Assess. vs paura



Assessorato contro la paura. 
(2/10/8 – a cura di Leopoldo BRUNO)

L’istinto di protezione della specie genera una prorompente paura; a sua volta poi – tramite il sistema normativo e i più svariati divieti – la paura sminuzza la libertà in piccole dosi.
Se incertezza e precarietà richiamano in primo luogo una condizione economica di povertà; il senso di paura esprime una condizione mentale di miseria. 

Questo documento è posto all’attenzione di chi si riconosce nel progetto “BOLOGNA CITTA’ LIBERA”. Progetto inteso come “sperimentazione di un modello politico e non come un programma di amministrazione della città”. 

Per cominciare, quote sempre più consistenti dei bilanci locali e nazionali finiscono nei capitoli di spesa della cosiddetta sicurezza. La professoressa Gabriella Paolucci in un recente documento su “Percezione dell’insicurezza e mercato della paura” fa notare che: “…l’impatto effettivo del business della sicurezza resta del tutto misconosciuto. Né, del resto, vengono mai diffusi a livello di massa i dati che riguardano il settore: i favolosi fatturati delle aziende che producono serrature, casseforti, sistemi anti-intrusione e, soprattutto, Tvcc (televisori a circuito chiuso); la clientela pubblica o privata che se ne serve e i finanziamenti statali di cui essa può disporre; le cifre iperboliche delle polizze assicurative contro furti e scippi o l’uso massiccio delle guardie giurate a tutela della proprietà privata”. 
La maggior parte delle popolazioni occidentali – come sappiamo - negli ultimi anni è attanagliata  dalla paura che nasce dall’incertezza di fronte al futuro. Paura della disoccupazione, della globalizzazione, delle tensioni internazionali, dell’Europa, dei giovani, degli immigrati. 
Ad esempio, essere immigrati nel sentire comune voleva dire: lavoro e sacrificio; queste sono le risorse sulle quali da sempre ha posto le basi un qualsiasi progetto migratorio.  
E in effetti, nelle nostre campagne la raccolta della frutta è a opera di rumeni e di extracomunitari; le case in cui abitiamo - quelle costruite nell’ultimo decennio oppure ristrutturate nei centri storici - sono state tirate su e negli ultimi tempi vengono anche rifinite da lavoratori stranieri. Se si tratta di clandestini, sono ovviamente in nero e ancor più sfruttati. 
Una delle tante risposte a tutto ciò è che d’ora in poi ci vorranno 300 euro per pagare gli esami del Dna (e la loro comparazione) di chi è abilitato a chiedere il ricongiungimento familiare, generalmente il coniuge o un figlio…

I governi e le amministrazioni locali si giustificano grazie all’interpretazione di quello che viene indicato come un comune desiderio: “Se non si può cambiare il mondo, almeno toglietemi gli zingari e gli stranieri sotto casa…Ma io non sono razzista!”. I capri espiatori del XXI secolo hanno lo scopo di attirare su di sé le impurità e purificare il nostro stile di vita. E chissà se negli odierni atteggiamenti c’è un po’ d’invidia: andare per il mondo a costruire la propria vita è quello che tutti vorrebbero ma che solo alcuni riescono a fare.

3000 soldati sul territorio cosa vogliono dire? Secondo Paul Virilio su il manifesto del 26/7/8: “La strategia militare sembra essersi dislocata nel cuore stesso delle città”. 

Degli incidenti sul lavoro è meglio non parlare. Anzi, il gruppo industriale Marcegaglia è stato premiato con la presidenza di Confindustria nonostante che negli ultimi mesi è alla ribalta - nei trafiletti dei giornali - per via degli incidenti sul lavoro. Delle malattie professionali non si sa neanche cosa siano.  
    
