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Newsletter Sopralluoghi in Palestina N.7
- Subject: Newsletter Sopralluoghi in Palestina N.7
- From: Marino <marino222 at virgilio.it>
- Date: Tue, 07 Apr 2009 16:15:03 +0200
-------- Messaggio Originale -------- Da: Assopace Jerusalem <jerusalem at assopace.org> *SOPRALLUOGHI IN PALESTINA Fotogrammi di un conflitto 7 film da Palestina/Israele* ArciArcobaleno Via Pullino 1 (Garbatella – Roma) www.arciarcobaleno.it <http://www.arciarcobaleno.it> * * Entrata a sottoscrizione libera (e’ necessaria la tessera ARCI valida per il 2009 – costo 5€) Info: +39 331 7858469 sopralluoghipalestina at gmail.com <mailto:sopralluoghipalestina at gmail.com> Prossima proiezione: */Domenica 19 aprile 2009, ore 20.30 /*_*/Dispatches: The Killing Zone, /*/di Sandra Jordan /*/ /*/(Inghilterra, 2003, 49’, Sott. Italiano - www.ifamericansknew.org/cur_sit/kzone.html)/*/ /*_/ /_ _/ Un'amara testimonianza delle condizioni disumane in cui versano gli abitanti della striscia di Gaza, imprigionati tra il fuoco dell'esercito occupante israeliano, la presenza delle colonie, la continua demolizione di case, la violenza ed il silenzio della comunità internazionale. Girato in onore degli attivisti Rachel Corrie, Tom Hurdnall ed il cameraman James Miller.// /_ _ _ _ _ _*NEWSLETTER n.7 *_ _*…tutte le notizie da Israele e Palestina della settimana* _ *ARTICOLI* _Da Israele…_ *“Il ministro della difesa cerca di nascondere il balzo a destra”* di Uri Avnery Il nuovo governo d'Israele è l'esecutivo di Biberman (Bibi Netanyahu e Avigdor Lieberman)? O forse di Bibarak (Bibi e Ehud Barak)? Nessuno dei due. È il governo di Bibiyahu. Binyamin Netanyahu si è dimostrato un politico consumato. Ha realizzato il sogno di tutti i politici (e di tutti quelli che vanno a teatro): un buon posto al centro. Nel suo nuovo governo può opporre i fascisti a destra e i socialisti a sinistra, i laici di Lieberman contro gli ortodossi di Shas. Una situazione ideale. La coalizione è ampia abbastanza da essere immune al ricatto dei partiti che la compongono. Se qualche membro laburista violasse la disciplina di partito, Netanyahu disporrebbe comunque della maggioranza. O se fossero gli esponenti della destra a creargli problemi. O se gli ortodossi cercassero di accoltellarlo alle spalle. Questo governo non ha un programma. Le sue «linee guida fondamentali» sono completamente nebulose. (E comunque, le linee guida non hanno alcun valore. Tutti i governi israeliani le hanno infrante senza battere ciglio). Tutto questo Netanyahu l'ha acquistato a basso costo: pochi miliardi di promesse economiche che non si sogna minimamente di mantenere. Le casse sono vuote. Come nella celebre frase di uno dei capi di governo che lo hanno preceduto, Levy Eshkol: «Ho promesso, ma non ho promesso che avrei mantenuto le mie promesse». Inoltre Netanyahu ha concesso ministeri a tutti, indistintamente. Questo piccolo paese avrà 30 ministri e sei vice-ministri. Ma il suo capolavoro è stato l'aver fatto entrare nella coalizione il Partito laburista. In questo modo Netanyahu ha trasformato un governo di appestati, che sarebbe stato visto dal mondo intero come una folle ammucchiata di ultra-nazionalisti, razzisti e fascisti, in un esecutivo di centro, sano ed equilibrato. Tutto questo, senza cambiarne minimamente la natura. Il sostenitore più entusiasta di questa impresa è stato Lieberman, il nuovo ministro degli esteri israeliano. Questo personaggio razzista fino all'estremo, questo fratello spirituale del francese Jean-Marie Le Pen e dell'austriaco Joerg Haider, era molto in ansia per il suo destino. Immaginava di porgere la mano a Hillary Clinton e di essere lasciato con il braccio a mezz'aria. D'avvicinarsi ad Angela Merkel per baciarla e vederla ritrarsi inorridita. Spiacevole. L'aggiunta del Partito laburista risolve il problema di tutti. Se nel governo entrano i socialdemocratici, allora tutto questo parlare di fascismo dev'essere insensato. Ovviamente, Lieberman è stato equivocato, rappresentato in modo sbagliato. Non è affatto un fascista né un razzista, per l'amor del cielo. A dire il vero, Ehud Barak ha dato una certificazione kosher all'intero governo. Egli continua la gloriosa tradizione del Partito laburista di prostituzione politica. Nel 1977, Moshe Dayan entrò nel nuovo governo di Menachem Begin e gli dette una certificazione