Sostengo al massimo
la causa palestinese, anche contro chi l'affida alla violenza. Non ho visto
Lebanon. Del film Valzer con Bashir ho dato una interpretazione diversa da
quella proposta qui sotto.
Enrico Peyretti,
Torino
***
09 01 16 Anime di pietra
Valzer con Bashir, film di
animazione, regista Ari Folman, Israele Germania Francia 2008
Uccidere
uccide. Per salvarti devi uccidere la tua memoria, cioè te. Altrimenti ti
azzanna nel sonno. Il sonno è lo stato di chi è indifeso. Ben a ragione ti
assale nel sonno, perché la guerra è un sonno: non sei presente, sei fuori di
te, e fuori da chi uccidi. In realtà, in guerra sei indifeso, come nel sonno. In
guerra, la paura ti usa. Spari, spari, senza sapere perché, senza neppure
mirare. Oppure mirando, quando ti sembra che la paura si incarni là. La tua arma
vomita, eiacula, ma non sei mai libero. Non viene la quiete dopo questo orgasmo.
Non vedi, non sai chi è colpito. Non è mai la paura, invulnerabile come Achille.
Quelli che colpisci sono dietro un vetro, non sono reali, sono soltanto in
fotografia. Comincia già ora l’incubo che verrà poi. Ma se i tuoi morti sono
cani o cavalli, ti svegliano. Non sono terroristi, come quel bambino nel
frutteto, sono più innocenti della nostra specie, risvegliano l’uomo dal sonno
della guerra. Animali pietosi che, morendo per mano nostra, ci danno un doloroso
soccorso.
Questo film israeliano di
animazione (ma le ultime scene sono documenti filmati) mostra la guerra
israeliana in Libano, mostra la devastazione umana che ogni guerra compie anche
(o soprattutto) dentro chi la fa. Se ha un’anima sensibile. L’incubo riporta
all’occupazione del Libano, 1982, fino alla strage di Sabra e Chatila (o
Shatila), 16-18 settembre, due giorni dopo l’uccisione del leader
cristiano-falangista Bashir Gemayel, da agenti siriani. Vendetta dei falangisti
sui profughi palestinesi dei due campi sigillati alla periferia di Beirut.
Massacrati 450 (fonte esercito libanese), 3.500 (fonti palestinesi), 1000-1500
(Croce rossa internazionale), uomini donne bambini, naturalmente come
“terroristi”. I soldati israeliani vedono dall’alto, non impediscono, Sharon è
accusato di avere consentito.
Vedere questo film nei
giorni del genocidio israeliano a Gaza testimonia la coscienza di Israele, la
memoria dolorosa, non cancellata, che salverà Israele dal suo peggiore nemico,
se stesso. È la sua classe politico-militarista ancora dirigente che esprime la
cecità prodotta dall’illusione di superiorità e separatezza. Anche questo è un
incubo: l’incubo della Shoah patita. La violenza subita pietrifica quanto la
violenza inflitta, dice Simone Weil. Perciò l’anima pietrificata nazista è
ancora operante. E la vendetta pietrosa e pietrificante è all’opera nel mondo,
nei molti fondamentalismi (meglio: assolutismi, perché non accettano la
relazione). Ma questo film pregevole vuole anche dire che ogni incubo si può
elaborare, si può curare. E comunque si deve affrontare. Questa parte di Israele
lo affronta.
Enrico
Peyretti, 16 gennaio 2009
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----- Original Message -----
Sent: Thursday, October 29, 2009 1:10
PM
Subject: [pace] Film Lebanon
LE MENZOGNE DI LEBANON
Un film razzista
A pochi giorni dalla pubblicazione del rapporto Goldstone, da parte del Consiglio per
i diritti umani dell’ONU, che documenta le violazioni del diritto
internazionale, i crimini di guerra e contro l’umanità commessi dall’esercito
israeliano durante il massacro di Gaza (dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio
2009 ci sono stati oltre 1400 morti, tra i quali centinaia bambini), esce
nelle sale LEBANON, di Samuel
Maoz, Leone d’Oro a Venezia.