Adriano Prosperi su la Repubblica del 30/07/08: oltre al peso speciale per ogni crimine commesso da un immigrato clandestino “Sotto il segno della sicurezza nazionale sono state prese decisioni e compiuti atti formali assai rilevanti: stato d’emergenza, registrazione delle impronte digitali di minoranze etniche, presenza dell’esercito nelle città. In altri tempi qualcuno avrebbe sospettato un disegno occulto, l’avanzarsi a passi felpati di un regime d’eccezione, con dosi omeopatiche di uscita dalla democrazia in vista di un autunno rovente. Non è più tempo di quei sospetti. Tutto avviene distrattamente e senza passione, in un gioco di scambio tra le promesse della campagna elettorale (‘tolleranza zero’, una formula importata anch’essa dagli Usa) e l’indice di gradimento degli eletti. Mantenere alta la febbre dell’insicurezza, questo è il programma”. E Marco Bascetta, sul manifesto dell’8/8/8, parla di ‘federalismo della repressione’ con il territorio considerato come proprietà privata degli ‘autoctoni’.  

Una sicurezza che non viene garantita sui luoghi di lavoro oppure lungo le strade né viene imposta contro mafia, camorra e ‘ndrangheta; è invece sottomissione all’ingiustizia sociale dei ceti deboli, meglio se emarginati e ancor più se stranieri. E’ la strada che ha portato alla fine dell’uguaglianza dei diritti.
Sicurezza sul piano dei diritti umani, del lavoro e della previdenza, dell’assistenza sociale e della prevenzione infortunistica, della ricerca alimentare e della qualità della vita e della felicità; la luminosità e la qualità dell’aria, dell’acqua, del cibo; sicurezza economica che ha ceduto il passo alla precarietà diffusa che diventa condivisa e pure accettata.   
I dati di quest’estate, a cura del Censis, rivelano che, rispetto agli omicidi, gli incidenti sul lavoro sono quasi il doppio e i decessi sulle strade otto volte di più. A tal proposito, su la Repubblica del 10/8/8, Ilvo Diamanti commenta amaramente: “Morire sul lavoro o sulle strade non fa spettacolo e non sposta voti. Non favorisce il governo né l’opposizione. Né la destra né la sinistra. Perché al centro di questi reati, di queste trasgressioni non sono gli altri. Siamo noi, i nostri valori, le nostre abitudini, i nostri stili di vita. Per cui, facciamoci coraggio: nei cantieri e sulle strade vi saranno ancora vittime. Troppe. Accompagnate da molto dolore, un po’ di rabbia e tanta rassegnazione”.    

Paura di non arrivare a fine mese. 
Paura di iniziare e paura di finire. Paura dell’acqua, del cibo, dell’aria. 
A Pechino, a fine giornata, la gente torna a casa di regola con mal di gola e bruciore agli occhi. 
Paura – ovviamente - di esser sinceri con gli altri e con noi stessi.
Paura di fare e di ricevere domande: fra gli amici, sul posto di lavoro, in famiglia.
Siamo presi in carico dagli agenti pubblicitari che dispensano sicurezza vs la fragilità di ognuno.
Il giorno in cui sanità e previdenza pubbliche - dopo esser state poste in condizione di non funzionare - avranno bisogno di soldi pubblici, i commensali del potere si comporteranno come con il sistema finanziario (assumendosi ogni onere) oppure decideranno di affidarle alle sapiente mani del libero mercato?
 
L’unica paura che svanisce è quella della morte sotto i colpi dell’ignoranza ed Edgar Morin ci ricorda ne ‘L’uomo e la morte’ che: “dimenticare la morte è sempre dimenticare se stessi”. Poi, andando avanti nel suo ragionamento Morin rileva: “…il gruppo arcaico – vero e proprio compendio della specie – concede lo status di ‘uomo’ solo ai propri membri: tanto il linguaggio quanto i comportamenti arcaici testimoniano in effetti una tendenza a considerare colui che viene chiamato ‘lo straniero’ ben più estraneo all’umanità del gruppo di quanto lo sia un animale o una cosa ”.    

