interposizione in Palestina per la raccolta delle olive. testimonianze di un giovane novarese
- Subject: interposizione in Palestina per la raccolta delle olive. testimonianze di un giovane novarese
- From: Associazione per la Pace <assopace.nazionale at assopace.org>
- Date: Thu, 30 Oct 2008 00:12:39 +0100
ricevo e inoltro dal gruppi Assopace di Novara Associazione per la Pace ufficio nazionale Subject: interposizione in Palestina per la raccolta delle
olive. testimonianze di un giovane novarese
Buongiorno a tutt*, sono Laura Bergomi di
associazione per la pace di Novara mi sono impegnata con
Luca Farina Finzi a diffondere i report del campo di lavoro del
progetto di Pax Christi “Tutti a raccolta” a cui lui partecipa per due
settimane nei Territori Occupati Palestinesi: è una delle iniziative di
“intervento civile di pace”, di solidarietà concreta in situazione di
conflitto-occupazio TUTTI
A RACCOLTA! Esperienza
di interposizione nei Territori Palestinesi Occupati per
la raccolta delle olive. Dal
23 ottobre è partito il progetto di Pax Christi P.
Firas, parroco di Aboud ( Cisgiordania, Territori
palestinesi occupati) : “Hanno
già rubato il 36% dei nostri terreni. Qui non c’è Onu, non ci sono
dimostrazioni di protesta, non c’è Chiesa. Siamo fragili. E siamo soli.
Non abbiamo la possibilità di muoverci, ce lo impediscono con
permessi mancati e checkpoint. In
questi giorni per fare una strada hanno distrutto 1100 ulivi; 4000
erano stati abbattuti nel novembre del 2000 per
punizione collettiva. Alberi secolari, le cui olive sono state raccolte
qui da quattro generazioni. Se vogliono uccidere questo popolo, basta
che taglino gli ulivi. Venite
nel villaggio di Aboud: alla nostra gente basterà la vostra presenza.
Non dovrete dire niente. Sapranno che sarete qui per loro.” Aboud, 24 ottobre 2008 Salam aleikum a tutti. Ascoltiamo le campane seduti sulla terrazza della canonica della parrocchia di Aboud, intanto pensiamo a casa e vi scriviamo. Qui si sta bene, qualcuno ha pranzato ben due volte, sotto gli ulivi e qui sulla terrazza. Ieri sera, atterrati a Tel Aviv, padre Firas è venuto a prenderci con il suo Volkswagen nuovo di pacca e con la sua guida diciamo…sportiva… abbiamo lasciato le luci della città e delle strade israeliane per entrare nei Territori Occupati attraverso il nostro primo check point, dove una ragazza di vent’anni con un fucile in mano ci ha lasciato passare. Chiamiamo Territori Occupati le terre della Cisgiordania che vengono invase da colonie Israeliane. Le colonie iniziano come piccoli accampamenti e negli anni diventano vere e proprie città che crescono grazie alle risorse del popolo palestinese, rubandogli terra e acqua. Le case delle famiglie di Aboud dove abbiamo passato la prima notte sono molto simili alle nostre, e la prima colazione molto più abbondante e varia. Questa mattina ci siamo divisi per contribuire alla raccolta delle olive, insieme agli abitanti del villaggio. Qui gli ulivi sono la principale fonte di sostentamento attraverso la produzione di olio e di sapone e l’essere qui per noi è un gesto di solidarietà nei confronti delle famiglie a cui spesso viene proibito il lavoro nei campi a causa della presenza armata dei coloni israeliani. Molti ulivi sono stati sradicati e le terre sono state confiscate. Le nostre mani raccolgono le olive ma sull’orizzonte incombono le due colonie, Beit-aryeh e O’farim, immerse nel verde dei loro alberi irrigati artificialmente mentre attorno il paesaggio è desertico e selvaggio. Ogni occasione è buona per imparare parole in lingua araba: il nostro gruppo si sta specializzando in ambito “cucina e convivialità”. Tusbac halacheer (Buona notte). Gruppo
“Tutti a Raccolta!2008” Nablus, 27 Ottobre 2008 Sabato
sera abbiamo incontrato i ragazzi
di Aboud, trascorrendo qualche ora insieme parlando dei loro
sogni e del futuro di questa terra. Le difficoltà che preoccupano
maggiormente sono la mancanza di lavoro in Palestina e la difficoltà a
spostarsi per i 607 check point
disseminati in tutto il territorio. Anche andare a Gerusalemme, Città
Santa per ebrei, musulmani e cristiani e luogo in cui si trovano le
migliori cliniche specializzate per le emergenze medico-chirurgiche,
richiede il rilascio di un permesso
che viene concesso (quando viene concesso) in tempi spesso troppo
lunghi. L’autorizzazione viene data da una sola persona per tutta A Ramallah ieri abbiamo avuto l’occasione di incontrare un collaboratore di Mustafa Barghouti, fondatore del partito democratico Al Moubadara e del PMRS (Palestinian Medical Relief Society). Da statistiche prodotte dal PMRS risulta esserci nei Territori Occupati una carenza di figure specialistiche (neurochirurghi, cardiologi e cardiochirurghi) dovuta al trasferimento in Europa e in America dove vengono offerti maggiori compensi economici. Per garantire l’assistenza sanitaria al popolo palestinese il PMRS prevede il pagamento di 2$ a prestazione medica erogata (visita clinica e terapia specifica) per le persone con un reddito adeguato, mentre le prestazioni sono gratuite per le persone sotto la soglia di povertà (reddito inferiore a 2$ pro capite/die per famiglia). Lunedì mattina siamo partiti verso Nablus, qui abbiamo incontrato i responsabili del Community Service Center (organizzazione che si occupa di progetti sociali a Nablus e nelle zone rurali attigue) che ci hanno accompagnato a visitare la città. Un salto all’università vecchia e nuova insieme agli studenti, strutture moderne e ricche di vita. Alla sera invece siamo andati nel campo profughi di Balata, il più grande in quanto a popolazione ed il più piccolo in superficie (28000 perone vivono all’interno di in un Km2). Nato da un insieme di tende nel 1952 come conseguenza della Nakba si è drammaticamente sviluppato come una città che cresce in altezza. Per ottimizzare lo spazio le strade sono molto strette e le case molto piccole. Il campo e l’intera Nablus sono controllati dalla polizia Palestinese. Alle 23.30 la giurisdizione passa all’autorità Israeliana secondo l’assurdo accordo stipulato tra l’autorità palestinese e quella israeliana. Da quell’ora la popolazione del campo vive nel terrore di una possibile irruzione di soldati israeliani, cosa che capita quasi ogni notte. Veniamo informati che da qualche tempo la situazione sembra essere più calma, ma la popolazione teme questa “quiete” prima della tempesta. La gente aspetta la prossima irruzione di soldati israeliani con le loro distruzioni e gli arresti senza motivo. In mattinata abbiamo potuto ascoltare le voci delle donne, madri che attendono il ritorno dei figli dalle prigioni israeliane. Madri che denunciano l’ingiustizia di questi arresti con condanne che arrivono ai 32 anni di reclusione: sono racconti di torture, di pestaggi, d’isolamento e tutto questo in via preventiva, in nome della “sicurezza d’Israele”. Vogliamo dare voce a queste madri che nella piazza principale di Nablus attendono giustizia. Gruppo
“Tutti a Raccolta!
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