Università Cattolica di Milano
con un cuore tutto per la NATO
di Antonio
Mazzeo
La NATO ha bombardato e assassinato
nei Balcani. La NATO bombarda e assassina in Afghanistan. La NATO , forse,
bombarderà in Pakistan o in Somalia. E assassinerà. Tutto ciò sembra
proprio non preoccupare una delle più prestigiose università private
italiane, la Cattolica del Sacro Cuore di Milano, tanto cara agli ambienti
del Vaticano e della Conferenza episcopale. Così, mentre il movimento
internazionale no war si è dato appuntamento il prossimo 4 aprile a
Strasburgo per chiedere lo scioglimento della North Atlantic Treaty
Organization, l’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico, l’ateneo
meneghino si prepara ad ospitare un convegno internazionale per analizzare
- ed ovviamente sostenere - l’odierno processo di riorganizzazione e di
potenziamento degli strumenti militari della NATO.
“1949-2009: Sessant’anni di
Alleanza Atlantica fra continuità e trasformazione” è il titolo
dell’evento organizzato nei giorni 12 e 13 marzo 2009 nell’Aula Magna
della Cattolica dal Dipartimento di Scienze politiche con l’adesione, tra
gli altri, del Comitato Atlantico Italiano, del Centro Alti Studi per la
Difesa , della Divisione Diplomazia Pubblica della NATO e del Comando
Militare Esercito Lombardia.
Secondo quanto si legge nella
brochure-invito, “il convegno, che si inquadra nel progetto di ricerca
La NATO tra globalizzazione e perdita di centralità,
finanziato sui fondi D.3.2 dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, si
inserisce in una tradizione consolidata di studi sulla sicurezza
internazionale condotti dal Dipartimento di Scienze politiche e di
collaborazione con gli organismi della NATO”.
“Il convegno si apre con
un’analisi storica sulle ragioni di lunga durata che giustificano la
permanenza, l’evoluzione e la trasformazione dell’Alleanza Atlantica dopo
la fine della Guerra Fredda”, spiegano gli organizzatori. “L’attualità e
il futuro dell’Alleanza saranno esaminati considerando la solidità e
l’importanza della NATO per Europa e Stati Uniti, le relazioni tra NATO ed
UE, il problema della “NATO globale”, il rapporto con la Russia e
l’allargamento ad altri Stati un tempo appartenenti all’URSS, la questione
dei compiti, strettamente legata a quella della trasformazione delle forze
militari, con riferimento anche alle missioni in corso ed alla possibile
approvazione di un nuovo Concetto Strategico”.
Tra i temi di dibattito
spiccano inoltre quello della relazione tra la “NATO e le armi nucleari”,
e quello relativo alle operazioni “fuori aerea”, un tempo limite
inviolabile del Trattato Nord Atlantico, oggi elemento cardine (o
“primario”, secondo la Cattolica del Sacro Cuore) dell’organizzazione
militare. Non mancherà nel corso del convegno una riflessione sul ruolo
dell’Italia, “che, oggi come ieri, vede nell’Alleanza Atlantica il
pilastro della sua politica estera e di difesa e svolge nella NATO un
ruolo di primo piano”.
La lista dei relatori invitati
dalla Cattolica di Milano è lunga e variegata. Il personaggio più atteso è
certamente l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, odierno Presidente del NATO
Military Committee, carica ricoperta nella storia dell’alleanza solo da un
altro ufficiale italiano (Guido Venturoni). Di Paola, già comandante della
portaeromobili “Giuseppe Garibaldi” e sino a qualche mese fa Capo di Stato
Maggiore della Difesa, ha pure ricoperto in passato il ruolo di Direttore
Nazionale degli Armamenti e di Capo di gabinetto del ministro della Difesa
(anni 1998-2001). Nel curriculum professionale dell’ammiraglio c’è pure un
lungo incarico presso il Supreme Allied Command Atlantic (SACLANT), uno
dei due comandi supremi della NATO, con sede a Norfolk, Virginia, a cui è
attribuito tra l’altro il compito di “protezione della deterrenza nucleare
marittima della NATO”. Al SACLANT, Giampaolo Di Paola ha lavorato nel
settore della pianificazione a lungo termine della guerra sottomarina.
Al Convegno NATO della
Cattolica parteciperanno poi altri rappresentanti di vertice delle forze
armate italiane, come il generale Vincenzo Camporini, odierno Capo di
Stato Maggiore della Difesa; l’ammiraglio Marcantonio Trevisani, già
comandante in capo del Dipartimento militare marittimo dell’Adriatico e
presidente del Centro Alti Studi per la Difesa ; il generale Camillo De
Milato, comandante dell’Esercito in Lombardia; il colonnello Matteo
Paesano, capo ufficio storico dello Stato Maggiore Difesa. Tra gli
interventi programmati c’è poi quello dell’ammiraglio (ritirato)
Ferdinando Sanfelice di Monteforte, già rappresentante presso i Comitati
Militari della NATO e dell’Unione Europea, ex ufficiale di coordinamento
tra l’ambasciata italiana a Washington e il Comando SACLANT, poi vice
comandante del Supreme Headquarters Allied Powers Europe (SHAPE), il
Comando Supremo delle forze alleate in Europa, poi ancora Comandante delle
e Forze Navali NATO per il Sud Europa ed oggi docente della Cattolica del
Sacro Cuore. Altro (ex) militare – relatore, il generale Giuseppe Cucchi,
già rappresentante italiano presso NATO, UEO e UE, ex direttore del Centro Militare di Studi
Strategici, fino al 1999
consigliere militare del Presidente del Consiglio
dei Ministri durante il primo
governo Prodi e il primo
governo D’Alema, dal novembre 2006
segretario generale del CESIS, poi
direttore del Dipartimento delle
Informazioni per la Sicurezza (DIS). Cucchi ha ricoperto
quest’ultimo incarico sino allo scorso anno ed è stato sostituito dall’ex
capo della Polizia, Giovanni De Gennaro.