A Bologna, il questore Luigi Merolla dice che dati alla mano: via Indipendenza per gli scippi è più pericolosa di piazza Verdi, da la Repubblica del 11/7/8. Ma l’assessore Libero Mancuso la vede diversamente e ha fatto titolare: “Riprendiamoci piazza Verdi” da la Repubblica del 7/06/08 (questo qui chi lo vota?). 
Per buona pace degli amministratori cittadini –  le tracce dei quali saranno da andare a reperire negli archivi comunali – gli studenti nelle piazze di Bologna ci furono, ci sono e ci saranno ancora. 

A Bologna la vice sindaco Adriana Scaramuzzino e lo stesso assessore Mancuso, invece di svolgere il previsto compito di illuminare il Principe e la Giunta – provenendo da un pezzo di magistratura attenta alle questioni politico-sociali - son finiti anche loro nella melma, nostro malgrado; al più sin sono distinti per qualche brillante intervista buttata lì sui giornali, tanto per. 
Ad esempio, la vicesindaco Adriana Scaramuzzino (da la Repubblica del 6/08/08) illustra: “I comuni possono proporre stili di vita diversi e sostenerli concretamente. Nel momento in cui si ha solo un’impostazione di tipo sanzionatorio e non si fronteggiano le emergenze offrendo percorsi diversi, significa che stiamo precipitando velocemente verso lo stato di polizia”.
  
Tornando dalle parole ai fatti, a Bologna nella primavera scorsa c’è stata “la fiera delle ronde”. 
Quelle di An, quelle della Lega, i professionisti dei City Angels (giunti in trasferta da Milano), gli studenti pruriginosi, per finire a qualche voce favorevole proveniente dalla Cgil e dall’Istituto Gramsci, per non parlare delle dichiarazioni d’entusiasmo in arrivo dalle categorie del commercio e dell’industria, per cui le cronache locali facevano da ‘Onda verde’ delle ronde con i bollini colorati e le vie alternative cosicché si sapeva chi, come, quando e quale strada sarebbe stata battuta dai volenterosi; insomma il problema era smistarle in cerca di protagonismo politico-mediatico. (Son rimaste al momento fuori le storiche pattuglie cittadine, perché dieci di loro sono accusati di usurpazione di funzione pubblica e lesioni avvenute durante due manifestazioni di piazza ma nel frattempo sono stati già riabilitati dal Comune - che ha rinnovato la convenzione - ancor prima della conclusione della vicenda giudiziaria…). Ma qualcosa forse non ha funzionato se, con la discesa in campo dei Centri sociali – che giorno per giorno contribuiscono a non lasciar morire la città - si è arrivati alla ‘guerra delle ronde’ denunciata da la Repubblica del 7/05/08.
Alla fine della fiera, a luglio l’Alma Mater Studiorum - dopo aver in precedenza preso nettamente posizione contro le ipotesi di pattuglie di studenti: “sono invenzioni” (la Repubblica, cronaca di Bologna del 24/04/08) - ha invertito la marcia e lanciato insieme al Comune il bando per le “forme di intervento per il rispetto delle regole”. Possono parteciparvi i gruppi iscritti sia all’elenco cittadino delle libere forme associative sia all’albo riconosciuto dall’Ateneo. Ma l’apice si raggiunge quando il prorettore Paola Monari – presentando l’iniziativa – si fa sfuggir di bocca che gli studenti “devono comprendere che sono ospiti graditi, ma ci sono doveri da rispettare”. 
Sta parlando degli universitari che fanno parte della città di Bologna da oltre novecento anni. Questa non è una caduta di stile: è una tristezza!
Si è arrivati al bando congiunto di Comune e Università che prevedeva in autunno il via libera alle Associazioni giovanili riconosciute da entrambe e interessate a gestire l’attività. Il Comune al momento ha stanziato un fondo di 18 mila euro per il rimborso spese a favore delle Associazioni.
Il bando a settembre è andato infine deserto: nessuna associazione studentesca si è candidata!