Al film ha contribuito l’Israel Film Fund, l’ente
nazionale per il cinema, che continua la politica tesa a mostrare al mondo il
volto umano e tormentato di Israele: uno
stato che da 60 anni occupa illegalmente i territori palestinesi, discrimina i
suoi cittadini in base all’etnia, impedisce il diritto al ritorno nella loro
terra dei palestinesi cacciati da una pulizia etnica che prosegue tuttora, con
il genocidio a Gaza, con uccisioni mirate, insediamenti illegali,
imprigionamenti, distruzione e sottrazione delle risorse economiche e il Muro
dell’aparheid, in tutta la Palestina.
LEBANON
non è il primo film israeliano che compatisce,
deresponsabilizza e, infine, assolve i massacratori, ieri in Libano oggi a
Gaza. Valzer con Bashir ne è un
altro esempio.
LEBANON
è un film razzista: il 6 giugno
1982 inizia l’invasione israeliana del Libano. Dopo le immagini di un campo di
girasoli maturi, la scena si sposta all’interno del carro armato, dove fanno
la loro parte nella guerra quattro giovani soldati, ignari, perché
probabilmente distratti a scuola.
Come il loro comandante, un duro dal cuore tenero, sono
belli, umani, sensibili fino alle lacrime, affettuosi e rispettosi della
famiglia.
Almeno quanto gli altri, nemici o alleati, sono brutti,
disumani, insensibili: il guerrigliero, con tanto di kefiah, usa addirittura
una famigliola come scudo umano (mentre il rapporto Goldstone sui crimini di
guerra e umanitari a Gaza denunciare l’uso di scudi umani da parte di
Israele.)
Compiuto il loro dovere, con perdite limitate (mentre
l’invasione lasciò sul terreno 19.085 morti libanesi) il carro armato si
ritrova nel campo di girasoli: e una scritta recita “gli uomini sono
d’acciaio, i carri armati sono ferraglia”.
LEBANON
è un film brutto: dopo l’originale
scenografia claustrofobica, non si risparmia nulla: dall’allevatore di polli
colpito dal fuoco israeliano che, rimasto senza due gambe e un braccio,
continua a gridare “pace”, alle lacrime dell’asino squarciato, alla donna
usata come scudo umano che, con le vesti incendiate dal fosforo, viene prima
denudata (per salvarla) poi ricoperta e accarezzata da chi le ha appena ucciso
il marito e la bambina. Non è solo pacifismo grossalano, è solo un brutto
film, che oscilla, senza decidersi, fra il sentimentale e il
grottesco.
Come spiegare la vittoria a Venezia se non con il piano
del governo israeliano di recuperare una immagine dopo la feroce aggressione
contro la popolazione inerme di Gaza? Il documentario, altrettanto razzista Amos Oz: la natura dei sogni
presentato al festivaletteratura di Mantova ne è la clamorosa
conferma.
La misura del livello morale e intellettuale del
regista Samuel Maoz, reduce dall’invasione del Libano del 1982, come Ari Folman
regista di “Valzer con Bashir”, basta questa dichiarazione:
“…Comunque per fare la pace in Medio Oriente il migliore
era Clinton. Anzi, secondo me, sarebbe bene che Obama guardasse un po’ di
filmati su Clinton per capire come comportarsi.… in Israele Clinton resta il
più amato e anche gli arabi lo preferiscono... forse c’entra la storia della
Levinsky. In America hanno gridato allo scandalo, in Europa non è stato così.
Anzi, quell’episodio fa parte del suo fascino, vederlo mentire senza battere
ciglio, come un qualunque marito, gli ha fatto guadagnare
simpatie”.
PER QUESTI MOTIVI NON CONSIGLIATE AI NOSTRI AMICI DI VEDERE QUESTO FILM.
