30 giorni x 30 articoli.
Verso il 10 dicembre 2008: leggiamo insieme ogni giorno un
articolo
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
Art. 4
"Divieto di
schiavitù"
La Tavola della pace rinnova
l'appello ai direttori dei TG della RAI:
bastano pochi secondi al giorno nei TG
Oggi, giovedì 13 novembre 2008, leggiamo insieme il quarto articolo
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Articolo 4 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
"Nessun
individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la
schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi
forma"
Segue il commento del prof. Antonio Papisca.
"Il
contenuto di questo articolo è ribadito dall'articolo 8 del Patto
internazionale sui diritti civili e politici, con l'aggiunta di altri
commi, in particolare il 3.a) che dispone: "Nessuno può essere
costretto a compiere un lavoro forzato od obbligatorio".
Il divieto
di schiavitù è tra i più antichi del diritto internazionale
consuetudinario. Risale al 1815 una Dichiarazione riguardante
l'abolizione della tratta degli schiavi. E' del 1904 il Trattato
internazionale per la soppressione della tratta delle bianche, del 1910
la prima Convenzione per la soppressione del commercio delle bianche,
del 1921 la Convenzione per la soppressione del traffico di donne e
minori, del 1926 la Convenzione sulla schiavitù, del 1933 la
Convenzione per la soppressione del traffico di donne maggiorenni, del
1949 la Convenzione per la soppressione del traffico di persone e lo
sfruttamento della prostituzione altrui, del 1956 la Convenzione
supplementare riguardante l'abolizione della schiavitù, della tratta
degli schiavi e degli istituti e pratiche analoghe alla schiavitù, del
2000 il Protocollo 'tratta di persone, in particolare donne e minori'
allegato alla Convenzione internazionale contro il crimine
transnazionale organizzato. Esistono numerosi altri strumenti giuridici
internazionali in cui figura il divieto relativamente a soggetti quali
donne, bambini, detenuti, lavoratori, migranti.
Ho richiamato la
lunga lista di carte giuridiche per sottolineare che la materia in
questione è debordante, è come una piaga che non si rimargina, anzi si
allarga a mò di metastasi. Le cosiddette forme moderne di schiavitù
sono appunto espressioni di metastasi, alla cui riproduzione
contribuiscono certamente i processi legati all'interdipendenza
planetaria e alla globalizzazione. Il "traffiking" di donne e bambini è
forma moderna di riduzione in schiavitù. Certamente è una forma di
riduzione in schiavitù l'arruolamento di bambini nei corpi militari e
paramilitari e il loro impiego sul campo in azioni di violenza, nonché
in 'peggiori forme di lavoro minorile'. Per la prevenzione e
soppressione di queste forme di schiavitù sono in vigore i due
Protocolli (2000) alla Convenzione internazionale sui diritti dei
bambini, rispettivamente sul loro coinvolgimento nei conflitti armati e
sul traffico, prostituzione e pornografia infantile, nonché la
Convenzione del 1999 sulle peggiori forme di lavoro minorile.
Ci
sono forme subdole di riduzione in schiavitù come quelle praticate da
sette e da fondamentalismi di varia ascendenza. Una forma tanto diffusa
quanto di difficile sradicamento è quella domestica. Forma di schiavitù
ripugnante è quella perpetrata dal 'caporalato' nei riguardi di
contadini e operai provenienti da paesi poveri. E c'è la riduzione in
"servitù", se non la vogliamo chiamare "schiavitù", di interi strati
sociali ad opera di cosche mafiose, n'drangheta e camorra. Ancora. Il
tradizionale commercio di schiavi dall'Africa è cessato, ma c'è la
schiavitù di intere popolazioni, in varie parti del mondo, costrette
alla monocultura e quindi a rinunciare all'autosufficienza alimentare.
Di contro, c'è la schiavitù prodotta dal virus del consumismo nei
riguardi di quella minoranza d'umanità che a suo tempo schiavizzava i
popoli coloniali. Una forma di schiavitù, estremamente pervasiva, è
quella elegantemente coltivata dal Fondo Monetario Internazionale
all'insegna delle politiche di "aggiustamento strutturale", cioè dello
strozzinaggio nei confronti dei più deboli.
Le legislazioni
nazionali ed europea tentano di arginare la metastasi delle moderne e
antiche forme di schiavitù. Il loro compito sarebbe agevolato se
avessero il coraggio di recepire integralmente, per esempio in
appropriate leggi sull'immigrazione e sui diritti di cittadinanza,
l'approccio "diritti umani" che è proprio della normativa delle Nazioni
Unite e dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro."
Antonio Papisca
Cattedra
UNESCO "Diritti umani, democrazia e pace" presso il Centro
interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli
dell'Università di Padova (antonino.papisca at unipd.it).
Tutte le attività promosse in vista del 10 dicembre sono pubblicate sul
sito: www.perlapace.it.
Perugia, 13 novembre 2008
Ufficio Stampa Tavola della pace
Floriana Lenti 338/4770151
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