Scritto
nella notte, il primo testo conteneva diversi errori. Guardare questo e non
quello.
Ciao,
Enrico
Come la Germania anni ‘30
Sentiamoci tutti
in debito di vedere questo film, Welcome, di Philippe Lioret,
francese. Ci mostra quello che sappiamo, ma cerchiamo di ignorare, più altri
particolari polizieschi, della guerra francese ai migranti. Con le leggi si
cacciano gli umani discriminati, con l’aiuto di cani cacciatori di umani.
Ma la guerra è
quasi uguale da noi. Si esce dalla sala vergognosi e colpevoli, per il crimine
di lesa umanità perpetrato dai governi, dai legislatori, dalle polizie, e da
noi cittadini sovrani, anche se aborriamo l’infima Lega razzista. All’uscita,
ci guardiamo in faccia, un anziano signore e la moglie, indignati e colpiti
come noi, e ci diciamo: «Come in Germania anni ’30!». Stringo le loro mani
senza poter parlare per il nodo alla gola. Leggete trama e recensioni, ma
guardate il film, per rispetto al dolore che noi causiamo due volte: nei paesi
prima dissanguati dal capitalismo e ora pugnalati dalla
guerra.
Siamo in Francia, 2008, a
Calais, e, secondo le leggi applicate ad arbitrio della polizia, è reato
aiutare un clandestino che cerca di passare in Inghilterra, anche solo
ospitarlo una notte. Sul filo di un amore tra due giovani iracheni – Bilal che
vuole raggiungere Mina in Inghilterra - c’è una storia orrenda e tragica. È
storia nostra, di questi giorni. Anche a Torino c’è un campo di detenzione di
innocenti, colpevoli di essere stranieri in fuga da condizioni che noi non
sapremmo tollerare. Perciò li rinchiudiamo in corso Brunelleschi e li
rispediamo nell’inferno da cui fuggono. Noi cittadini siamo colpevoli di non
ribellarci. Io sono colpevole. Ho fatto solo qualche manifestazione. Ho
scritto più duro che potevo. Non di più.
Gridiamo che legislatori e
governanti sono colpevoli di lesa umanità, legge superiore alle loro leggi
disumane. Poliziotti, informatori, insegnanti, intellettuali, sono colpevoli
di collaborare, o tollerare, o tacere. Sono colpevoli i predicatori del
vangelo che non dichiarano flagellatori di Cristo tutti i colpevoli di
razzismo, noi compresi. Nell’elenco di tutto ciò che offende Dio, i preti non
dicono che solo offendere e scacciare il povero schiaffeggia Dio. Filtrano il
moscerino e ingoiano il cammello.
L’Italia manda,
tutti i partiti d’accordo, migliaia di costosissimi militari in guerre
chiamate pace, in onore al falso, che è la lingua del dominio e del prestigio
armato. E neghiamo il necessario per l’accoglienza umana delle vittime. Per un
profugo che cede alla disperazione, li criminalizziamo tutti. L’Italia
razzista si danna il cuore, e le chiese non lo gridano in piazza, come Giona a
Ninive (che oggi è bombardata).
Ci sono
associazioni di legali per questa causa. Ci sono associazioni di volontari
impegnatissimi. Chiedo a chi vuole di unirci tutti, con l’assistenza
professionale dei primi, per denunciare personalmente alle istanze mondiali ed
europee dei diritti umani gli autori personali del grande crimine di lesa
umanità. I partiti si scambiano accuse personali, e nessuno pone la condizione
assoluta: essere umani.
Noi siamo obbligati a
violare queste leggi. La prigione mi fa paura (forse la eviterei coi miei 74
anni), soldi per pagare risarcimenti non ne ho l’ombra. Ma dobbiamo violarle
insieme, in tanti. Mostrare sulle nostre persone di cittadini l’offesa fatta
agli extra-cittadini. C’è una sola umanità e una sola cittadinanza mondiale.
Certo, gli afflussi non possono essere caotici, per il bene degli stessi
profughi. Il modo si trova se c’è l’animo. E l’animo finora è nemico del
profugo.
Oggi noi siamo
come i tedeschi e i polacchi che vedevano passare i treni piombati o i
prigionieri al lavoro schiavile, e non gridavano. Anche a loro era facile
vedere che non c’era nulla da fare. I ragazzi della “Rosa Bianca” non
tollerarono. A noi è facile anche accusare Pio XII di silenzio, ma oggi il
diritto umano, che è unico, accusa noi, colpevoli dello stesso silenzio.
Io cerco con lo
scritto, e chiedo aiuto a chi sa meglio come agire in tutta chiarezza, di
trovare insieme la più frontale sfida personale e collettiva alle leggi
razziste e alla mentalità feroce che le sostiene e la applica. Tocca anzitutto
ai vecchi come me, che hanno meno da perdere, spendere fino in fondo i
dolorosi apprendimenti della vita, per risvegliare nelle coscienze qualche
seme di giustizia.
Chi mi risponde
disponibile?
Enrico Peyretti, 27
dicembre 2009