La sicurezza come: ordine pubblico, guerra ai poveri; da anni si parla di lotta al degrado intesa allo scopo di vetrinizzare Bologna, renderla scintillante; da venderla e non da viverla. La prossima, prevedibile mossa sarà la cacciata di una gran parte degli studenti universitari dal centro storico con il trasferimento delle sedi (fantascienza?). Ci rimarranno i turisti da ristorante, banche e sedi di assicurazioni a volontà, tutto ciò che rende.     
Dalle cronache locali: sì deciso del Capo della procura in merito ai vigili forniti di spray al peperoncino e manganelli; dopo qualche giorno, arriva il no del Prefetto. 
Le manifestazioni di pubblici dipendenti, contro la finanziaria, sono vietate se fatte sotto la sede di Forza Italia in via Santo Stefano. Ma forse il no è venuto proprio perché si sarebbe trattato di pacifiche persone che avrebbero fatto notizia in quanto tali, nei contenuti della protesta e non per scontri con la polizia…
Ma è proprio vero che – come dice Galimberti - c’è stato il crollo di tutte le ideologie con la scomparsa dei sentimenti e delle passioni che le sostenevano? Oppure il sistema ne ha creato altre; ideologie che scavano indisturbate sotto pelle: il sesso e la tv, la paura e l’insicurezza?

E poi c’è la paura vera e propria. 
Quella delle forze dell’ordine che macellano a Genova 2001 o manganellano i pensionati che manifestano a Roma o caricano la gente in Val di Susa, a Vicenza, a Chiaiano; paura della magistratura e delle leggi deboli con i forti (ad esempio per i reati finanziari oppure dimenticando di legiferare il reato di tortura) e forte con i deboli (vietando perfino di rovistare nei cassonetti– Sic!). 
Paura dell’Impero con Guantanamo, Abu Ghraib, le carceri e i Cpt appaltati all’estero (come fa anche l’Italia con i tre Centri in Libia) nonché con il trasferimento dei nemici in paesi con minori protezioni legislative, allo scopo di avere mano libera. Paura quindi delle torture fisiche e psichiche, ma oggi meglio sensoriali e identitarie, fino alla tortura legata alle sensibilità culturali.    

Non ci sono soltanto cattive notizie; il duo Guazzaloca-Cofferati ha subito la sonora sconfitta di Sala Borsa, costretti a chiudere la fallimentare sagra dei privati. Da questa estate, i bolognesi sono tornati da godere della loro piazza pubblica.  

I concetti di integrazione e tolleranza piano piano vengono superati dagli studi antropologici e attualmente si va verso un “uno più uno” cioè immigrati in cui convivono la cultura d’origine e quella d’arrivo; diventano più ricchi di noi. Federare le differenze, cioè non integrarle o includerle, ma invece aggiungere cultura a cultura.

Di isolamento sociale nei confronti degli immigrati non ne parla nessuno. Nei bus può accadere di sentire che alcuni si lavano meno rispetto alle nostre (eccessive) abitudini; in quei casi, spesso ci si dimentica che sono le condizioni di vita a determinare la salute (e la pulizia) delle persone.
 
Affrancarsi dalla paura è andare in direzione opposta a quella di chi spende per le ronde; vuol dire eroderne il consenso giorno dopo giorno, delibera dopo delibera, capitolo di spesa dopo capitolo di spesa.

I servizi in futuro non avranno alcuna funzione di risarcimento sociale per chi ha meno opportunità.
Il professor Massimo Pavarini – già in un’intervista del settembre 2005 - faceva notare: “…la sicurezza da bene pubblico si è progressivamente trasformata in bene privato…Se ti muovi in una dimensione privata della sicurezza, non c’è dubbio che gli attori più forti si accaparrano quote maggiori di sicurezza a scapito dei più deboli. Già adesso si vendono gli immobili con il valore aggiunto della sicurezza: questa abitazione in questo quartiere vale il 20% di più, non perché c’è più verde, ma perché è più sicura…Oggi non si parla più della sicurezza come sicurezza dei diritti, ma come diritto alla sicurezza, e pertanto di un bene scarso”.
     
