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Re: 20 persuasioni e cinque slogan sulla vicenda Englaro
- Subject: Re: 20 persuasioni e cinque slogan sulla vicenda Englaro
- From: "Enrico Peyretti" <e.pey at libero.it>
- Date: Mon, 9 Feb 2009 09:24:07 +0100
Consento di cuore con il senso della lettera (sebbene troppo lunga) di Carlo Gubitosa. Mi pare di esprimere lo stesso pensiero e sentimenti nel testo che scrissi nei giorni scorsi, che copio qui sotto. Diciamoci tutti rispetto, fraternità e vicinanza, anche nelle differenze di opinioni, in questo momento in cui cerchiamo umanità, e anche vogliamo difendere le più preziose regole civili e costituzionali aggredite dalla volgarità cinica o dalla presunzione clericale. Enrico Peyretti, Torino * Resistenza e resa Se io fossi nella condizione di Eluana, forse vorrei morire. Se Eluana fosse mia figlia, sarei lacerato. È sempre difficile valutare in concreto, ma viene un momento in cui si deve decidere. Tutte le decisioni hanno ombre. Lo stesso principio di amore può portare a decisioni diverse e persino opposte. La coscienza, il dramma, la responsabilità sofferta devono essere rispettate. Credo per fede che la vita non è un caso senza senso, ma un dono e un compito di bene dato da Dio, vita che dà vita. Un dono consegnato davvero alla nostra responsabilità. La vita va sempre rispettata, in sé e negli altri, ma ad essa si può rinunciare per ragioni alte, generose, altruiste. «Nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per quelli che ama» (vangelo secondo Giovanni, 15,13). Non uccidere è la regola prima e minima del vivere insieme. Sempre, ma più che mai quando l'uccidere è lo strumento di un dominio distruttivo. Ma chi si sente di condannare senza tremare nel dubbio quelle madri ebree che, secondo quanto si racconta, in qualche pogrom avrebbero ucciso i loro figli per evitare loro una morte più atroce e cattiva? Accogliere la morte come «sorella» (come la chiama san Francesco nel Cantico delle creature), quando viene inevitabile, non è ingratitudine né irresponsabilità per la vita. Lasciar morire chi sta veramente e inevitabilmente morendo non è abbandono, ma può essere accompagnamento amoroso e fedele. Le scienze e le tecniche mediche ci hanno dato tanti benefici, e ancora possono darne a persone e popoli che più soffrono e ne sono privati, ma hanno una loro intrinseca ambiguità, per la quale allungano la vita ma allungano anche la morte e il suo peso. Questo fatto accresce l'ambito delle nostre responsabili decisioni. La fede cristiana, più che una istituzione direttiva, più che comandare un vitalismo biologico assoluto, mi sembra che dovrebbe ispirare una riflessione saggia e fraterna, consapevole della complessità, incoraggiante a sostenere ogni vita quanto più possibile, specialmente le vite più povere e offese, completamente fiduciosa nell'abbraccio di Dio per ogni fatica e sofferenza, per la resistenza e la resa alla morte, che è limite di questa nostra vita e valico aperto alla vita con Lui. * Così scrivevo il 3 febbraio. Posso aggiungere qualcosa? Anch'io, nel 2004, ho pregato (e solo pregato) perché morisse presto un mio fratello più giovane, ridotto ad una lunga penosissima fine dal tumore cerebrale. Credo di aver fatto bene. Credo che su questa attuale vicenda si debba tenere vivo il dubbio, pur scegliendo ciascuno una delle due opinioni, nessuna delle quali può dirsi assoluta. E credo che si debba totale rispetto a chi, in coscienza, decide di agire in un senso o nell'altro. L'alimentazione forzata è una tecnica artificiale (ha qualcosa di simile alla fecondazione artificiale), di cui non si disponeva per natura, e, in certe situazioni prolungatissime, ha tutta l'ambiguità delle tecniche. Enrico Peyretti 5 febbraio 2009 ----- Original Message ----- From: "Carlo Gubitosa" <c.gubitosa at peacelink.it> To: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it> Cc: "lista lilliput glt NV" <glt-nonviolenza at liste.retelilliput.org>; <e.pey at libero.it>; "lista Peacelink Pace" <pace at peacelink.it>; <paxchristi at yahoogroups.com> Sent: Sunday, February 08, 2009 11:58 PM Subject: 20 persuasioni e cinque slogan sulla vicenda Englaro > Lettera aperta a Peppe Sini > > Caro Peppe, rispondo con interesse alle tue riflessioni sulla vicenda > di Eluana e Giuseppe Englaro. > > Cerchero' di ragionare con te restando con i piedi ben saldi in quello > che ci accomuna, e cioe' la scelta della nonviolenza e della > nonmenzogna. > > Rispetto a quello che hai scritto ti comunico alcune mie persuasioni: > > 1 - E' menzogna dire che il problema di una uccisione legato a una > malattia irreversibile riguarda solo il caso Englaro. Ogni anno > migliaia di persone in Italia vengono sottratte ad un accanimento > terapeutico ritenuto inutile dalle famiglie, dai medici che li > assistono, dalle strutture sanitarie. Ma tutto questo e' fatto in > silenzio, magari andando all'estero senza far troppo rumore o > mettendosi d'accordo con i responsabili sanitari. Anche in questo > siamo entrambi condizionati dall'agenda dei mezzi di informazione che > ci spinge a parlare di un episodio eclatante e individuale anziche' > affrontare un problema collettivo sommerso. > > 2 - Pertanto sono convinto che il problema di cui si discute in questi > giorni non sia legato ad una uccisione (se cosi' fosse si cercherebbe > di impedirle tutte, e non solo quelle piu' notorie), ma al fatto che > in una societa' teocratica come quella italiana qualcuno cerchi di > rivendicare come un diritto da esercitare in pubblico e alla luce del > sole quella umana pieta' che normalmente viene concessa come un favore > da gestire in privato e "sottobanco", un panno sporco da lavare in > famiglia, un peccato comune a molte persone accomunate dalla stessa > disgrazia ma non per questo praticabile apertamente. Da questo punto > di vista i casi Welby ed Englaro non mi sembrano una rivendicazione > dell'eutanasia, che viene comunque praticata in forme ufficiose, > informali, sommerse e nascoste, e che avrebbe potuto essere praticata > e rivendicata ugualmente anche dalle famiglie Welby ed Englaro senza > troppo clamore. Queste azioni mi sembrano invece la rivendicazione di > un principio: esiste una soglia invalicabile dove le leggi dello stato > devono fermarsi per lasciare spazio alla liberta' di coscienza > individuale, e al diritto di agire liberamente in scienza e coscienza, > soprattutto quando si tratta di dolori familiari e tragedie private. > > 3 - Da questo punto di vista l'azione del signor Englaro, cosi' come > quelle della famiglia Welby, mi sembrano una coraggiosa azione di > lotta contro la menzogna e l'ipocrisia, una lotta che nel caso Englaro > cerca di affermare una persuasione pagando un prezzo molto alto: un > quarto calvario politico che si aggiunge al calvario sanitario, a > quello mediatico e a quello giudiziario a cui e' stato costretto > questo genitore per il solo fatto di vivere in Italia, e che gli > sarebbero stati risparmiati in molti altri paesi. La vera violenza > sarebbe stata quella di uccidere aggirando le regole con un atto > ipocrita e subdolo, mentre la scelta fatta e' stata quella di lottare > in tribunale per difendere un principio. > > 4 - Il principio che muove questa lotta, e la persuasione da cui > nasce, non sono condivisibili o condannabili in assoluto. Non esiste > una valutazione assoluta, e questo gesto assume una valenza differente > a seconda del termine di paragone utilizzato. Noi che non abbiamo > vissuto sulla nostra pelle questa vicenda possiamo confrontare la > scelta del signor