kosher, quando Begin era considerato dal mondo intero un pericoloso avventuriero nazionalista. Nel 2001, Shimon Peres entrò nel nuovo governo di Ariel Sharon e gli dette una certificazione kosher, quando il mondo intero vedeva in Sharon il responsabile del massacro di Sabra e Shatila. Il Partito laburista è un partito di governo. Non è mai stato nient'altro. Già nel 1933 era succeduto al movimento sionista, e da allora ha governato lo Yishuv (la comunità ebraica prima del 1948 in Palestina) e lo stato ininterrottamente, fino all'ascesa al potere di Begin nel 1977. Per 44 anni consecutivi ha detenuto un potere incontrastato sull'economia, sull'esercito, sulla polizia, sui servizi di sicurezza, sul sistema scolastico, sul sistema sanitario e sull'Histadrut, l'allora potentissima confederazione sindacale. Il partito non è capace di fare opposizione. Non sa che cosa sia, e ancor meno sa cosa farsene. Il Likud soffre della sindrome opposta. I loro predecessori sono stati all'opposizione durante i giorni dello Yishuv e nei primi 29 anni di vita dello stato. I membri del Likud hanno l'opposizione nel sangue. Anche oggi, dopo molti anni al governo (con alcune interruzioni), si comportano da opposizione. Sono gli eterni discriminati, infelici e risentiti, gente che guarda dentro da fuori, piena di odio e invidia. Ehud Barak incarna la sindrome del suo partito. Tutto gli è dovuto. Il potere gli è dovuto, il Ministero della difesa gli è dovuto. Non sarei stato sorpreso se avesse insistito su una clausola nell'accordo di coalizione che lo nominasse Ministro della difesa a vita. I governi vanno e vengono, ma Ehud Barak deve essere il Ministro della difesa - sia il governo di destra o di sinistra, fascista o comunista, laico o teocratico. *Lo stato palestinese? Mai* Per quanto riguarda la questione più importante, c'è completa unanimità. Lieberman, Netanyahu, Barak, Ellie Yishai dello Shas e Danny Hershkovitz del partito della «Patria ebraica» hanno una totale sintonia sui palestinesi. Giudicano tutti necessario impedire che si costituisca un vero stato palestinese. Sono tutti d'accordo sul fatto di non parlare con Hamas. Tutti quanti sostengono gli insediamenti. Durante il mandato di Barak come primo ministro, gli insediamenti sono cresciuti ancor più velocemente che durante la permanenza in carica di Netanyahu. Lieberman è egli stesso un colono, il partito di Hershkovitz rappresenta i coloni. Dopo tutto, è stato Barak, non Netanyahu o Lieberman, a coniare lo slogan «Non abbiamo partner per la pace». Quale sarà dunque la vera piattaforma di questo governo? In quattro parole: inganno per la patria. Ma sul percorso scelto da questo governo c'è un macigno enorme: gli Stati Uniti d'America. Mentre Israele ha fatto un grande balzo a destra, gli Usa hanno fatto un grande balzo a sinistra. È difficile immaginare un contrasto maggiore di quello tra Binyamin Netanyahu e Barack Obama. O di quello tra i due Bara(c)k: Barack Obama e Ehud Barak. Netanyahu è consapevole di questo problema, forse più di qualunque altro leader israeliano. È cresciuto negli Usa dopo che suo padre, professore di storia a Gerusalemme, si sentì defraudato del posto che gli sarebbe spettato nel mondo accademico per le sue idee di estrema destra e andò in America. Lì Binyamin frequentò le scuole superiori e l'università. Parla correntemente l'inglese americano di un commesso viaggiatore. *Con Obama sarà scontro. *Se c'è una cosa che unisce praticamente tutti gli israeliani, da destra a sinistra, è la convinzione che la relazione tra Israele e gli Usa sia cruciale per la sicurezza dello stato. Perciò la principale preoccupazione di Netanyahu è impedire una frattura seria tra i due paesi. Barak è stato ammesso al governo proprio per evitare un simile scontro. Netanyahu vuole recarsi in visita alla Casa Bianca con al suo fianco Barak, non Lieberman. Lo scontro appare inevitabile. Obama vuole creare un nuovo ordine in Medio Oriente. Egli sa che il conflitto israelo-palestinese avvelena l'atmosfera contro l'America nel mondo arabo e - a dire il vero - in tutto il mondo musulmano. Vuole una soluzione del conflitto - proprio ciò che Netanyahu e soci vogliono impedire a qualsiasi prezzo, tranne il prezzo di una rottura con gli Usa. Come riuscirci? La soluzione è scritta nella Bibbia (Proverbi 24:6): «Ché la guerra si fa con calcoli meditati». (Nella