Un’amministrazione di sinistra deve rimettere al centro il diritto alla città, diritto ai servizi e agli spazi pubblici per tutti i cittadini. Bologna, con l’uno-due Guazzaloca-Cofferati, è passata da città dell’accoglienza a città del degrado, della moschea cancellata e degli sgomberi. Il Comune adesso usa chiedere risarcimenti del danno a favore della collettività costituendosi parte civile in processi in cui è stata “messa a repentaglio la tranquillità e l’incolumità dei cittadini”. E anche la Procura di Bologna in questi ultimi anni sembra aver applicato quel vecchio detto greco che recita: la giustizia è come una ragnatela, i forti la sfondano e i deboli ci rimangono impigliati.
 
A Bologna la polizia municipale (ex vigili urbani) denuncia chi difende i punkabestia (ved. Repubblica – Bo del 31/08/08). Viene attuata una sicurezza che come paradosso non solo non si occupa di donne, gay, giovani, ecc. ma va a toccare una progressiva sottrazione proprio dei loro diritti: di privacy, di movimento, di comportamento, di libertà in genere. 
Quest’estate il ministro degli interni Roberto Maroni ha firmato il decreto attuativo che attribuisce poteri speciali ai sindaci in materia di sicurezza. Potranno intervenire con meno controlli da parte della magistratura su fenomeni come: prostituzione, spaccio e consumo di stupefacenti, abusivismo e accattonaggio, occupanti di case e writers nonché per la chiusura di locali; per il tutto già stanziati 100 milioni di euro con la finanziaria 2009.   

Il prossimo futuro ci riserva un misto fra medioevo e postmoderno: l’idea dei braccialetti elettronici ai carcerati che potranno ‘uscire in libertà’, accompagnata a  quella dei ‘lavori obbligati’. E’ probabile che nessuno abbia dato uno sguardo ai bilanci dell’esperienza inglese (ved. Stefano Rodotà su Repubblica del 29/08/08). Nell’attesa di tali sviluppi, quest’anno l’Alma Mater Studiorum “ha blindato i test d’ingresso nelle facoltà a numero chiuso, come medicina e odontoiatria, con braccialetti di riconoscimento che dovranno essere indossati dai candidati”. (ved. la Repubblica del 28/08/08). 

La nascita della paura in Italia è da attribuire ai vili e micidiali attentati ad opera dei fascisti legati a settori dei servizi segreti e del potere.
 
Dalle cronache: gli uffici del Comune quest’estate hanno cambiato sede; proprio quelli dei servizi sociali son finiti su tutti i giornali per via di tempi e modalità del trasferimento, facendone pagare le conseguenze ai cittadini: in particolare ai minori e per le emergenze di strada; si rischia di “mandare in tilt tutta l’assistenza agli immigrati” oltre che quella ai senza tetto. Il problema non è solo quello di più risorse al sociale e di meno alle ronde; si tratta di una visione securitaria della quale sono succubi i nostri amministratori in tutti loro passaggi dell’attività quotidiana facendone dei paladini del “mostro mite”. 

Riconoscere libertà di culto non solo ai cattolici; in Germania si è scelto di costruire 184 nuove moschee mentre a Bologna il progetto è saltato.  

Sono lontani i tempi di quando nel ’32, Franklin Delano Roosevelt - presidente Usa del dopo crac - dichiarò: “l’unica cosa di cui dobbiamo aver paura è la paura”.

Dobbiamo costruire una città capace di non cacciar nel rusco un evento come quello del gay pride del 28 giugno 2008. La conoscenza, la fantasia, la bellezza, la cultura di decine di migliaia di persone Lgbt (Lesbian, Gay, Bi, Trans) non sono state sfruttate per arricchire una Bologna degradata. 

