In anteprima, il nuovo Codice della Protezione civile preparato da Guido Bertolaso: a Berlusconi il potere di sospendere le leggi. Quando meglio crede. E senza fastidiosi controlli di Parlamento e giudici
scarica il documento qui di Manuele BonaccorsiIn Italia esiste un corpus legislativo parallelo. Mai approvato dal Parlamento. Il cui obiettivo è quello di rendere inapplicabili le leggi, per liberare da ogni vincolo l’azione dell’esecutivo. Sono 679 le ordinanze di Protezione civile varate dal 2001 al 2009, a firma di Guido Bertolaso: una ogni cinque giorni. Ognuna
permette a un commissario straordinario di agire «in deroga alle norme vigenti». Non solo per calamità naturali, ma anche per “grandi eventi”, per costruire strade e parcheggi, per edificare quartieri, piscine, inceneritori, discariche. Queste leggi d’emergenza, finora rimaste ai limiti della legalità e con frequenti “azioni di disturbo” da parte della magistratura, presto potranno entrare a far parte delle leggi ordinarie. Negli uffici del dipartimento della Protezione civile, fin da dicembre del 2009, gira un documento preparato dal consigliere giuridico di Guido Bertolaso, Ettore Figliolia, rutelliano doc. è una bozza di decreto legislativo, un nuovo “Codice della Protezione civile”, datato 11 dicembre 2009 e protocollato con il numero 0076961. Secondo fonti interne al dipartimento, presto il Consiglio dei ministri prenderà visione del testo, lo modificherà se necessario. Per farne un decreto legislativo. Bisogna solo aspettare
che passi la bufera sulla Protezione civile spa, la società di servizi privata. Voluta, per decreto, da Bertolaso. In questo momento il Senato discute la sua conversione in legge. Se tutto andrà liscio, sarà il momento del Codice. Una summa dell’idea di “stato d’eccezione permanente” immaginato da Guido Bertolaso e Silvio Berlusconi. Obiettivo di cui la Protezione civile rappresenta il braccio armato, insieme ai prefetti. left ha visionato il testo in anteprima e lo rende disponibile sul suo sito. Ed è in grado di spiegarvi lo scenario inquietante che prefigura.
Il nuovo codice modifica la legge 225 del 1992, che ha istituito la Protezione civile. La legge prevedeva che in caso di «calamità naturali» il Consiglio dei ministri potesse dichiarare lo «stato d’emergenza» con un decreto. Sulla base di questo atto il presidente del Consiglio avrebbe potuto varare, di concerto col capo della Protezione civile, delle
ordinanze «in deroga a ogni disposizione vigente». E dotare di questi poteri incontrollati, un commissario straordinario. Il sistema delle leggi, insomma, viene momentaneamente sospeso, per garantire un intervento tempestivo su eventi catastrofici. Dal 2001 a oggi il governo ha utilizzato questi poteri ben al di là dei casi previsti inizialmente. Con un decreto (343/2001) l’uso delle ordinanze era stato ampliato ai cosiddetti “grandi eventi” (incontri pubblici, manifestazioni sportive e religiose, summit internazionali). Il nuovo codice estende ancora i compiti d’intervento, grazie a una definizione volutamente generica di emergenza. La Protezione civile, se il codice sarà approvato, potrà agire in deroga alle norme vigenti, non solo nei casi di calamità naturali o grandi eventi. Ma anche per il «rischio sanitario». E per non meglio specificate «emergenze socio-economico-ambientali
».
Cos’è
un’emergenza socio economico-ambientale? Non esiste una definizione, come può esserci per un terremoto o un’alluvione. Dunque, è un’emergenza qualsiasi cosa che il governo ritenga tale, a suo insindacabile giudizio. Anche una mobilitazione di piazza? Una fabbrica occupata? La protesta dei No Tav? O di chi non vorrà l’atomo sul suo territorio? L’unica certezza è che il governo può agire in deroga alle norme quando meglio crede. Non applica più le leggi, le sospende. E può farlo, come accaduto nelle discariche della Campania o nei cantieri della Maddalena, apponendo in pezzi di territorio il segreto militare. Non a caso Silvio Berlusconi ha recentemente dichiarato che «per governare questo Paese ho bisogno dei poteri di Protezione civile».