LE VERITÀ SU “PACE IN GALILEA”
L’operazione “pace in Galilea”, nome in codice della seconda invasione
del Libano del 1982 da parte di Israele, vede le truppe israeliane arrivare
fino a Beirut, la capitale libanese, teatro di un assedio che durerà quasi tre
mesi. L'eliminazione senza mezzi termini di un movimento nazionale tanto
radicato nella popolazione palestinese come l'OLP, che gode di un ampio
sostegno da parte di vasti settori della popolazione libanese, richiedeva una
campagna militare di una portata e di una violenza senza precedenti, che si
realizza scatenando la potenza di fuoco israeliana contro i campi-profughi
palestinesi, definiti «focolai del terrorismo», e contro le città e i villaggi
libanesi. L’altro obiettivo era
l’occupazione di territorio libanese.
Le testimonianze di alcuni soldati israeliani, veterani della guerra
del Libano raccolte da Irit Gal e Ilana Hammerman per il loro libro, De Beyrouth à Jenin [Da Beirut a Jenin], La Fabrique 2003,
narrano l'orrore di questa guerra di eliminazione. Ouri Schwartzman, sergente
riservista in servizio sui carri armati, ricorda: «Il mio primo shock è stato
l'entrata a Tiro. Niente può prepararti a entrare in una città bombardata e
piena di civili. Gli aerei e la marina avevano bombardato la città prima del
nostro arrivo. Quando sono giunte le forze di terra, la città era in fiamme.
Si vedevano strade che andavano a fuoco come in un film catastrofe, e
automobili polverizzate; nell'aria aleggiava un odore di carne bruciata che
impregnava tutto; qua e là, gruppetti di civili vagavano senza meta, in stato
confusionale, in quell’incomprensibile desolazione [ ... ]. Non so se qualcuno abbia mai fatto il
calcolo delle vittime di Tiro e di Sidone, ma mi ricordo che, dopo la guerra,
un ministro ha affermato che il numero delle vittime era stato sovrastimato,
che probabilmente erano solo 3000. Sono inorridito nel sentire tale cifra:
uccidere 3000 civili è un crimine, un crimine spaventoso!».
Qualche giorno dopo, il sergente Schwartzman è alle
porte della capitale: «Il bombardamento di Beirut era impreciso, non
selettivo, selvaggio. Le granate dell'artiglieria si abbattevano senza tregua.
Una batteria di artiglieria pesante situata poco dietro di noi sparava senza
sosta. [ ... ] Nessuno dei politici responsabili di quanto accaduto a Tiro, a
Sidone, a Damur o a Beirut ne ha pagato il prezzo. E in questo caso non si può neanche dire,
come per Sabra e Chatila*, che sono state le falangi a compiere i massacri di
Tiro, di Sidone, di Damur e di Beirut; siamo stati noi a uccidere i
civili»
L'operazione «pace in Galilea» si concluse con 19.085 morti, 31.915
feriti, 2202 invalidi e circa mezzo milione di profughi e con la devastazione
dell'economia libanese.
Il carro armato di Lebanon è il simbolo di Israele, una
società militarizzata dominata da un complesso culturale-militare-industriale,
votato alla guerra contro popolazioni civili.
Un paese che dall’11 settembre ha ricavato prodotto
enormi profitti con l’industria della “sicurezza”, diventando leader nella
progettazione e nella produzione di sistemi di controllo delle popolazioni
civili. Un paese che possiede, senza alcun controllo, oltre 200 testate
nucleari con le quali può controllare e minacciare i paesi del Mediterraneo e
non solo.
* Sabra e Shatila sono due campi profughi alla
periferia di Beirut dove furono
massacrati, tra il 16 e 18 settembre del 1982, dalle milizie cristiane
libanesi in un'area direttamente controllata dall'esercito israeliano,. più di
3.000 palestinesi, uomini, donne e bambini.
QUESTO VOLANTINO E' PRODOTTO NEL QUADRO DELLA CAMPAGNA DI BOICOTTAGGIO ACCADEMICO E CULTURALE DI ISRAELE, seguendo un appello palestinese al boicottaggio accademico e culturale. Per saperne di più sull’appello BDS, sul boicottaggio accademico e culturale di Israele e sull’ISM – Italia consulta il sito:
http://sites.google.com/site/italyism e i siti
www.bdsmovement.net, www.pacbi.org, www.boicottaisraele.it.
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Palestina News - voce di
ISM (International Solidarity Movement) Italia http://www.ism-italia.it