Englaro con il valore assoluto "non uccidere", ma > per altri questa scelta puo' assumere il valore di un bivio che da una > parte vede il "non uccidere" e dall'altra il "non torturare > indefinitamente per altri anni". > > 5 - Chi, oggi e in Italia, ha la statura morale necessaria per > esprimere una valutazione etica assoluta, oggettiva e universale su > queste due tragiche alternative, "non uccidere" e "non torturare", in > questo caso cosi' specifico? Io credo che l'unica moneta capace di > comprare questa altezza morale sia quella che si paga con le ferite > dell'anima, e per questa ragione io sospendo il giudizio su questa > vicenda, non propongo ricette magiche, ne' valori assoluti, ne' > soluzioni politiche o legislative, ma mi rimetto alle valutazioni di > chi ha generato questa creatura e che ha sofferto assieme a lei per > anni. Ripeto: la mia scelta e' la sospensione del giudizio. > > 6 - Condivisibile o meno, comunque la si guardi, la persuasione che > muove il padre di Eluana non puo' essere considerata che sincera, > magari sbagliata ma comunque sincera e dettata da una coscienza che si > sara' interrogata su questo caso con molta piu' cognizione di causa, > per molto piu' tempo e con un maggiore coinvolgimento e sensibilita' > di quelli che chiunque altro ha potuto investire in questa vicenda. > > 7 - Per questa ragione, cosi' come in passato altri grandi testimoni > della nonviolenza si sono ribellati contro le ingerenze del potere > nelle coscienze altrui, credo che la persuasione del signor Englaro > vada rispettata, qualunque essa sia, senza ingerenze e senza > imposizioni esterne, anche quando ci trovasse disaccordi in quanto > convinti sostenitori del "non uccidere", perche' non sta a noi il > compito di punire Caino, che rispondera' delle sue azioni a Dio (per > chi crede nella giustizia divina) o alla magistratura (per chi crede > nella giustizia umana), ma non al Papa (che deve riconoscere la > liberta' di coscienza garantita a ogni credente) o al Governo (che > deve rispettare le sentenze della magistratura, scrivendo leggi > migliori per il futuro ma non decreti affrettati per cambiare il > passato e il giudicato). > > 8 - Possiamo non essere d'accordo sul principio affermato dal signor > Englaro, e non condividere le azioni che farebbe liberamente se fosse > guidato solo dalle sue persuasioni e se gli venisse concessa quella > liberta' di azione e di coscienza negata non dallo Stato, ne' dalla > magistratura, ma solo da un piccolo gruppo di uomini di governo che > legiferano su quello che non hanno vissuto. Ma il nostro disaccordo ci > autorizza a decidere al posto degli altri solo perche' giudichiamo > migliori le nostre convinzioni? Non facevano cosi' anche i crociati e > gli inquisitori? > > 9 - Anch'io condivido la tua affermazione "sono contrario a tutti gli > omicidi", ma l'importante e' chiarirsi sui mezzi utilizzati per > impedire che la gente muoia. Ci sono sistemi buoni, inutili e dannosi. > Io non credo che per contrastare le morti in ospedale, provocate per > ridurre la sofferenza di malati terminali, il sistema buono sia quello > di sottrarre alle famiglie ogni potere decisionale, per poi normare > casi eccezionali e particolari con leggi inevitabilmente generali e > generiche o peggio ancora tagliate su misura di un singolo caso. > > 10 - A mio avviso l'unico risultato di una soluzione che mischia la > morale (individuale) alla politica (collettiva) sarebbe un maggior > numero di trasferimenti all'estero dei pazienti, o di sospensioni > delle terapie effettuate "sottobanco" e nell'ombra da medici di > famiglia compiacenti, per amicizia o per lucro, magari in cliniche > private piene di crocifissi, di suore e di madonne. In questo modo, > con il ricorso obbligato a strutture o medici