Salwa e Sara: in carcere senza un perché (Storie dal muro)



A seguire un altro articolo sulla storia di Salwa e Sara, le due ragazze palestinesi di 16 anni da mesi in "detenzione amministrativa" nelle carceri israeliane, cogliamo l'occasione per rinnovare l'appello a mandare lettere alle autorita' israeliane (trovate il link alla fine della mail).

Associazione per la Pace
ufficio nazionale

“Storie dal muro”, uno sguardo su Israele e Palestina, una rubrica tenuta da chi tutti i giorni cerca di capire qualcosa che sfugge spesso alla comprensione umana. Forse perché semplicemente è spiegata male. www.giornalettismo.com

Il caso di due ragazze palestinesi di 16 anni strappate alle loro famiglie e arrestate senza che contro di loro sia stata formulata un’accusa precisa e senza un regolare processo.

L’art. 78 della Quarta Convenzione di Ginevra, relativo alla protezione di civili in tempo di guerra stabilisce che la Detenzione Amministrativa delle persone è permessa solo per “ragioni imperative di sicurezza”. In tempo di guerra. Ma che succede se una persona (in qualsiasi tempo) è sottoposta a regime di detenzione amministrativa senza che sia accusata di un bel niente e quindi senza la possibilità di avere un regolare processo? Cosa succederebbe se un paese abusasse del sistema di detenzione amministrativa e non lo usasse come strumento rigoroso e straordinario di prevenzione, ma come arma di punizione indiscriminata? Ergo: si arrestano le persone senza uno straccio di prova semplicemente per toglierle di mezzo. Da quel che ricordo, durante le dittature si usavano questi “mezzucci” per eliminare gli oppositori politici.

LA SITUAZIONE ISRAELIANA - Parliamo di Israele tanto per cambiare. Il sistema di detenzione amministrativa israeliano è quanto di più discutibile ci possa essere in un paese che si definisce democratico (benché non abbia una costituzione, i matrimoni civili e si definisca stato ebraico e quindi basato su precetti religiosi). E’ curioso che i minori israeliani (anche quelli degli insediamenti illegali) siano giudicati sulla base del diritto civile israeliano mentre quelli palestinesi su quella militare. Il diritto civile israeliano stabilisce che un fanciullo è “un individuo che non ha raggiunto l’età di 18 anni”. Al contrario, la legge militare israeliana applicata ai palestinesi dei Territori, considera i fanciulli palestinesi maggiorenni dall’età di 16 anni. Crescono più in fretta, sono più maturi, sarà la vita di strada!

L’ARRESTO - E’ la notte del 5 giugno 2008 nella città di Betlemme. L’Israeli Security Agency (Agenzia di Sicurezza Israeliana, ISA) entra nelle case delle famiglie Salah e Siureh. Salwa e Sara entrambe di 16 anni e mezzo vengono bendate, ammanettate e portate via su una jeep militare. Senza spiegazioni, senza un’accusa precisa. Le due ragazze sono portate prima nella prigione di Telmond e in seguito in quella di Ofer per essere interrogate. Qui una mappa dei centri di detenzione israeliani: un numero impressionante per un paese così piccolo. Le famiglie si muovono per cercare di capire che cosa è successo alle ragazze. Perché le hanno arrestate? Che cosa hanno fatto? In che guaio si sono cacciate? Nessuno risponde. Un aiuto arriva dall’ong palestinese Addameer che inizia a seguire il caso di Sara e Salwa. L’organizzazione supporta i prigionieri politici palestinesi attraverso consulenze legali, campagne in difesa dei diritti umani e contro le torture, ed è partner di Amnesty International, Human Rights Watch, OMCT (World Organization Against Torture) e  FIDH (la Fédération internationale des ligues des droits de l’Homme).