versione di re Giacomo, la parola ebraica Takhbulot è tradotta con «consiglio saggio». In ebraico moderno essa significa inganni, sotterfugi, stratagemmi - ed è questo il modo in cui la intendono oggi tutti coloro che parlano l'ebraico). * Fingere di fare la pace* Sin dal suo inizio, i leader del sionismo hanno sempre saputo che la loro visione necessitava di una grossa dose di finzione. È impossibile prendere il potere in un paese abitato da un altro popolo senza nascondere lo scopo, deviare l'attenzione, celare le azioni sul terreno dietro uno schermo di belle parole. Tutti gli stati mentono, naturalmente. Quattrocento anni fa un diplomatico britannico, Sir Henry Wotton, osservava: «Un ambasciatore è un uomo sincero mandato a mentire all'estero per il bene del suo paese». Per le speciali circostanze della loro impresa, forse i sionisti hanno dovuto usare l'inganno un po' più del solito. Ora bisogna presentare al mondo, e specialmente agli Usa e all'Europa, un'immagine falsa, fingendo che il nostro nuovo governo aspiri alla pace, mentre farà esattamente l'opposto. Chi ha buone orecchie sente già Netanyahu, Lieberman e Barak cominciare a baloccarsi con la «iniziativa araba di pace». La Lega araba include 22 governi, alcuni dei quali collaborano con la leadership israeliana senza dare nell'occhio. Si può stare certi che non decideranno niente di concreto. Ma per ingannare, come per ballare il tango, bisogna essere in due: chi inganna e chi vuole essere ingannato. Netanyahu pensa che Obama vorrà essere ingannato. Perché dovrebbe litigare con Israele e prendere di petto la potente lobby filo-israeliana e il Congresso americano, quando può accontentarsi delle parole rassicuranti di Netanyahu? Per non parlare dell'Europa, divisa e oppressa dalla colpa dell'Olocausto, e del patetico Tony Blair che si aggira come un fantasma inquieto. Ma Obama è disposto a interpretare, come hanno fatto quasi tutti i suoi predecessori, il ruolo dell'amante ingannato? Il governo Biberman/Bibarak/Bibiyahu è convinto che la risposta sia un «sì» convinto. Io mi auguro che sarà un convinto no. (Traduzione Marina Impallomeni) *“Trattamento preferenziale”* di Gideon Lévy – per Haaretz /Basta con le paranoie: il mondo non è contro di noi. Anzi: non c’è nessun’altro stato a cui i membri della famiglia delle nazioni perdonino in questo modo gli omicidi, le colonie e l’occupazione che porta avanti. Non c’è quindi ragione di temere il futuro. Il mondo accetterà docilmente la squadra da sogno Netanyahu-Lieberman-Ya’alon e manderà giù tutto ciò che gli si farà trangugiare. Perchè? Così. Rallegratevi di vivere in Israele in questi tempi meravigliosi e state zitti. / Coincidenza? L’indomani della partita di tennis, senza pubblico, tra Israele e Svezia, una piccola notizia è apparsa sul sito Internet di Haaretz: degli storici hanno scoperto che la Svezia, ex potenza del tennis, aveva aiutato la macchina da guerra nazista concedendo credito alle imprese tedesche. Coincidenza o no, neutrale nel 1941 o no, 68 anni dopo, l’opinione pubblica svedese non è affatto neutrale: migliaia di persone hanno manifestato contro Israele che è stato costretto a giocare a tennis, come un lebbroso, senza pubblico. Nessuno in Israele ha chiesto perché Israele è trattato in Svezia come un lebbroso. Nessuno ha osato chiedere se la guerra a Gaza valeva il prezzo che ora paghiamo, da Ankara a Stoccolma. Ci è bastato ricordare che gli Svedesi sono sempre stati contro di noi. Il fatto che ci siano stati dei periodi in cui gli Svedesi si siano sprofondati nell’amore d’Israele è stato eliminato dalla coscienza. Il mondo è sempre contro di noi, ecco tutto. Solo che il mondo non è contro di noi. Anzi è vero il contrario: la verità è che non c’è nessun altro stato a cui il mondo lasci correre anche facilmente i suoi capricci, ancora oggi. Sì, anche oggi. Certo, l’opinione pubblica mondiale è molto critica a volte nei confronti di Israele. Ma la maggioranza dei governi, tranne il Venezuela e la Turchia ma compresi l’Egitto e la Svezia, sono ben lontani da quanto si mormora nella loro opinione pubblica. Il mondo ufficiale continua ad essere a fianco di Israele, nonostante tutti i suoi misfatti. L’ascesa di Hamas, il rafforzamento dell’odio dell’Islam in Occidente e l’egemonia americana danno un aiuto potente, e noi sappiamo meravigliosamente trarne tutto il profitto