compiacenti per > esercitare cio' che a noi puo' sembrare omicidio e ad altri puo' > sembrare pieta', verrebbe a crearsi un sistema opaco e parallelo di > "eutanasia ufficiosa" che di certo non aiuterebbe le famiglie a fare > una scelta serena e libera di fronte a queste situazioni. Chi avrebbe > piu' soldi potrebbe fare come gli pare, chi si ritrova negli ospedali > pubblici sarebbe in una situazione differente. Un sistema di diversi > pesi e misure simile a quello con cui i divorziati vengono bollati > come peccatori "a prescindere" ma poi possono "rientrare nella grazia > di Dio" se si chiamano Carolina di Monaco e pagano alla Rota Romana i > costi necessari all'annullamento. > > 11 - Non sarebbe meglio allora un sistema chiaro e trasparente con > regole chiare per tutti dove siano tracciati chiaramente, ad esempio > con un testamento biologico, i confini tra il dovere pubblico di > reprimere gli omicidi e il diritto privato di risparmiare sofferenza > ai propri cari di fronte a situazioni che hanno la morte come unico > sbocco possibile? E allora, mi domando, la vera violenza e' quella di > un padre che agisce in buona fede, qualunque sia la valutazione che > diamo a questi atti, o quella di un sistema clericale farisaico e > ipocrita che esercita pressioni indebite su uno stato sovrano per > ostacolare in ogni modo possibile la trasparenza e la scrittura di > leggi e regole da parte dell'uomo, cercando di dare a Dio quello che > e' di Cesare con discorsi vuoti e freddi, fatti "a nome di Dio" ma da > cui sono assenti l'amore e la pieta' di Cristo? > > 12 - Per questa ragione, pur nel disaccordo verso l'uccisione, che > accomuna la mia e la tua posizione, credo che lo scopo della nostra > lotta nonviolenta non puo' essere quello di far agire il prossimo > secondo la nostra coscienza e le nostre persuasioni. Se davvero > sentiamo che le nostre persuasioni hanno la forza della verita', > questa forza si fara' strada da sola come le radici di un albero che > rompono perfino la solidita' dell'asfalto. Noi possiamo innaffiare > questo albero con il nostro esempio e la nostra testimonianza, ma di > sicuro non applaudendo agli esiti di obblighi di legge decretati "ad > personam" per annullare sentenze della magistratura. > > 13 - Sono persuaso del fatto che sia violenza usare il potere politico > per limitare la liberta' degli altri, e in questo includo anche la > liberta' di sbagliare. Nessuno ha in mano la ricetta vincente per > questa situazione, e quindi non posso applaudire alla morte di Eluana > ne' auspicarla come la soluzione migliore, ma nemmeno applaudo a chi > cerca di privare suo padre della liberta' di coscienza, e al tempo > stesso cerca di negare sentenze passate in giudicato (che equivale a > negare la liberta' dei cittadini di organizzarsi secondo un > orientamento giuridico che va rispettato anche dal governo) e il tutto > solo perche' i componenti di questo governo si sentono moralmente > superiori in base a principi astratti, che li portano a ritenersi al > di sopra dell'ordinamento giuridico senza aver vissuto la sofferenza > che ha segnato gli Englaro, quella si' superiore a qualsiasi > ragionamento teorico. > > 14 - Sono persuaso che sia importante riconoscere a chiunque il > diritto di sbagliare, ma di agire comunque con la propria testa e la > propria coscienza, senza essere obbligati da una morale paternalista a > scegliere tra due alternative ugualmente assurde: chiedere > ipocritamente favori sottobanco per aggirare il problema (scelta > rifiutata in nome di un principio di nonmenzogna e lotta > all'ipocrisia) oppure vedersi privati di ogni liberta' di scelta se si > vuole affermare come un diritto alla luce del sole per una persona > quello che diventa favore per migliaia nel silenzio e nell'ombra. > > 