interposizione in Palestina per la raccolta delle olive. testimonianze di un giovane novarese



ricevo e inoltro dal gruppi Assopace di Novara
Associazione per la Pace
ufficio nazionale



 
Subject: interposizione in Palestina per la raccolta delle olive. testimonianze di un giovane novarese

Buongiorno a tutt*,

sono Laura Bergomi  di associazione per la pace di Novara

mi sono impegnata con Luca Farina Finzi a diffondere i report del campo di lavoro del progetto di Pax Christi “Tutti a raccolta” a cui lui partecipa per due settimane nei Territori Occupati Palestinesi: è una delle iniziative di “intervento civile di pace”, di solidarietà concreta in situazione di conflitto-occupazione e di condivisione della vita e del lavoro di un piccolo villaggio palestinese che da anni seguiamo anche come associazione per la pace, per questo mi permetto di inoltrarvi le mail da Aboud e vi chiedo - se volete -  di diffondere a vostra volta. Buona lettura Laura B

 

TUTTI A RACCOLTA!

 

Esperienza di interposizione nei Territori Palestinesi Occupati

per la raccolta delle olive.

Dal 23 ottobre è partito il progetto di Pax Christi

 

 

P. Firas, parroco di Aboud ( Cisgiordania, Territori palestinesi occupati) :

 

 “Hanno già rubato il 36% dei nostri terreni. Qui non c’è Onu, non ci sono dimostrazioni di protesta, non c’è Chiesa. Siamo fragili. E siamo soli.  Non abbiamo la possibilità di muoverci, ce lo impediscono con permessi mancati e checkpoint.

In questi giorni per fare una strada hanno distrutto 1100 ulivi; 4000 erano stati  abbattuti nel novembre del 2000 per punizione collettiva. Alberi secolari, le cui olive sono state raccolte qui da quattro generazioni. Se vogliono uccidere questo popolo, basta che taglino gli ulivi.

Venite nel villaggio di Aboud: alla nostra gente basterà la vostra presenza. Non dovrete dire niente. Sapranno che sarete qui per loro.”

 

Aboud, 24 ottobre 2008

 

Salam aleikum a tutti.

Ascoltiamo le campane seduti sulla terrazza della canonica della parrocchia di Aboud, intanto pensiamo a casa e vi scriviamo.

Qui si sta bene, qualcuno ha pranzato ben due volte, sotto gli ulivi e qui sulla terrazza.

Ieri sera, atterrati a Tel Aviv, padre Firas è venuto a prenderci con il suo Volkswagen nuovo di pacca e con la sua guida diciamo…sportiva… abbiamo lasciato le luci della città e delle strade israeliane per entrare nei Territori Occupati  attraverso il nostro primo check point, dove una ragazza di vent’anni con un fucile in mano ci ha lasciato passare.

Chiamiamo Territori Occupati le terre della Cisgiordania che vengono invase da colonie Israeliane. Le colonie iniziano come piccoli accampamenti e negli anni diventano vere e proprie città che crescono grazie alle risorse del popolo palestinese, rubandogli terra e acqua.

Le case delle famiglie di Aboud dove abbiamo passato la prima notte sono molto simili alle nostre, e la prima colazione molto più abbondante e varia.

Questa mattina ci siamo divisi per contribuire alla raccolta delle olive, insieme agli abitanti del villaggio. Qui gli ulivi sono la principale fonte di sostentamento attraverso la produzione di olio e di sapone e l’essere qui per noi è un gesto di solidarietà nei confronti delle famiglie a cui spesso viene proibito il lavoro nei campi a causa della presenza armata dei coloni israeliani. Molti ulivi sono stati sradicati e le terre sono state confiscate.

Le nostre mani raccolgono le olive ma sull’orizzonte incombono le due colonie, Beit-aryeh e O’farim, immerse nel verde dei loro alberi irrigati artificialmente mentre attorno il paesaggio è desertico e selvaggio.

Ogni occasione è buona per imparare parole in lingua araba: il nostro gruppo si sta specializzando in ambito “cucina e convivialità”.

Tusbac halacheer (Buona notte).

Gruppo “Tutti a Raccolta!2008”

 

Nablus, 27 Ottobre 2008

 

Sabato sera abbiamo incontrato i ragazzi di Aboud, trascorrendo qualche ora insieme parlando dei loro sogni e del futuro di questa terra. Le difficoltà che preoccupano maggiormente sono la mancanza di lavoro in Palestina e la difficoltà a spostarsi per i 607 check point disseminati in tutto il territorio. Anche andare a Gerusalemme, Città Santa per ebrei, musulmani e cristiani e luogo in cui si trovano le migliori cliniche specializzate per le emergenze medico-chirurgiche, richiede il rilascio di un permesso che viene concesso (quando viene concesso) in tempi spesso troppo lunghi. L’autorizzazione viene data da una sola persona per tutta la Palestina.

 

A Ramallah ieri abbiamo avuto l’occasione di incontrare un collaboratore di Mustafa Barghouti, fondatore del partito democratico Al Moubadara e del PMRS (Palestinian Medical Relief Society). Da statistiche prodotte dal PMRS risulta esserci nei Territori Occupati una carenza di figure specialistiche (neurochirurghi, cardiologi e cardiochirurghi) dovuta al trasferimento in Europa e in America dove vengono offerti maggiori compensi economici.

Per garantire l’assistenza sanitaria al popolo palestinese il PMRS prevede il pagamento di 2$ a prestazione medica erogata (visita clinica e terapia specifica) per le persone con un reddito adeguato, mentre le prestazioni sono gratuite per le persone sotto la soglia di povertà (reddito inferiore a 2$ pro capite/die per famiglia).

 

Lunedì mattina siamo partiti verso Nablus, qui abbiamo incontrato i responsabili del Community Service Center (organizzazione che si occupa di progetti sociali a Nablus e nelle zone rurali attigue) che ci hanno accompagnato a visitare la città. Un salto all’università vecchia e nuova insieme agli studenti, strutture moderne e ricche di vita.

 

Alla sera invece siamo andati nel campo profughi di Balata, il più grande in quanto a popolazione ed il più piccolo in superficie (28000 perone vivono all’interno di in un Km2). Nato da un insieme di tende nel 1952 come conseguenza della Nakba si è drammaticamente sviluppato come una città che cresce in altezza. Per ottimizzare lo spazio le strade sono molto strette e le case molto piccole. Il campo e l’intera Nablus sono controllati dalla polizia Palestinese. Alle 23.30 la giurisdizione passa all’autorità Israeliana secondo l’assurdo accordo stipulato tra l’autorità palestinese e quella israeliana. Da quell’ora la popolazione del campo vive nel terrore di una possibile irruzione di soldati israeliani, cosa che capita quasi ogni notte. Veniamo informati che da qualche tempo la situazione sembra essere più calma, ma la popolazione teme questa “quiete” prima della tempesta. La gente aspetta la prossima irruzione di soldati israeliani con le loro distruzioni e gli arresti senza motivo. In mattinata abbiamo potuto ascoltare le voci delle donne, madri che attendono il ritorno dei figli dalle prigioni israeliane. Madri che denunciano l’ingiustizia di questi arresti con condanne che arrivono ai 32 anni di reclusione: sono racconti di torture, di pestaggi, d’isolamento e tutto questo in via preventiva, in nome della “sicurezza d’Israele”. Vogliamo dare voce a queste madri che nella piazza principale di Nablus attendono giustizia.

 

Gruppo “Tutti a Raccolta!2008”