possibile. Che differenza c’è tra il tennista nazionale Andy Ram e il tennista nazionale Thomas Johansson? Il fatto è che Johansson e i suoi fans impegnati hanno visto le immagini di Gaza mentre Ram e i suoi fans spensierati probabilmente non le hanno viste. Se Andy Ram avesse visto le immagini, forse anche lui avrebbe manifestato. Ma questo fastidio è stato risparmiato a Ram, come alla maggioranza degli Israeliani, e ciò grazie ai media israeliani mobilitati per rimpinzare e oscurare. E’ davvero permesso, a Andy Ram e a noi, ingiuriare chi è rimasto scioccato dalle immagini provenienti da Gaza? Chi osa protestare contro i responsabili di queste scene? Pretendiamo, ancora una volta, che tutti stiano zitti? I manifestanti di Stoccolma portavano striscioni contro la violenza e il razzismo. Si può senza dubbio chiedere perchè manifestino solo contro di noi – ci sono ancora altri luoghi razzisti e violenti nel mondo –, ma non è possibile chiedersi semplicemente perché manifestano? Non c’è stata violenza a Gaza e non c’è razzismo in Israele? Se noi fossimo svedesi, non staremmo protestando contro la morte e la distruzione disseminate per niente da Israele?Ma non bisogna nemmeno agitarsi troppo per l’opinione pubblica tempestosa in Svezia; il loro governo di destra è, come tutti i governi europei, infinitamente meno agitato. Ci basterà ricordare questa scena surrealista quando, al culmine dell’attacco brutale contro Gaza, i dirigenti dell’Unione Europea sono venuti in Israele, hanno pranzato alla tavola del Primo ministro, dimostrando un sostegno unilaterale a fianco dell’omicida e del distruttore, senza pensare di visitare Gaza né aprire bocca per criticare Israele. Questa è l’Europa ufficiale. *Niente da temere* Ora, alla vigilia della costituzione di un nuovo governo, s’insinua il timore che a motivo della sua composizione, Israele debba pagare un costo internazionale elevato. Nessuna preoccupazione: tutto andrà come sempre. Il mondo accoglierà Benjamin Netanyahu come l’uomo di stato numero 1 d’Israele, Avigdor Lieberman come l’ambasciatore numero 1 e Moshe Ya’alon come il soldato numero 1. Le dichiarazioni aggressive di Lieberman e le violenze dell’esercito israeliano sotto il comando di Ya’alon nei Territori [occupati], non costituiranno un ostacolo. Anche il mondo le accetterà. Ugualmente, il timore che si rafforza, secondo cui la nuova amministrazione americana potrebbe modificare le regole del gioco, ha delle chance di rivelarsi esagerato. Anche la nuova America di Barack Obama si è già impegnata a ripulire i disastri di Israele, come al solito. I 900 milioni di dollari che l’amministrazione si è impegnata a dare per la ricostruzione di Gaza, senza una parola di critica contro chi ha causato queste distruzioni, come se esse fossero opera del cielo e non di un esercito senza freni, e il tutto per di più nella situazione economica attuale degli Stati Uniti, sono di cattivo augurio per chi spera in un cambiamento. E’ con armi americane che Israele ha distrutto Gaza, dopo di che America ed Europa di seguito passano ad aggiustare – non è la prima volta e non sarà l’ultima. Ciò che è stato sarà; il macellaio ucciderà e il sistema metterà a posto: Israele continuerà a devastare e l’America a passare dopo, senza dire niente. Cattivo presagio? Sì, per chi pensa che il cambiamento non potrà venire che da fuori, o in altre parole, dall’America. Vedete come è ostacolata la Conferenza di Durban II, per timore di una linea dura che sarebbe adottata nei confronti d’Israele. Vedete come è stata annullata, negli Stati Uniti, la nomina di Charles Freeman alla testa del National Intelligence Council, sotto la pressione della onnipotente lobby ebraica *(*)*. Perché? Perché è «anti-Israele». Qualcuno conosce un altro paese che possa godere di un sostegno internazionale così ampio? Ma noi ci lamentiamo sempre: il mondo intero è contro di noi. Va bene per serrare le fila qui ed è eccellente per spillare sempre più sostegno nel mondo…Le oscure profezie di un cambiamento nei rapporti degli Stati Uniti con Israele, sono vecchie come lo Stato. Ogni volta che l’amministrazione cambia negli Stati Uniti, il timore riacquista forza. Ma di Presidente in Presidente, la nostra forza aumenta: quando George Bush è salito alla presidenza, ci hanno messo in guardia contro questo Texano, amico degli Arabi e del petrolio, e cos’è successo? Non c’è mai stato un Presidente così “dalla parte di Israele”, che ha dato a tal punto carta bianca per tutte le sue colonie, i suoi omicidi e le sue conquiste. Anche Obama fa paura: eccolo già a discutere con l’Iran e con i Talebani. Si può supporre che anche questo si rivelerà un timore sopravalutato, quando si tratterà d’Israele. * Questo non durerà in eterno?