15 - E' violenza chiedere che la morale di alcuni diventi legge per > tutti. Da questo punto di vista io non mi colloco tra quelli che tu > descrivi "i fautori dell'uccisione di Eluana Englaro", ne' mi unisco > ai fautori dell'interdizione di suo padre, ma mi ritengo tra i fautori > della liberta' di coscienza individuale. Le famiglie sbagliano nel > valutare la situazione? Forse, ma non sta a noi, ne' tantomeno alle > leggi dello Stato, men che meno ai decreti di questo governo, > sostituirci alla valutazione fatta in coscienza dalle persone > direttamente coinvolte da questa tragedia, perche' pur sempre di > tragedia umana si tratta. Per avere il titolo morale di esprimere un > parere, dovrei trascorrere anni accanto a una figlia sofferente, e > anche in quel caso potrei parlare solo per me e non avrei il diritto > di obbligare gli altri ad agire in base alle convinzioni maturate per > la mia esperienza. > > 16 - Tu parli di doversi schierare manifestando il "consenso o > l'opposizione a questo crimine", ma questa affermazione nasconde due > assunti impliciti: il primo e' quello che le azioni auspicate dal > signor Englaro siano azioni criminali, e non azioni guidate da un > senso di umana pieta' orientato a ridurre la sofferenza in vista di > una morte inevitabile. La seconda ipotesi implicita nel tuo discorso > e' escludere che ci possa essere una terza via tra incitare > all'uccisione (come fanno alcuni) o incitare altrettanto calorosamente > all'inazione (come hai fatto tu). Io invece rivendico proprio questa > terza via, che e' la sospensione del giudizio, a cui consegue la > solidarieta' incondizionata verso la sofferenza di chi ama Eluana piu' > di ogni altro al mondo, e il rispetto delle decisioni concrete che > nasceranno da questo amore anche quando non saranno in sintonia con i > miei principi astratti e i miei valori. > > 17 - Questa scelta di sospensione del giudizio nasce proprio dalla mia > adesione convinta a quello che tu affermi di professare, e cioe' un > "approccio fallibilista sulle questioni gnoseologiche e morali", che > mette sempre in conto la possibilita' di sbagliarsi. Poiche' non so > quello che farei io in pratica al posto del signor Englaro, e poiche' > anche quello che posso ipotizzare in teoria e' suscettibile di errori, > credo di non avere il diritto di dire "bisogna fare cosi'", e che > l'unico autorizzato a scandagliare la propria coscienza per rispondere > a questa situazione secondo il proprio personale approccio morale sia > il signor Englaro, anche a rischio di sbagliare. > > 18 - Credo che sia meglio lasciar sbagliare un padre che agisce > amorevolmente e secondo coscienza che obbligare questo padre a > decisioni prese dall'alto, ugualmente fallibili ma prive di > quell'esperienza del dolore e dell'amore verso Eluana che solo suo > padre puo' avere. E' per questa ragione, proprio perche' questo padre > si trova da solo di fronte ad una scelta difficilissima, che la mia > scelta e' stata quella di sospendere il giudizio su questa vicenda e > fare silenzio quando ho la tentazione di trasmettere certezze e > verita' spacciandole come assolute, mentre in realta' sono un vestito > fatto a misura della mia coscienza e non possono essere indossate > automaticamente anche da altri. > > 19 - Infine, da ingegnere e da credente nel cristianesimo, osservo in > questa vicenda il lato oscuro del potere tecnologico e scientifico, > che ci fa lottare contro la natura impedendole di seguire il suo > corso, e ci regala un delirio di onnipotenza da cui nasce l'illusione > di poter prolungare indefinitamente la vita innestando un corpo umano > in un sistema biomeccanico, per poi aggiungere al massimo di > artificiosita' meccanica il massimo di misticismo spirituale, sperando > in una azione magica