Secondo il nuovo codice il premier potrà «emanare ordinanze finalizzate a evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose», anche prima che una presunta
emergenza si sia verificata. E questo, continua il testo, «anche negli interventi all’estero», seppure «in coordinamento con il ministero degli Affari esteri». Più o meno quanto Guido Bertolaso ha già fatto ad Haiti, coordinando, ai danni del collega Franco Frattini, gli aiuti umanitari. Fino al punto da creare uno scontro diplomatico con gli Stati Uniti. Dietro la querelle di Haiti, si intravede la gestione degli affari della ricostruzione. Molto interessanti anche per la nuova spa di Bertolaso. Lo afferma un giornale, certo molto addentro alle cose di governo, come Libero: «L’Italia può affiancarsi agli altri Paesi per gestire la ricostruzione, un impegno di svariate decine di miliardi che ovviamente può benissimo essere affrontato dalle imprese italiane».
Chi controllerà queste azioni? Chi verificherà se le ordinanze, varate per sospendere le leggi, trovano la loro legittimità nelle situazioni di emergenza? Non la
Corte dei conti: la proposta di codice esclude le ordinanze dal «controllo preventivo di legittimità» normalmente esercitato dai giudici contabili (articolo 15 comma 9). Non i giudici civili: sulle «contabilità speciali» che finanziano le ordinanze «resta sospesa ogni azione esecutiva e sono privi di effetto i pignoramenti comunque notificati (…). Le risorse non sono suscettibili di sequestro fino alla definitiva chiusura delle pertinenti contabilità speciali» (articolo 17 comma 1 e 2). Neppure i tribunali amministrativi regionali potranno dire la loro. Escluso il Tar del Lazio, l’unico che «in tutte le situazioni di emergenza ha la competenza a conoscere delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali». E questo, secondo il testo, vale anche «per i processi in corso» (articolo 18).
Nel documento, infine, trovano un ruolo fondamentale i prefetti, che avranno il compito di «coordinare per
gli aspetti dell’ordine e della sicurezza pubblica con il dipartimento della Protezione civile, gli interventi e la struttura organizzativa necessari per fronteggiare eventi calamitosi». Quasi spariscono, invece, i sindaci, ai quali le Regioni possono attribuire, «se del caso», il coordinamento «dei servizi di primo soccorso». Solo questo. Non la prevenzione e previsione delle calamità, che sarebbe il compito principale della Protezione civile. La logica del codice è quella di un accentramento di funzioni in capo alla presidenza del Consiglio e alle figure da essa direttamente nominate. Un potere straordinario che comprende una possibilità di spesa pressoché infinita.
Secondo l’articolo 31 del nuovo codice, nella presidenza del Consiglio viene costituito il «Fondo nazionale della Protezione civile». Ma il Fondo, per così dire, è senza fondo: «Il ministero del Tesoro è autorizzato ad apportare, su proposta del ministro per il
coordinamento della Protezione civile, le variazioni compensative che si rendessero necessarie». Al di fuori della legge Finanziaria. Nessun ministro, neppure il più potente, può finora godere di tale privilegio. Spendere soldi senza neppure passare dal voto del Parlamento.
Tra le nuove “emergenze” che la Protezione civile potrà affrontare per ordinanza spicca il «rischio sanitario», competenza direttamente sottratta al neonato ministero della Salute. Un primo assaggio di cosa la Protezione civile può fare in questo campo è possibile gustarlo rileggendo le ordinanze che riguardano l’influenza aviaria. E osservando il terribile flop delle vaccinazioni: 24 milioni di dosi, per meno di 900mila somministrazioni. Il 31 luglio 2009 Berlusconi, su proposta di Bertolaso, vara l’ordinanza 3798. Afferma che il ministero del Lavoro e del welfare può «acquisire in termini di somma urgenza la fornitura di dosi di vaccino, farmaci
antivirali e i dispositivi di protezione individuale necessari per assicurare la vaccinazione di almeno il quaranta per cento della popolazione». Tutto ciò grazie ai «poteri» concessi da un’altra ordinanza, varata sei anni prima, la 3275 del 2003. Cosa ha che fare questa vecchia ordinanza con l’emergenza influenzale? Nulla, a un primo sguardo. L’ordinanza del 2003 concede al solito Bertolaso i gradi di commissario per «fronteggiare l’emergenza derivante dall’attuale situazione internazionale». Era l’epoca della “bufala antrace”. Sei anni dopo l’ordinanza è ancora in vigore, non aveva limiti di tempo. Quindi quelle deroghe e quei poteri sono ancora validi. Tra cui la possibilità di «acquisire a trattativa privata, anche mediante affidamenti diretti, la disponibilità delle necessarie forniture di prodotti sanitari». Da qui il contratto capestro con la Novartis: 184 milioni di euro buttati al vento. Violando, per decreto,
le leggi. Qualcuno si ostina a chiamarla democrazia.