* L’interesse internazionale per Israele è sproporzionato. La settimana scorsa, qualsiasi taxista della città di Bursa, in Turchia, poteva dirvi a memoria i nomi di Lieberman, Tzipi Livni, Benjamin Netanyahu ed anche Avi Mizrahi, il generale che ha criticato il loro paese. Il più piccolo fremito nel processo di coalizione in Israele fa immediatamente titoli cubitali sui giornali di tutto il mondo. La politica interna di nessun altro paese attrae così tanto l’attenzione mondiale. Solo quella d’Israele. Che ciò sia bene o male per gli Ebrei, è difficile riconoscere le radici di questo fenomeno. Sono decenni che il mondo ingoia quasi interamente il racconto sionista. L’occupazione è andata avanti senza veri ostacoli, come pure la colonizzazione, per oltre 40 anni. Al di fuori di qualche brontolio e di qualche risoluzione internazionale che nessuno ha avuto seriamente l’intenzione di far applicare, Israele continua ad appartenere al campo dei buoni. Gli Arabi, loro, sono i cattivi. Il nuovo stato d’animo anti-islam rafforza questa tendenza e Israele ne esce ancora una volta vincente. La critica contro i media occidentali da parte dei simpatizzanti di Israele è, anch’essa, molto esagerata. Una giornalista svedese è stata recentemente licenziata dal suo giornale per essersi schierata a favore del punto di vista palestinese nel conflitto. Si immagina difficilmente che il suo giornale avrebbe agito allo stesso modo se si fosse trattato, per esempio, di una giornalista ebrea che si fosse espressa a sostegno di Israele. Un giorno sono stato intervistato dalla prima catena televisiva francese, una catena commerciale, nel luogo dove l’esercito israeliano aveva ucciso la figlia unica di una donna paralizzata ed ho dichiarato che era uno di quei momenti in cui mi vergognavo di essere israeliano. Le mie parole non sono state diffuse. L’indomani, il reporter della catena mi ha spiegato che, per timore dei telespettatori, gli editori avevano deciso di non diffondere questa frase che avevo pronunciato. Quando un giorno ho pubblicato un articolo sul giornale tedesco Die Welt, che appartiene alla casa editrice di Axel Springer, un editore che esige da tutti i suoi giornalisti che sottoscrivano un impegno a non mettere mai in discussione il diritto all’esistenza dello Stato d’Israele, l’editore mi ha detto: «Se quest’articolo che critica l’occupazione fosse stato scritto da un giornalista tedesco, non sarebbe stato pubblicato da noi». Malgrado le opinioni critiche sempre più forti verso Israele, l’Europa resta molto prudente. Tra colpevolezza del genocidio e paura dell’islam, con un’Europa che si trascina ciecamente dietro gli Stati Uniti ovunque vadano, Israele gode ancora, come stato, di un trattamento privilegiato nel mondo, estremamente privilegiato. Forse ciò non durerà in eterno. Forse più le nostre azioni peggioreranno e più anche le critiche si inaspriranno. Nell’attesa, due guerre inutili in due anni non sono bastate. Ma forse verrà un tempo in cui il mondo ne avrà abbastanza della nostra brutalità e della nostra violenza che minacciano la pace mondiale, e forse ci dirà finalmente: basta con l’occupazione. Basta con queste guerre che Israele lancia e per le quali poi il mondo deve pagare. Forse quando l’a squadra da sogno di Israele, Netanyahu-Lieberman-Ya’alon, si troverà di fronte alla squadra da sogno americana, Obama-Clinton, conservatori contro liberali, istigatori di guerra contro sostenitori del negoziato, ne uscirà qualcosa. Nell’attesa, ricordatevi: Israele ha battuto la Svezia, a tennis, 3-2. Ancora una volta, la giustizia ha prevalso. /*(*)* L’autore della traduzione inglese di quest’articolo per il sito Internet haaretz.com non ha voluto conservare questa frase. [ndt]/ _Dall’Italia…_ *“Demolizioni e confisca delle terre in Palestina, il caso Aqraba”* di Marco Mondino* Mentre a Gerusalemme Est nel quartiere di Siliwan si continua a protestare contro la demolizione di 88 case, l’esercito israeliano ha da qualche settimana emesso nuovi