30 giorni x 30 articoli.
Verso il 10 dicembre 2008: leggiamo insieme ogni giorno un
articolo
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
Art. 18
"Libere coscienze"
La Tavola della pace rinnova
l'appello ai direttori dei TG della RAI:
bastano pochi secondi al giorno nei TG
Oggi, giovedì 27 novembre 2008, leggiamo insieme il diciottesimo
articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Articolo 18 della Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani
"Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di
coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare
di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in
comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il
proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e
nell'osservanza dei riti".
Segue il commento del prof. Antonio Papisca.
"Come per altri articoli, anche per commentare questo ci vorrebbe non
uno, ma più corsi d'insegnamento che a loro volta attingano ad una
pluralità di ambiti disciplinari: dal diritto all'antropologia, dalla
storia alla teologia, dalla giurisprudenza delle Corti internazionali a
quella dei tribunali e delle corti costituzionali all'interno degli
stati. Mi limiterò quindi a fornire soltanto alcuni rapidi spunti per
la riflessione.
L'articolo 18 va letto insieme con l'articolo 1: "Tutti gli esseri
umani nascono libero ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati
di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in
spirito di fratellanza".
I due articoli contengono la parte per così dire sacrale dell'intera
Dichiarazione universale. I soggetti di riferimento sono, ovviamente,
tutte le persone umane, quindi 'credenti', 'non credenti', 'atei',
'agnostici'.
Pensiero, coscienza, religione: è il triangolo valoriale di più denso
spessore etico, che qualifica la soggettività giuridica originaria
della persona umana la cui retta coscienza (foro interno) è vero
tribunale di ultima istanza dei diritti.
L'articolo 18 pone in relazione fra loro tre libertà, che sono sia "da"
(interferenze e limitazioni) sia "per" (la realizzazione di percorsi di
vita con assunzione di responsabilità personale e sociale). E' il caso
di sottolineare che queste tre libertà si riferiscono all'essere umano
integrale - fatto di anima e di corpo, di spirito e di materia - e sono
pertanto interdipendenti e indivisibili rispetto a tutti gli altri
diritti fondamentali. Però con una caratteristica peculiare. Gli altri
diritti possono essere distrutti dall'esterno: si pensi al diritto
all'alimentazione o al diritto all'assistenza pubblica in caso di
necessità o al diritto al lavoro. Non è così per i tre diritti
dell'articolo 18, essi hanno una intrinseca forza di resistenza,
possono essere combattuti, contrastati, ma sopravvivono comunque: più
forti della morte. Mi possono mettere in carcere, possono combattere la
mia religione, ma le mie idee, la mia fede, la mia coscienza rimangono
intatte. Al dittatore, al carnefice si può sempre gridare: dov'è la tua
vittoria?
All'interno del 'triangolo', l'articolo 18 dedica particolare
attenzione alla libertà di religione, specificandone i modi di
espressione e manifestazione. Il legislatore internazionale è
consapevole della delicatezza della materia e dell'impatto che essa ha
sulla vita sociale e politica. La religione o un 'credo' non sono
soltanto un fatto di intimo convincimento che si coltiva nel privato,
ma si estrinsecano anche pubblicamente e attraverso organizzazioni che
in taluni casi, come quello della Chiesa Cattolica, sono estremamente
complesse e ramificate nel mondo intero, oppure, come nel caso
dell'Islam, investono direttamente la stessa 'forma' statuale della
politica.
Libertà religiosa significa anche libertà di cambiare religione o credo
o di non credere più. Questo costituisce oggi un grosso problema,
esasperato com'è da rigidità 'fondamentaliste'.
L'articolo 18 dice che la manifestazione della fede religiosa o di un
credo è libera di realizzarsi isolatamente e in comune, privatamente e
pubblicamente. Se per le rispettive espressioni comunitarie, la
religione cattolica ha bisogno di chiese, l'ebraismo di sinagoghe,
l'islam di moschee, quanti professano quelle fedi religiose hanno il
diritto di pretendere che gli stati consentano la costruzione degli
edifici di culto in appropriata forma. Devono esserci appositi spazi
pubblici. Qua e là in Italia c'è dibattito sulla costruzione delle
moschee. Il vigente Diritto internazionale dei diritti umani è chiaro:
lo Stato è obbligato a permetterne la costruzione. E' appena il caso di
precisare che gli edifici religiosi in tanto sono legittimi in quanto
alberghino attività di culto (e di preparazione al culto), e non altro.