INTIMIDAZIONI - Secondo gli avvocati di Addameer gli interrogatori delle ragazze vertono sulla loro appartenenza o meno ad organizzazioni politiche. Le due detenute negano ogni legame a gruppi armati o politici di qualsiasi genere. Alla fine dell’interrogatorio sono riportate a Telmond, trattenute là per due giorni e poi trasferite alla prigione di Addamoun. Sempre secondo l’ong palestinese, sin dal momento del loro arresto Salwa e Sara subiscono atteggiamenti intimidatori e violenti. Al loro arrivo nel carcere di Ramle le fanno spogliare e un’ufficiale donna le ispeziona in bocca e tra i capelli. La procedura prevede perquisizioni corporali. Raccontano agli avvocati che la perquisizione è umiliante e che nessuno parla con loro in merito alle motivazioni dell’arresto, nonostante le ripetute richieste di spiegazioni. Silenzio assoluto.

LA PRIGIONIA - Le cose peggiorano. L’ordine di detenzione amministrativa arriva il 12 giugno. La corte stabilisce quattro mesi di detenzione per Salwa e cinque per Sara. Il 18 giugno la corte militare conferma l’ordine. Nel periodo che va dal 8 giugno al 21 luglio, le due ragazze non hanno la possibilità di contattare i propri famigliari e riescono a parlare solo con gli avvocati di Addameer. Nonostante il ricorso in appello, il 16 luglio la corte conferma l’ordine di detenzione commutando però la pena per Sara da cinque a quattro mesi. Il 4 ottobre scade il termine di detenzione, ma Salwa e Sara restano dietro le sbarre. Il 5 ottobre ricevono un secondo ordine di detenzione. Il giudice militare Eyal Noon prolunga l’ordine di altri tre mesi, fino al 3 gennaio 2009. Nella sentenza il giudice afferma che le due ragazze “sono pericolose”, non adducendo nessuna informazione in merito ai motivi del provvedimento.

LE MOTIVAZIONI - Addameer lancia un appello* per sensibilizzare l’opinione pubblica sul caso delle due ragazze che hanno il triste record di essere le prime (donne) ad essere sottoposte a regime di detenzione amministrativa. Basandosi sulla Convenzione ONU sui Diritti del Fanciullo (Art. 37b), nel documento si insiste sulla questione della privazione della libertà del minore come “ultima risorsa e per il più breve periodo di tempo possibile”. Molte persone rispondono all’appello e, come richiesto, inviano lettere di protesta alle autorità israeliane. Come si può vedere qui, qui e anche qui, il Ministero della Giustizia israeliano - Dipartimento Diritti Umani e Relazioni Estere - si prende la briga di rispondere, ma non specifica affatto i motivi dell’arresto se non con un “Jeopardize the security on the area” che tradotto sarebbe più o meno: “mettere in pericolo la sicurezza dell’area”.

NIENTE ACCUSA, NIENTE PROCESSO - Una delle cose preoccupanti in questa e altre storie è che le autorità israeliane possono tenere in regime di detenzione amministrativa una persona a tempo indeterminato. Un esempio è quello del sindaco di Qalqiliya che nel 2006 è liberato dopo 44 mesi senza subire un regolare processo. Salwa e Sara restano in carcere e non sanno perché. Non c’è nessuna accusa formale contro di loro e all’orizzonte non si vede l’inizio di nessun processo, anche perché senza accusa non si può processare proprio nessuno. In pieno stile spaghetti western conditi di (in)giustizia sommaria e “guerra preventiva” al terrorismo. Oggi i detenuti amministrativi palestinesi in Israele sono circa 750. Nessuno di loro conosce i termini della detenzione. “La Potenza occupante non deve deportare o trasferire parte della propria popolazione civile nel territorio che occupa”. Il solito vecchio art. 4 della Convenzione di Ginevra.

* L’autore (a titolo personale e non di Giornalettismo) invita tutti i lettori a rispondere all’appello (cliccate, prego, per scaricare l’allegato) dell’Organizzazione Non Governativa Addameer inviando una lettera di protesta alle autorità israeliane.

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