ordini di demolizioni ad Aqraba, un piccolo comune vicino Nablus. Alcuni giovani sventolano la bandiera palestinese, mentre un ragazzo fa il sound check per l’amplificazione, oggi ad Aqraba è una giornata particolare, i cittadini si sono radunati nell’atrio della scuola per discutere e protestare contro il nuovo piano di demolizioni Israeliano che prevede la confisca dei terreni e la distruzione di 15 case, di una scuola, di una piccola moschea e di alcune stalle per gli animali. Il piano riguarda il piccolo villaggio di Khirbit Al Taweel, che si trova a un kilometro da Aqraba. Khirbit Al Taweel è una grande area verde adibita al pascolo e alla coltivazione, le case sono sparse per la valle, l’economia è particolarmente debole e le uniche fonti di sostentamento sono proprio l’agricoltura e la pastorizia, il 62 per cento delle terre sono coltivate a olivi e mandorli, l’8 per cento, a frutta e verdura e il 30 per cento sono utilizzate per il pascolo. Secondo i piani israeliani in quest’immensa area si dovrà costruire una strada che colleghi le colonie che circondano Aqraba. Sì perché le vicende di Aqraba, che si trova a 18 chilometri da Nablus, non iniziano in questi mesi ma risalgano al 1967, quando sono stati confiscati il 76 per cento dei territori per la costruzione di colonie Israeliane. Adesso la città è completamente circondata da 4 colonie: Jetit a est, Ma’ale Ifrayim e Migdalimin a sud e Itamar a nord, ogni giorno gli abitanti devono fare i conti con i problemi derivati dalla presenza dei coloni, problemi che aumentano soprattutto durante la raccolta delle olive quando i palestinesi subiscono gli attacchi da parte degli abitanti della colonia di Itamar nonché le continue incursioni da parte dell’esercito israeliano. La protesta, contro questo piano di demolizioni, suscita una forte attenzione e in poche ore il grande atrio della scuola si riempie, i muri sono pieni di manifesti che denunciano la politica di confisca delle terre da parte di Israele, su uno c’è raffigurato un uomo che coltiva la sua terra ma davanti ai suoi occhi vede solo il muro di separazione. A turno si alternano sul palco il sindaco e altri esponenti locali che denunciano la situazione e spiegano quali saranno le ripercussioni per l’area. Poi è il momento di un’esibizione di dabka (la danza tradizionale) e di un piccolo sketch interpretato dai bambini dove si rappresenta la quotidianità spesso interrotta dalle incursioni dei soldati israeliani che bloccano i lavori nei campi. Parte un corteo e si marcia verso le terre, conosco Saad, uno studenti di fisica, vive ad Aqraba ma studia a Nablus, iniziamo a conversare e mi mostra il bellissimo panorama dell’area e le case che vogliono distruggere. Nell’impervia salita passa un ragazzo su un asino, per risalire ad Aqraba da Khirbit Al Taweel spesso si usano gli animali. L’area è meravigliosa, circondata da alberi di olivi in molti punti, anche Saad ha un terreno coltivato ad olivi, raggiungiamo il punto vicino alla moschea giù a valle e per concludere la giornata viene piantato un albero d’olivo. Storie come queste sono frequenti in Cisgiordania, la confisca delle terre e le demolizioni sono pratiche comuni e i progetti coloniali Israeliani non sembrano arrestarsi. * Ciss (Cooperazione internazionale sud sud) *“Israele: Via dalle ferrovie gli impiegati arabi. “Misura razzista”* di Michele Giorgio – Il Manifesto Gerusalemme – “Per due anni i dipendenti arabi delle Ferrovie hanno lavorato con professionalità, in condizioni difficili, e ora, all'improvviso, vengono discriminati, allontanati per far spazio ai cittadini (ebrei) che hanno svolto il servizio militare”. Scuote la testa Jafar Fara, direttore di Mosawa, un'associazione che si batte per l'uguaglianza tra ebrei e arabo israeliani (i palestinesi con cittadinanza israeliana). Nello Stato ebraico già soffia il vento di Avigdor Lieberman, l'ultranazionalista indicato come il prossimo ministro degli Esteri che proprio grazie alla sua offensiva contro la minoranza araba ha conquistato enormi consensi nel paese? “Sì, quel vento soffia forte, ma non dimentichiamo che sin dalla fondazione dello Stato gli arabo israeliani devono fare i conti con discriminazioni, talvolta sottili, che condizionano il loro accesso al lavoro”, aggiunge Fara. La nuova “politica dell'impiego” varata dalla direzione delle Ferrovie - un'azienda pubblica - è