della provvidenza divina una volta "congelata la > situazione" con le macchine. > > 20 - Ma da cristiano credo anche in uno spirito che sopravvive alla > fisicita', e l'unica cosa certa in questa vicenda per chi crede nella > forza di questo spirito e' che lo spirito di Eluana Englaro, prima o > poi, sara' libero di soffiare ovunque come il vento, libero da ogni > artifizio meccanico e da ogni ipocrisia umana. E sara' quello il vero > miracolo della vita, che avverra' indipendentemente da quello che > potremo fare, dire auspicare o decidere io, tu, il signor Englaro o il > presidente del Consiglio. > > Concludendo, se posso riassumere per slogan il mio pensiero, potrei > usare questi slogan: > > 1 - SI' ALLA VITA > 2 - SI' ALLA LIBERTA' DI COSCIENZA > 3 - NO ALLE INGERENZE DELLO STATO, DEI MEDIA E DEGLI INTELLETTUALI > NELLE TRAGEDIE PRIVATE > 4 - NO ALLE INGERENZE DELLA CHIESA NELLE POLITICHE DEL GOVERNO > 5 - RISPETTO, SILENZIO E SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO PER LA SOFFERENZA DI > GIUSEPPE ENGLARO E DI SUA FIGLIA ELUANA > > Ti ringrazio per l'attenzione dimostrata fin qui, e per avermi dato > l'opportunita' di riflettere sulla mia posizione rispetto a questa > difficile vicenda confrontandomi con le tue affermazioni. > > A presto > > Carlo > > > > 2009/2/8 Centro di ricerca per la pace <nbawac at tin.it>: > > Gentili signori, > > > > vi inviamo come anticipazione il seguente testo che aprira' il notiziario > > telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" di domani. > > Un cordiale saluto, > > > > La redazione de "La nonviolenza e' in cammino" > > > > Viterbo, 8 febbraio 2009 > > > > Mittente: Centro di ricerca per la pace > > strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo > > e-mail: nbawac at tin.it > > web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ > > > > * * * > > > > 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: NON UCCIDERE > > > > Ringrazio i lettori che mi hanno scritto in relazione all'articolo "In sette > > righe" di ieri, ed in particolare quelli che hanno posto delle obiezioni. > > Tralascio il contingente (e il folkloristico): vengo alla sostanza. > > * > > 1. Non uccidere > > Che dell'uccisione di una persona si tratti, non vi e' dubbio. > > Mi sorprende che vi siano lettori chi si sorprendono della mia opposizione > > all'uccisione di un essere umano, giacche' su questo foglio ogni giorno da > > dieci anni praticamente non scrivo che questo. > > * > > 2. L'onere della prova > > Non invertiamo l'onere della prova, per favore. Non e' chi si oppone a un > > omicidio a dover giustificare perche' si oppone, e' chi lo esegue o lo > > favoreggia a dover dimostrare - se gli e' possibile - che non si tratti di > > un omicidio (come secondo tutte le evidenze si configura il togliere la vita > > a una persona), o che vi siano circostanze tali da renderlo ammissibile in > > via del tutto eccezionale. > > Mi chiedo se i fautori dell'uccisione di Eluana Englaro siano davvero cosi' > > assolutamente certi che ella "sia gia' morta"; che ella "non sia piu' un > > essere senziente"; che ella "desideri o desidererebbe morire". > > E mi chiedo anche come i fautori dell'uccisione di Eluana Englaro possano > > non accorgersi delle colossali contraddizioni in termini e delle vertiginose > > aporie che le loro argomentazioni implicano. > > In un testo capitale della riflessione morale contemporanea, Das Prinzip > > Verantwortung, Hans Jonas propone il seguente brocardo: In dubio, contra > > projectum. Vale a dire: se vi e' il dubbio che un'azione possa avere > > conseguenze moralmente giudicabili come negative, e massime se esse siano > > irreversibili, occorre opporsi all'esecuzione di quell'azione. > > La morte e' certo un evento irreversibile, e non vedo come