La frattura politica Iraniana
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- Date: Sun, 21 Jun 2009 23:55:55 +0200
La frattura politica Iraniana 21/06/2009 Farshid Nourai Chi immaginava l’Iran come
un paese monocromatico con una chiara e precisa impronta fideistica
è stato ampiamente smentito in questi giorni. La vitalità culturale iraniana è
difficilmente paragonabile ai paesi del mondo musulmano. Le organizzazioni e le
associazioni della società civile, pure vivendo una pesante censura politica,
godono una vivacità d’azione esemplare nel medioriente. La
popolazione alfabetizzata supera l’87% tra gli uomini e il 77% tra le
donne. 107 università pubbliche e altre centinaia private garantiscono
istruzioni superiori. Solo la Prima Università di Teheran licenzia 32.000
laureati all’anno. La crisi iraniana fonda le sue
radici in un disagio sociale e politico cominciato dal primo giorno dopo il
cessate fuoco con l’Iraq e la fine del periodo di emergenza bellica. La
Repubblica Islamica Iraniana, pur essendo l’unico paese tra quelli
fondati sulla legge islamica dove sono state celebrate costanti e significative
consultazioni elettorali dalla sua nascita nel 1979, pur rispettando la
scadenza fissata dalla Costituzione, pur riconoscendo alle donne il diritto di
voto attivo e passivo, pur essendo il primo stato islamico a prevedere il
pieno accesso delle donne alla sfera pubblica, non è stata capace di garantire
una vera libertà sociale e politica ai suoi cittadini. L’Iran è il quarto
produttore del petrolio al mondo ed esporta 2 milioni e mezzo di barili
di greggio al giorno (il 30% nei paesi europei e circa il 13% solo in Italia).
La crescita media del Pil, registrata nel triennio 2005 -2007 è stata tra le
più dinamiche nei paesi mediorientali (+5.7% in termini reali). Tuttavia
l'incapacità del sistema di garantire la libertà politica, la giustizia
sociale, sommata alla diffusa corruzione amministrativa e alla pesante
burocrazia, ha reso insopportabile la sofferenza della popolazione giovane del
paese (il 27% dei 70miloni della popolazione iraniana, ha un età
inferiore ai 15 anni ed il 65% meno di 35). L’inflazione galoppante
(18.6%, nel 2008 e 25.3% maggio 2009) e l’aumento del tasso di
disoccupazione (2005 al 18.6% 2008) mettono in grave disagio le fasce più
deboli della società iraniana. Le precedenti insurrezioni , per
la maggior parte studentesche, del 1999 e 2003, non hanno trovato un
appoggio politico significativo per cui sono state domate dai gruppi di
pressione (milizie di Bassij) e da ondate di arresti. Neanche la
nomenclatura riformista, nel 2003 durante la presidenza di Khatami,
appoggiò il movimento studentesco che chiedeva
giustizia e libertà sociale. Lo strapotere dei conservatori aveva
ridotto significativamente il potere di Khatami. Dietro la richiesta dell’
annullamento delle elezioni di voto, in realtà, gli iraniani chiedono
giustizia e libertà sociale e politica. Per la prima volta dopo la
costituzione della Repubblica gli iraniani trovano sostegno politico
all’interno del sistema tra i riformisti di Mussavi e Khatami, con il
forte appoggio di Hashemi Rafsanjani, eminenza grigia del regime,
attualmente presidente della commissione per la risoluzione delle controversie
“Majma'-e Tashkhis-e Maslahat”: l’organo di maggior potere
dopo la Giuda suprema. E’ infatti la prima volta
che l’establishment mostra la sua frattura interna in maniera palese. La
rottura diventò pubblica quando Ahmadinejad, appoggiato da potenti esponenti
del clero di vecchia generazione, durante la campagna elettorale, in un
dibattito televisivo, accusò Rafsanjani di corruzione e appropriazione
del bene pubblico. La grave accusa provocò una forte reazione di
Rafsanjani . Dietro le manifestazioni si
consuma un aspro scontro tra diverse anime della Repubblica Islamica. La
Guida Suprema, Khamenei, nel sermone di venerdì, ha appoggiato Ahamadinejad
ma, anche ha scagionato Rafsanjani dalle accuse di
Ahamadinejad , pur sottolineando la diversità della sua visione politica
dall’amico Rafsanjani. La Guida Suprema ha ammonito fortemente i
riformisti ordinando la fine delle manifestazioni di piazza. La
manifestazione di potere di Khamenei ha trovato subito la sottomissione di
Ahamadinejad e sprofondato, finora, Rafasanjani nel silenzio. Muossavi e Khatami continuano per
ora sulla linea di contestazione, forti dell’appoggio popolare, che
non consiste solo del popolo manifestante ma anche di milioni persone
scontente che per ora rimangono in attesa. Anche perché sanno che
Muossavi e Khatami da soli non potranno garantire l’incolumità dei
manifestanti: un esempio si è visto nelle manifestazioni di sabato. Sembra che Rafsanjani rimanga
l’unica persona di potere reale che può costringere gli
intransigenti del regime ad un cambiamento rilevante. E’
significativo: da una parte, la mancanza della sua firma sulla dichiarazione
della commissione per la risoluzione delle controversie, da lui presieduta, in
appoggio al sermone di Khamenei e, dall’altra, l’arresto di
sua figlia e di altri 4 membri della sua famiglia accusati di avere partecipato
alle manifestazioni illegali. E’ importante notare che Il
grande ayatollah Hossein Montazeri, il più importante leader religioso
dissidente in Iran, ha dichiarato che la mancanza di libertà per la popolazione
di dimostrare il dissenso è contro la religione islamica. Tale dichiarazione
non influenzerà le sfere politiche iraniane ma sicuramente offre una
legittimità che ha i suoi effetti tra la popolazione religiosa. Il maggiore pericolo consiste in
un possibile accordo interno tra le diverse anime del regime e, di conseguenza,
nell’abbandono del popolo manifestante. In questo caso la repressione
sarà immediata e la sua violenza coinvolgerà anche tutte le aree moderate della
società iraniana, all’esterno dell’establishment, che hanno
appoggiato le manifestazioni. Tutti gli appelli riformisti invitano la
popolazione ad azioni pacifiche e di disobbedienza civile. Sono stati rifiutati
la solidarietà espressa dallo stato israeliano e americano per evidenziare
l’indipendenza del movimento. Tuttavia, è difficile prevedere la reazione
della popolazione iraniana nel caso di una repressione violenta. Associazione
per la Pace Italian
Peace Association Via
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