Art. di La Valle su legge testam. biologico
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- From: "Enrico Peyretti" <e.pey at libero.it>
- Date: Mon, 23 Mar 2009 09:39:43 +0100
Il sondino di Stato
di Raniero La Valle Articolo della rubrica
“Resistenza e pace” in uscita sul prossimo numero del quindicinale di Assisi,
Rocca (rocca at cittadella.org
) Mentre c’è un gran daffare
dei senatori che si accaniscono attorno a una legge che dovrebbe stabilire per
filo e per segno come, quando e attraverso quali procedure una persona in coma
possa morire, qualcuno mi ha ricordato un libro di David Maria Turoldo di cui
riferii, quando uscì, in una mia rubrica sulla Stampa di Torino. Il libro
era intitolato “…E poi la morte dell’ultimo teologo”, e raccontava di un’isola
dove, tanti secoli fa, si era smesso di morire. E mentre all’inizio tutti furono
contenti, e se ne gloriarono come di una gran vittoria della medicina, e perfino
i turisti accorrevano a vedere questa meraviglia, a un bel momento si vide che
senza morte non si poteva stare. Nell’isola si cominciò ad essere in troppi, e
prima chiusero le porte all’immigrazione, poi sterilizzarono le donne. Non si
festeggiarono più i compleanni, ma solo i centenari, i bicentenari, i
tricentenari; non si iniziò più nessuna impresa, perché tutto era stato già
vissuto; non potendosi più commemorare i morti, si cominciarono a celebrare i
vivi, e ciascuno poté andare all’inaugurazione della propria statua, finché
l’isola ne fu tutta piena; tutti i discorsi e le prediche erano già stati
sentiti, e quindi si smise di farne; furono rotti tutti gli specchi, perché era
venuto in uggia anche il proprio volto e del resto appariva invecchiato; se uno
si ammalava non lo si curava, perché si diceva: tanto non muore; finì la pietà,
finì l’amore. Finché tutti invocarono il ritorno della morte.
Dunque la vita non era più
un valore? Sbagliava la medicina a volerla conservare a tutti i costi e la
Chiesa a difenderla sopra ogni altra cosa? Sì, era un valore, ma come tutti i
valori se veniva assolutizzato si rovesciava nel suo contrario. La vita non era
più vita, e tutti gli altri valori perivano. E nemmeno Dio ne usciva troppo bene
perché la sua gloria non è il principio anonimo della vita ma, come dice
Sant’Ireneo, l’uomo vivente. È qualcosa di cui si
dovrebbe tener conto quando ci si mette a legiferare, e occorre mettere insieme
principi, valori e diritti. Non dovrebbe essere troppo difficile. Il diritto
moderno non è come il vecchio diritto positivista, dove era “l’autorità, non la
verità” che faceva la legge, e a cui moralità e giustizia dovevano essere
sovraimposte dall’esterno, tirandole giù dai cieli del diritto naturale. Il
diritto di oggi, pur attraverso molte storie e dolori, ha incorporato in sé la
giustizia, ha formulato principi e valori, li ha bilanciati, li ha tradotti in
diritti e doveri, li ha messi nella sua scrittura, nelle sue Costituzioni. Non
siamo all’anno zero della produzione giuridica, sicché di fronte a nuovi
problemi, come quelli della bioetica, prima di legiferare ci si dovrebbe
rivolgere all’apposito sportello per sapere cosa fare. Le linee maestre della
legislazione sono già date, i valori che entrano in gioco sono i valori
costituzionali, i principi sono quelli fondamentali dell’ordinamento, i diritti
non sono assoluti, ma tengono conto di tutti gli altri. E quando ha a che fare
con le persone, con la loro identità, con la loro coscienza, col loro destino,
la legislazione dev’essere sobria. L’uomo è una cosa delicata, si sciupa. Meglio
una norma in meno che una di troppo. Ma se la legislazione cade
in delirio di onnipotenza, volendo giungere a impedire che anche un solo sondino
sia staccato anzitempo, allora sono dolori. Fa finta di legiferare su un diritto
(il diritto al testamento biologico), e invece stabilisce una sorta di obbligo a
sopravvivere; e statalizza la morte, separa i morenti dai loro cari, e mette il
loro obbligo a vivere in mano a una commissione di sei medici (un medico legale,
un neurofisiologo o equivalente, un neuroradiologo o equivalente, il medico
curante, un anestesista-rianimatore, un medico specialista della patologia!)
nominati dalla burocrazia dell’ospedale o della ASL. Stabilisce che in ogni caso
non si può sospendere l’alimentazione e l’idratazione perché, secondo il parere
espresso dal comitato governativo di bioetica recepito nella legge, l’acqua e il
cibo sono indispensabili per vivere, e non divengono una terapia medica o un
accanimento terapeutico, per il solo fatto che vengano somministrati da medici e
per via artificiale. Però si sono dimenticati dell’aria: anche l’aria serve per
vivere, e spesso la si dà anche artificialmente, come negli aerei in volo;
allora perché l’aria, pompata dal respiratore si può togliere senza ledere il
sacro principio della vita, mentre acqua e cibo si devono introdurre comunque da
tutte le parti nel corpo per non essere chiamati omicidi? In realtà con queste
norme si gioca con il testamento biologico, si punisce chi pretenderebbe
decidere della sua morte e si aggiunge anche del sadismo: perché il documento
vale solo per un quinquennio, e ogni cinque anni bisogna rinnovarlo in forma
scritta e farlo confluire nel Registro nazionale informatico all’uopo istituito;
un rito funereo, un dover pensare all’ipotesi di un tragico morire a scadenza
regolare, e perfino una sfida, per chi ci crede, al malocchio. Non è una legge,
è un “memento mori” (ricordati di dover morire) voluto dallo
Stato. Raniero La Valle |
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