stata annunciata qualche giorno prima della provocatoria marcia, martedì scorso, di coloni ed estremisti di destra che hanno attraversato Umm el Fahem (la seconda città araba del paese) scatenando scontri tra abitanti e polizia in cui sono rimaste ferite 30 persone. La Israel Railways ha annunciato che tutti gli ispettori incaricati di sorvegliare i binari e i casellanti di guardia ai passaggi a livello dovranno esibire il foglio di congedo militare. Una decisione palesemente discriminatoria visto che i cittadini arabo israeliani (tranne i drusi) non sono soggetti alla leva obbligatoria. Si è poi scoperto che il 60 per cento degli ispettori e casellanti che perderanno il posto di lavoro sono in maggioranza arabi. La direzione delle Ferrovie si è difesa spiegando che la sua politica è volta unicamente a “garantire un futuro agli ex militari” e che terrà in considerazione le necessità d'impiego di coloro che non hanno effettuato il servizio di leva. Circa due anni fa in seguito al preoccupante aumento degli incidenti ferroviari, con frequente coinvolgimento di automobili, vennero effettuate 260 assunzioni allo scopo di aumentare la sicurezza lungo le linee e ai passaggi a livello. Un'offerta di lavoro che non riscosse particolare interesse tra gli israeliani ebrei, al contrario dei cittadini arabi che nel settore pubblico, al livello più basso, trovano le opportunità di lavoro. “In questo periodo non ci sono stati problemi di alcun genere - sottolinea Jafar Fara - i dipendenti arabo-israeliani hanno svolto bene il loro lavoro. Poi è arrivata la crisi economica e con essa l'aumento della disoccupazione e qualcuno ha deciso che il lavoro deve andare prima ai cittadini ebrei e poi a quelli arabi”. Per questa ragione, continua Fara, si è fatto ricorso al congedo militare. “Le discriminazioni sono sempre esistite e si concentrano nell'accesso al credito bancario, all'ottenimento di benefici statali e ai livelli superiori dell'istruzione ma nel lavoro esiste una legge specifica che almeno ufficialmente le proibisce categoricamente, ecco perché il provvedimento delle Ferrovie è ancora di più ingiusto e razzista”, conclude il direttore di Mosawa. Per Fadi Abed al Karim, assunto come ispettore nel 2007 e ora destinato a perdere il posto, “l'azienda ha preso una decisione sulla base di considerazioni etniche, per liberarsi dei lavoratori arabi e assumere israeliani ebrei”. La protesta si è subito allargata e i deputati arabi hanno protestato con forza contro il provvedimento. Ahmed Tibi, della Lista araba unita-Taal, ha scritto al ministro dei trasporti Shaul Mofaz per denunciare il tentativo di epurare i lavoratori arabi dalla Israel Railways. “Questa condotta è illegale, discriminatoria e razzista. Ed è grave il fatto che a portarla avanti sia proprio una azienda che è al servizio di tutti i cittadini”, ha scritto Tibi rivolgendosi però non all'interlocutore più indicato. Secondo il quotidiano Yediot Ahronot, Mofaz due anni fa avrebbe suggerito all'azienda ferroviaria di accorciare il nome della stazione di Levahim-Rahat, nel Neghev, eliminando Rahat, città araba dove vivono oltre 30mila beduini, per conservare Levahim, piccolo centro ebraico dove risiedono meno di 5mila persone. _Dalla Palestina… _*“Crimini di guerra a Gaza: bruciati a morte dal fosforo bianco”* scritto il 2/4/2009 in News *Testimonianze di B'Tselem. * /Uccisi dalle fiamme nella loro casa bombardata dall’esercito – dalla voce di Ghada Riad Rajab Abu Halima, 21 anni. Lo scorso 29 marzo, dieci settimane dopo aver fornito la propria testimonianza a B’Tselem, Ghada Abu Halima è morta in un ospedale egiziano per le ferite da contatto col fosforo bianco. / Fino alla settimana scorsa, vivevo con mio marito Muhammad, di 24 anni, e le nostre due bambine, Farah (3 anni) ed Aya (6 mesi) nel quartiere di as-Sifa, a Beit Lahiya. Abitavamo nella stessa casa dei genitori di Muhammad, Sa’dallah e Sabah Abu Halima, entrambi di 44 anni, insieme ai fratelli e alle sorelle di mio marito: Omar (18), Yusef (16), ‘Abd ar-Rahim (13), Zeid (11), Hamzah (10), ‘Ali (4) e la piccola Shahd (1 anno). La nostra casa aveva due piani: al primo c’erano 250 metri quadri di magazzini, così vivevamo al secondo piano. Noi siamo contadini e possediamo della terra accanto a dove abitiamo. Sabato sera [3 gennaio, N. d. R.], gli aerei israeliani lanciarono dei volantini invitando