Roberto Ciccarelli, commentando su il manifesto del 3/09/08 il libro “I numeri del terrore” di Loretta Napoleoni e Ronald J. Bee, scrive: “I risultati politici ed economici non sono stati all’altezza delle intenzioni politiche. Innanzitutto , per l’attendibilità della minaccia: nel decennio trascorso, il Fronte di Liberazione della Terra negli Stati Uniti e il Fronte di liberazione degli animali in Gran Bretagna hanno compiuto più attentati di qualsiasi altra organizzazione fondamentalista islamica. Il commento più pregnante sul fallimento di queste politiche lo ha dato Jhon McCain: ‘Calcoliamo la probabilità di essere uccisi da un terrorista. E’ simile a quella di essere trascinati in mare aperto da uno tsunami’. Su un punto il candidato dei Repubblicani alla Casa Bianca sembra essere d’accordo con Barak Obama: l’inefficacia di queste politiche non giustifica le loro enormi spese. Napoleoni e Bee considerano l’operato della polizia: in Inghilterra su 1165 arresti per terrorismo, solo 41 persone sono finite sotto processo. A parte gli effetti deleteri sui diritti delle minoranze asiatiche e musulmane, i costi di queste politiche sono tanto alti, quanto ingiustificati. Napoleoni e Bee calcolano che, entro il 2011, Dowing Street spenderà 3,5 miliardi di sterline. Discorso analogo per gli Usa. Nel novembre 2007, il Comitato economico del congresso ha stimato che la spesa sostenuta per l’Afghanistan e l’Iraq è stata di 1600 miliardi di dollari…Ma l’analisi negativa costi-benefici non basterà a stornare risorse a favore di nuove politiche sociali. A parere di Napoleoni e di Bee, anche la dichiarata intensione di Obama di continuare la politica di Bush contro il ‘pericolo iraniano’ annuncia una politica basata sulla paura dell’atomica e sulla ‘dissuasione nucleare’. La paura è un’industria con un grande avvenire”.   

Se si fa un banale e rapido confronto, ricordiamo che il candidato Cofferati I venne eletto con gli slogan di: maggiore partecipazione dei cittadini e superare i Cpt. Le ultime interviste al candidato Cofferati II riportano i seguenti titoli nella cronaca di Repubblica: Cofferati promette più telecamere (11/9/8); Cofferati: “Nuove ordinanze contro alcool e locali fuori regola” (26/9/8).
Vale adesso la pena riportare le parole di chiusura di un articolo di Le Monde diplimatique di settembre 2008: “Al di là delle questioni etiche sollevate da questo dibattito, esiste una certezza: anno dopo anno, la videosorveglianza provoca, in termini di lotta contro la criminalita, un notevole spreco di denaro pubblico. O, per riprendere le parole di Mick Neville, responsabile dell’ufficio immagini, identificazioni e avvistamento (Viido) della polizia metropolitana di Londra (Scotland Yard): Un fiasco completo”. Parole da dedicare a quella che la Repubblica ha indicato come la città con il più alto numero di telecamere in Italia (al momento sono 250)? Nel dubbio, qualcuno corra ad avvisare il Sindaco.

La paura toglie forza; è un sentimento né di destra né di sinistra, sono le soluzioni sbagliate e il cittadino così spaventato è in balia di se stesso e degli altri.

Raccontano le ultime cronache che gli immigrati arrivano in Italia con i polpastrelli mutilati o bruciati così da non essere espulsi fino a quando non gli si potrà prendere le impronte!

Per finire, buone nuove. 
Enrico di Nicola (Capo della Procura) è andato in pensione e Paolo Giovagnoli (Pubblico ministero) è divenuto procuratore a Rimini; Pier Ugo Calzolari (Magnifico Rettore) e Paola Monari (Prorettore) sono in scadenza; Giorgio Guazzaloca e Sergio Cofferati possono essere sfrattati e diventare un ricordo. 

Per il 2009 basta metterci una croce sopra e la città di Bologna avrà un’occasione unica per tornare a respirare: senza paura! 

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bruno.leopoldo at libero.it