Chiude l’elenco degli invitati
in grigioverde il generale Carlo Cabigiosu, ex Comandante del Centro
operativo interforze di Roma, poi vicecomandante del Corpo d’armata di Reazione Rapida della NATO
con sede in Germania (con tale incarico ha partecipato nel 1996
all’Operazione Joint
Endeavour in
Bosnia-Erzegovina), poi Capo di Stato Maggiore del
Comando regionale delle Forze Alleate del Sud Europa ed infine comandante
della Forza NATO in Kosovo (KFOR) dal 16 ottobre 2000 al 6 aprile
2001.
A riprova di come negli ultimi
anni accanto alla privatizzazione del sistema universitario italiano si è
pure assistito ad una “militarizzazione” di corsi e programmi di studio,
il convegno sulla trasformazione della NATO prevede la partecipazione di
cattedratici provenienti da importanti università italiane ed europee: i
professori ordinari Massimo De Leonardis (Storia delle relazioni e delle
istituzioni internazionali, Cattolica di Milano); Carla Meneguzzi Rostagni
(Storia dell’organizzazione internazionale, Università di Padova);
Francesco Perfetti (Storia contemporanea, LUISS “Guido Carli”); Federico
Romero (Storia delle Americhe, Università di Firenze); Anton Giulio De
Robertis (Storia dei trattati e politica internazionale, Università di
Bari, nonché vicepresidente del Comitato Atlantico Italiano); Leopoldo
Nuti (Storia delle relazioni internazionali, Università “Roma Tre”); Luc
De Vos (Storia militare e relazioni internazionali, Katholieke
Universiteit, Leuven); Antonio Marquina Barrio (Sicurezza e cooperazione
internazionale, Universidad Complutense,
Madrid); Laurent Cesari (Storia contemporanea, Université d’Artois,
Arras).
Chiudono la lista dei
partecipanti, due politici di centrodestra, l’on. Enrico La Loggia (Forza
Italia), ex ministro per gli Affari regionali, oggi vice presidente del Popolo
della Libertà alla Camera dei Deputati e presidente del Comitato Atlantico
italiano; e il sen. Sergio De Gregorio (Italiani nel Mondo/Forza Italia),
ex Presidente della Commissione Difesa del Senato, attualmente capo della
delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della NATO.
Enrico La Loggia (che è pure
docente di Contabilità dello Stato nella facoltà di Giurisprudenza
dell’Università di Palermo), è figlio di Giuseppe, ex
presidente della Regione Sicilia e cognato del
politico democristiano Attilio
Ruffini, ministro della Difesa a fine anni ’70 quando la NATO
avviò la proiezione dei dispositivi di guerra vero il cosiddetto “Fronte
Sud” (nord Africa e Medio oriente) e maturarono i programmi di
potenziamento della base USA di Sigonella e l’installazione dei missili
nucleari Cruise a Comiso (Ragusa). De Gregorio, invece, è
noto per aver sfiduciato nel gennaio 2008 l’esecutivo Prodi contribuendo
alla fine della breve legislatura di centrosinistra, e per essere finito
qualche mese più tardi nel registro degli indagati della Procura
distrettuale antimafia di Reggio Calabria per il reato di concorso esterno
in associazione mafiosa. Le indagini dei magistrati sono ancora in
corso.
A dovere di cronaca, quello
del 12 e 13 marzo non è l’unico convegno internazionale
pro-NATO promosso ed organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore
di Milano. Nel maggio 2008, si è tenuta a Milano una due giorni di studi
su “L’Italia, la
NATO
e le Peace Support Operations”, dedicata in buona parte alle missioni
realizzate dal nostro paese in alcuni teatri di guerra (Libano, Somalia,
Kosovo, Afghanistan, ecc.). Anche allora, buona parte delle relazioni fu
affidata ai vertici vecchi e nuovi delle forze armate, “strumento centrale
della politica estera italiana”, secondo i compiacenti organizzatori
dell’evento.
“L’Università Cattolica
contribuisce allo sviluppo degli studi, della ricerca scientifica e alla
preparazione dei giovani e adempie a tali compiti attraverso una
educazione informata ai principi del cristianesimo, secondo una concezione
della scienza posta al servizio della persona umana e della convivenza
civile, conformemente ai principi della dottrina cattolica e in coerenza
con la natura universale del cattolicesimo e con le sue alte e specifiche
esigenze di libertà”, recita l’articolo 1 dello Statuto dell’ateneo
milanese i cui fondatori hanno giurato fedeltà alla Chiesa e ai suoi
insegnamenti.
Il quinto dei dieci
comandamenti divini impone di “non uccidere”. Encicliche bandiscono la
guerra, le spese militari e l’utilizzo di strumenti di morte come l’arma
nucleare. Profeti e santi hanno predicato la pace e la non violenza. Ma la
storia della Chiesa è anche fatta di guerre “sante” e di crociate promosse
da papi e cardinali. Il cuore della Cattolica batte certamente per queste
ultime.