l'uccisione di un > > essere umano possa essere ritenuta un bene; possibile che i fautori > > dell'uccisione di Eluana Englaro siano cosi' totalitariamente certi che > > ucciderla sia cosa buona e giusta? Non riesco a capacitarmene. > > * > > 3. Non confondiamo le carte > > Nn confondiamo le carte in tavola, lasciamo quest'arte ai biscazzieri. > > Una cosa e' l'uccisione di una persona e il consenso o l'opposizione a > > questo crimine; un'altra cosa e' l'eversione dall'alto berlusconiana; > > un'altra cosa ancora il fanatismo religioso; un'altra cosa ancora il > > rispetto per l'altrui dolore e l'altrui dignita'. > > Cio' su cui qui ci si esprime e' l'ammissibilita' o meno che una persona sia > > uccisa: io credo che sia inammissibile. > > Poi, certo, mi indigna che i golpisti al governo possano strumentalizzare > > questa tragica vicenda; ma la strumentalizzazione e' resa possibile anche > > dal fatto che i prominenti che pretendono di rappresentare l'area > > democratica ed antifascista abbiano scelto di essere il partito della morte > > (con cio' stesso rivelandosi non rappresentativi della sinistra cosi' come > > la penso io, una sinistra che scelga la nonviolenza come necessario criterio > > ricostruttivo di una politica adeguata alla drammatica situazione attuale). > > Quanto al fanatismo religioso, io la penso come Voltaire, che alla voce > > "fanatisme" del Dictionnaire lo attribuiva a chi sostenendo di "obbedire a > > Dio piuttosto che agli uomini... e' sicuro di meritare il cielo > > scannandovi". Nella presente circostanza mi sembra che i sostenitori > > dell'uccisione di una persona siano fanatici di altro genere. > > Infine: non e' qui in discussione il dolore dei familiari, o la loro umana > > dignita': essi meritano comunque rispetto ed affetto. > > Qui e' in discussione l'uccisione di una persona: se sia un atto lecito o > > no. > > * > > 4. Da quale pulpito > > Credo che la mia opinione contraria ad uccidere un essere umano meriti di > > essere valutata in se' e per se': se essa e' valida lo e' indipendentemente > > da chi la sostiene, ugualmente se essa e' errata. > > E tuttavia poiche' la koine' dei fautori dell'uccisione di Eluana Englaro > > recita che coloro che sono contrari a questo omicidio sarebbero tutti a un > > dipresso dei malfattori "clericofascisti" o giu' di li', sara' allora > > opportuno chiarire che il sottoscritto e' ateo, e' da sempre un militante > > politico della sinistra, e' da sempre un oppositore nitido e intransigente > > del berlusconismo, e sulle questioni gnoseologiche e morali ha un approccio > > fallibilista (pensa cioe' che e' sempre possibile sbagliarsi). > > E sono cosi' inelegante da aggiungere che tra coloro che oggi ripetono il > > grido necrofilo e insensato "Viva la muerte" che indigno' Unamuno troppi ve > > ne sono che si sono gia' troppe volte prostituiti al regime della > > corruzione, al razzismo, alla guerra e alle stragi di cui essa consiste, per > > poter pretendere di rappresentare la civilta' giuridica o la dignita' umana. > > * > > 5. Infine > > E per gentilezza: mi si risparmino certi pessimi, ignobili trucchi come > > l'uso di metafore che invertono la realta' dei fatti, lo spostamento della > > discussione da cio' che e' decisivo a cio' che e' marginale, e cosi' via. > > Conosco anch'io tutto l'armamentario della retorica come tecnica del > > discorso persuasivo, e trovo ripugnante l'uso delle parole per ingannare > > l'intelligenza e corrompere la coscienza altrui. > > * > > Stiamo parlando dell'uccisione di una persona. Sono contrario alla > > commissione di questo assassinio. Sono contrario a tutti gli omicidi. > > Questo e' cio' che penso. Spero di averlo scritto con sufficiente chiarezza. > > > > >
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