarchia ecclesiale, con eventuali cattivi 
      comportamenti  
      disordinati in campo 
      sessuale, ma anche in quello economico. E penso quanto dovremmo forse 
       
      essere più chiari e 
      più tempestivi nel richiamare il rispetto della sincerità e della 
      sobrietà, della  
      legalità e della 
      solidarietà, anche quando vengono manomesse da chi forse “predica bene”, 
      ma  
      certo “razzola male”. 
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