La persona umana ha diritto di manifestare la propria religione o il
proprio credo anche nell'insegnamento. La scuola privata è libera,
sempre nel rispetto della legalità, di fare le scelte che ritiene più
opportune e congrue rispetto alla sua identità. Se si tratta di scuola
pubblica, le cose cambiano. Il Comitato diritti umani delle Nazioni
Unite, nell'esercizio della sua funzione di interprete ufficiale del
Patto internazionale sui diritti civili e politici, ha chiarito che ai
sensi del vigente Diritto internazionale l'insegnamento della religione
nell'ambito delle scuole deve essere impartito in modo obiettivo e
neutro, per esempio nella forma di "storia generale ed etica delle
religioni".
C'è anche dibattito sui simboli religiosi a scuola e in altri luoghi
pubblici. C'è chi vuole togliere il Crocifisso dalle pareti motivando
che nella scuola pubblica aumenta il numero di studenti di religione
diversa dalla cristiana. La mia personale risposta è: non togliere, ma
aggiungere. Non estirpiamo radici di grandi culture, al contrario
motiplichiamole: la condizione della loro compatibilità è che tutte
siano compatibili con il codice universale dei diritti umani, a
cominciare dall'articolo 1 della Dichiarazione universale. Laicità non
significa "togliere" valori, fare tabula rasa. Laicità significa
pluralismo e rispetto reciproco. La laicità dello Stato si misura con
gli indicatori che si riassumono in "tutti i diritti umani per tutti",
e tra questi, c'è appunto il diritto alla libertà religiosa.
Un ulteriore spunto per la riflessione riguarda l'obiezione di
coscienza, in particolare quella al servizio militare. Per anni, non
soltanto in Italia, si è discusso se l'obiezione di coscienza fosse
compatibile con i doveri di difendere in armi la Patria. Si veniva
anche condannati, come successe per Don Lorenzo Milani, e si andava
anche in carcere come successe per alcuni esemplari testimoni di
nonviolenza. Poi si discusse se si trattasse di un mero "diritto
soggettivo" o di un più impegnativo diritto umano fondamentale. La
vecchia Commissione diritti umani delle Nazioni Unite, oggi sostituita
dal Consiglio diritti umani, si pronunciò nel senso del diritto
fondamentale, assumendo che l'obiezione di coscienza costituisce
espressione del diritto alla libertà di coscienza.
Ci sono limiti alla manifestazione del credo religioso o di altro credo
o di ateismo? Il terzo comma dell'articolo 18 del Patto internazionale
sui diritti civili e politici (1966) completa l'omologo articolo 18
della Dichiarazione universale: "La libertà di manifestare la propria
religione o il proprio credo può essere sottoposto unicamente alle
restrizioni previste dalla legge e che siano necessarie per la tutela
della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico o della sanità pubblica,
della morale pubblica o degli altri diritti e libertà fondamentali".
Alla fine, quale messaggio per le grandi religioni? Che avvertano,
insieme con la consapevolezza del loro essere "radici" di grandi
culture e di grandi civiltà, anche la responsabilità di disinfestarle
da vischiosità ultramondane e fondamentalismi, insomma di pulirle e
renderle ancor più feconde attingendo alla sorgente dell'universale: la
eguale dignità di tutti i membri della famiglia umana che in
particolare le grandi religioni monoteiste assumono quali creature
dell'unico amorevole Padre."
Antonio Papisca
Cattedra UNESCO "Diritti umani, democrazia e pace" presso il
Centro interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli
dell'Università di Padova (antonino.papisca at unipd.it).
Tutte le attività promosse in vista del 10 dicembre sono pubblicate sul
sito: www.perlapace.it.
Perugia, 27 novembre 2008
Ufficio Stampa Tavola della pace
Floriana Lenti 338/4770151
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