Presidente Napolitano, perché quel silenzio?



"Storie dal muro”: uno sguardo su Israele e Palestina e' una rubrica tenuta da chi tutti i giorni cerca di capire qualcosa che sfugge spesso alla comprensione umana. Forse perché semplicemente è spiegata male.  www.giornalettismo.com

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è uomo di indubbia cultura e statura, ma in alcune occasioni sembra non avere il coraggio, la schiettezza e la lucidità di alcuni suoi insigni predecessori. Prendiamo per esempio la questione israelo-palestinese…

Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza”. Quello che non c’è nel presidente Napolitano, non è il domani, ma la cognizione di causa. Di quella palestinese.  È davvero triste e sconsolante constatare quanto poco coraggio i nostri rappresentanti istituzionali dimostrino, quando affrontano il tema Palestina-Israele. È davvero preoccupante, quando il nostro presidente della Repubblica si arrampica pericolosamente sul filo delle definizioni assimilando antisionismo, antisemitismo e antiebraismo, buttandoli nel calderone della storia e della cultura come ingredienti di una zuppa indigesta. Chi viaggia e rappresenta l’Italia nel mondo dovrebbe sapere alcune cose: che anche gli arabi (e quindi i palestinesi) sono semiti e che non tutti gli ebrei sono sionisti. Dovrebbe sapere che l’ebraismo è una religione, mentre il sionismo è un’ideologia politica, territoriale e nazionalista. Napolitano invece lo scorso anno in occasione del “Giorno della memoria” fece parecchia confusione utilizzando nel suo discorso celebrativo antisionismo e antiebraismo come sinonimi. E se oggi, nel suo viaggio in Terra d’Israele parla del pericolo dell’”antisionismo come travestimento dell’antisemitismo”, dovrebbe rivolgersi forse a quei neonazisti, neofascisti e negazionisti della Shoah che inneggiano ancora all’eliminazione degli ebrei e della loro cultura e rendersi conto che il problema tra palestinesi e israeliani non è “l’ebreo e la cultura ebraica”, ma l’occupazione militare e la nascita di uno Stato palestinese. Il presidente sulle pagine di Yedioth Ahronoth racconta i motivi del suo viaggio in Israele e afferma: “È un fatto che il movimento sionista si ispirò in non piccola parte al pensiero di Giuseppe Mazzini, a una visione universalista delle aspirazioni all’indipendenza nazionale dei nostri popoli, di tutti i popoli”. È fuori di dubbio che Napolitano conosca la storia (l’ha vissuta anche) e quindi collochi la nascita del sionismo alla fine del XIX secolo, ma ne dimentica una parte (e un popolo), oppure non è interessato a essa.

SILENZI E OMISSIONI - Nel suo viaggio il presidente della Repubblica scivola su in milione di bucce di banane: ”Il momento della pace non può più essere differito, la pace richiede scelte coraggiose, ma è anche la migliore, l’unica vera garanzia dei diritti dei popoli della regione e, fra questi, di quello di Israele a esistere e prosperare come Stato ebraico“, afferma durante la cerimonia di benvenuto in Israele. Sulla pace nulla da dire, ma sullo stato ebraico (quindi fondato sulla religione) il dibattito è controverso e aperto, dibattito che ruota proprio attorno alla possibile contraddizione in termini fra democrazia e religione di Stato. Il presidente in merito non sembra avere dubbi, buon per lui. Preoccupa però il suo silenzio sulla mancata firma da parte di Israele del trattato di non proliferazione nucleare. Preoccupa la sua preoccupazione per la “dura condizione della gente di Gaza” e la dimenticanza nello spiegare il perché dell’esistenza di questa condizione. Preoccupa il silenzio negli incontri ufficiali sulla costruzione del Muro e sulla proliferazione delle colonie illegali. Il presidente conferma invece la volontà dell’Italia di “continuare a mantenere ed accrescere tutti i legami politici, economici, culturali fra Italia e Israele“, legittimando riconoscimenti e accordi economici che si dimenticano di una politica di sistematica annessione territoriale illegale basata su un controllo militare ed economico, si dimenticano della continua violazione del diritto internazionale perpetrata dallo Stato di Israele.

QUEL DIRITTO SACROSANTO - Parla di storia e cultura il presidente, e spiega che nel 1948 nasceva lo Stato di Israele su decisione delle Nazioni Unite, dimenticando che quella risoluzione è monca perché prevedeva contestualmente la nascita di uno Stato palestinese. Uno Stato che ancora non c’è. Dopo sessanta anni. E allora è utile ricordare chi svolgeva il suo ruolo a 360 gradi, chi rappresentava l’Italia attraverso la memoria storica, chi era in grado di leggere la realtà senza paura e con cognizione di causa, chi ancora oggi è ricordato come il presidente di tutti, figlio dell’antifascismo e della resistenza, partigiano e attore vero del movimento di liberazione nazionale: Sandro Pertini. Un presidente che dal Palazzo del Quirinale il 31 dicembre del 1983 nel messaggio di fine anno agli italiani diceva: «Una volta furono gli ebrei a conoscere la ”diaspora”. Vennero dispersi, cacciati dal medio oriente e dispersi per il mondo; adesso sono invece i palestinesi. Ebbene io affermo ancora una volta che i palestinesi hanno diritto sacrosanto a una patria ed a una terra come l’hanno avuta gli israeliti». Un altro mondo, un altro uomo, un altro presidente.