i residenti dell’area a lasciare le loro case. L’esercito aveva fatto la stessa cosa durante alcune precedenti incursioni e noi non avevamo abbandonato casa nostra, così anche quella volta decidemmo di fare lo stesso. Intorno alle 4 del pomeriggio del giorno dopo, mentre tutta la famiglia era in casa, l’esercito cominciò a bombardare la nostra zona. Qualche minuto più tardi, delle bombe caddero sulla nostra abitazione. Scoppiò un incendio, e diversi membri della famiglia morirono tra le fiamme: mio suocero, la sua figlioletta Shahd e altri tre dei suoi figli – ‘Abd ar-Rahim, Zeid e Hamzah. Mia suocera e i suoi figli Yusef, ‘Omar e ‘Ali soffrirono di ustioni. Il fuoco si propagò in tutte le stanze. Io reggevo mia figlia Farah, e anche noi due rimanemmo ustionate. A me andarono a fuoco i vestiti, e parte della mia pelle e di quella di Farah restò bruciacchiata. Per fortuna, la più piccola delle mie figlie, Aya, non fu toccata. Io mi strappai i vestiti di dosso e urlai che stavo bruciando. Ero nuda di fronte a tutti quelli che erano in casa. Il mio corpo era in fiamme e il dolore era insopportabile. Sentivo l’odore della mia carne che bruciava. Ero in condizioni orribili. Cercavo qualcosa per rivestirmi e non smettevo di gridare. Il fratello di mio marito si tolse i pantaloni e me li fece indossare. La parte superiore del mio corpo restò nuda finché mio marito non venne a coprirmi con la sua giacca. Quindi corse in strada a cercare un’ambulanza o chiunque altro potesse aiutarci a portare fuori i morti e i feriti. Non riuscì a trovare alcun’ambulanza o veicolo dei vigili del fuoco. Vennero a aiutarci i suoi cugini, Matar e Muhammad-Hikmat Abu Halima, che vivono vicino a noi. Mio marito mi sollevò e Nabilah, sua zia, prese con sé Farah. Un’altra zia, che era giunta anche lei per aiutarci, prese Aya. Muhammad, Farah, Nabilah con suo figlio ‘Ali, ‘Omar, Matar ed io salimmo tutti quanti su un carretto attaccato alla motrice di un camion. La guidava Muhammad Hahmat, dirigendosi vero l’ospedale Kamal ‘Adwan. Portammo anche il corpo della piccola Shahd. Tutti gli altri, li lasciammo nella casa. Lungo la strada, vedemmo dei soldati a circa 300 metri dalla piazza di al-‘Atatrah. Muhammad fermò il veicolo, e improvvisamente i soldati aprirono il fuoco contro di noi. Uccisero Matar e Muhammad-Hikmat. ‘Ali fu ferito e riuscì a scappare con Nabilah e ‘Omar. I soldati dissero a mio marito di spogliarsi, cosa che lui fece. Poi si rimise i vestiti e i soldati ci dissero di continuare a piedi. Lasciammo i tre corpi nel carretto. Mio marito, Farah ed io camminammo verso la piazza, dove salimmo in una macchina che passava di lì. Fummo portati all’ospedale ash-Shifa. Erano circa le 6 del pomeriggio quando arrivammo lì. Io sono ricoverata ancora adesso. Avevo tutto il corpo ustionato, e anche il viso. Farah ha ustioni di terzo grado. Fummo inviati in Egitto per ricevere altre cure, e quindi cercarono di portarci a Rafah in ambulanza, ma l’esercito sparò contro di noi durante il percorso. L’autista rimase leggermente ferito al volto, e ci riportò in ospedale. Adesso siamo in attesa dell’autorizzazione di partire per l’Egitto. Ghada Riad Rajab Abu Halima, 21 anni, sposata con due bambini, residente a Beit Lahiya, Striscia di Gaza. La testimonianza è stata fornita a Muhammad Sabah, all’ospedale di ash-Shifa, il 9 gennaio 2009. /Tratto da http://www.btselem.org/English/Testimonies/20090104_Abu_Halima_home_set_on_fire_by_shelling.asp Tradotto da Jacopo Falchetta per Infopal/ _Di seguito alcuni link utili:_ http://www.menareport.com/en/business,real_esta/241251 http://www.haaretz.co.il/hasen/spages/1068545.html http://www.bdsmovement.net *PER SAPERNE DI PIU’…* In italiano: http://www.assopace.org/ http://www.actionforpeace.org/ www.infopal.it www.osservatorioiraq.it www.lettera22.it www.dagaza.org http://www.associazionezaatar.org/index.php www.cipmo.org www.luisamorgantini.net http://www.aprileonline.info/print_article.php?id=11438 In inglese: http://www.passia.org/ www.palestinemonitor.org/ http://www.maannews.net/en/ http://www.haaretz.com/ http://www.btselem.org/English/ http://www.phr.org.il/phr/ http://www.adalah.org/eng/index.php www.thisweekinpalestine.org www.alternativenews.org www.icahd.org/ http://www.end-gaza-siege.ps/ www.freegaza.org www.stopthewall.org _ _
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