a 5 anni dal social forum di firenze





--- Mer 17/9/08, Marco Palomba <Marcomunica at tiscali.it> ha scritto:

> Da: Marco Palomba <Marcomunica at tiscali.it>
> Oggetto: Re: Da Marco Mayer
> A: "Marco Mayer" <mayerkos at yahoo.it>, "viedisviluppo at yahoogroups.com" <viedisviluppo at yahoogroups.com>
> Data: Mercoledì 17 settembre 2008, 13:39
> Gent.mo Marco,
> 
> 
> 
> Cmq, la ringrazio x le considerazioni, in maggioranza
> condivisibili...  Appena un appunto: i new global (pur non essendo cultore delle
> etikette), in queste pieghe complesse, del mondo super
> complesso, non sono
> nè delusi nè incantati a sognare.. Solo, lavorano, scelgono stili di vita sobri, si confrontano, non danno
> nè se stessi, nè niente.. per scontato.
> 
> Auguri !
> 
> 
> 
> Marco e Mari dalla Sardegna, peraltro 3 giorni fa nella sua
> Firenze
> (sic, trafficatissima)..
> 
>   Cari amici, 
> vi invio questa bozza e mi piacerebbe un vostro commento.
> grazie 
> Marco Mayer
> 
> 
> 
> Firenze a 5 anni dal Social Forum 
> 
> Nel 2009 la presidenza del G8 spetterà all’Italia.
> In vista del summit che dovrebbe tenersi alla Maddalena la
> campagna di mobilitazione della società civile sarà
> coordinata dalla ong toscana Ucodep insieme ad Oxfam
> International (la più grande ong del mondo). Una bella
> soddisfazione per tutta la Toscana, ma anche una  grande
> responsabilità per gli organizzatori in un’epoca in
> cui solo i disordini fanno notizia. Il primo impegno sarà
> garantire il carattere pacifico della mobilitazione.
> Prevenire la violenza non è un obiettivo impossibile: lo ha
> dimostrato il Social Forum di Firenze davanti agli occhi del
> mondo. Ma in che contesto si svilupperà la campagna
> internazionale? Il G8 sta per compiere il suo trentatreesimo
> compleanno, ma anche se il numero 33 evoca numerosi 
> significati simbolici - non ci sarà molto da festeggiare. I
> summit G8 - sempre più incapaci di risolvere le sfide che
> attraversano il mondo - si limitano ad offrire un
>  palcoscenico mediatico ai potenti di turno. Il G8 è
> innanzitutto logoro per la sua composizione: dal “club
> dei Grandi" sono esclusi il Brasile, l’India e la
> Cina, con i loro 2 miliardi e 634 milioni di cittadini. Se
> il G8 sembra aver perso la sua funzione, anche la spinta
> della società civile pare completamente esaurita. Il Social
> forum di Firenze e le sue bandiere per la pace sono un
> ricordo sbiadito, come se appartenessero ad un'altra
> epoca storica. 5 anni fa a Firenze sembrava tutto più
> semplice. Molti studiosi - sbagliando - pensavano che il
> mondo stesse diventando sempre più unipolare e che i
> processi di globalizzazione avrebbero consolidato il
> predominio degli Stati Uniti. Quella previsione era
> profondamente sbagliata tant’è che negli studi
> internazionali si usa sempre più spesso l’espressione
>  “mondo post americano” (anche se gli USA
> conservano la loro primacy militare). Gli slogan no global
> sono passati di moda perché i
>  giovani si sono trovati dinanzi una realtà diversa da
> quella che gli era stata raccontata ai Social Forum. Oggi il
> mondo è sempre più multipolare, pieno di contraddizioni,
> molto più complicato da decifrare. Chi non ne fosse
> convinto legga le cronache di questi ultime settimane. Lula
> chiede un fondo mondiale di 21 miliardi di dollari per
> interrompere la deforestazione dell’Amazzonia (il più
> grande polmone del mondo) perché gli agricoltori brasiliani
> hanno, viceversa, necessità di terre da coltivare. E che
> dire dell’India? A Doha la più grande democrazia del
> mondo sfida frontalmente l’Occidente facendo saltare
> gli accordi commerciali del WTO, ma negli stessi giorni
> firma un accordo con gli Stati Uniti per rafforzare il
> proprio arsenale nucleare nel tentativo di controbilanciare
> l’ascesa della potenza cinese. L’Iran risuscita
> l’antico fronte dei paesi non allineati (30 anni fa
> prediletto da Tito) coinvolgendo 118 paesi nel supporto alle
>  proprie ambizioni nucleari. Contemporaneamente la
> Conferenza Islamica rivendica un seggio permanente nel
> Consiglio di Sicurezza e la Serbia sostiene di aver convinto
> la maggioranza dei membri ONU a contrastare
> l’indipendenza del Kosovo. Passano pochi giorni e la
> Russia affianca alla potentissima Gazprom (l’azienda
> di stato per il gas e il petrolio) una nuova società
> pubblica per l’esportazione di grano nella speranza di
> garantirsi un’analoga influenza nel commercio
> internazionale dei cereali; tutto ciò avviene mentre Putin
> spedisce bombardieri, armata rossa e cosacchi a stroncare
> sul nascere le azzardate avventure dell’esercito
> georgiano nell’Ossezia del Sud. Ultima - e questa
> volta ottima - notizia della settimana: il Pentagono nega al
> Ministro Barak il permesso di sorvolare i cieli
> dell’Iraq, bloccando la tentazione israeliana di
> bombardare l’Iran. A chi non è bastata la cerimonia
> olimpica di Pechino queste scarne note di cr
> onaca
>  parlano chiaro: qualcosa di profondo è mutato negli
> equilibri di potere del pianeta. Ma sinora
> l’impostazione culturale “neoidealista” 
> ha impedito  ai movimenti ed agli intellettuali no global di
> cogliere l’importanza di questi mutamenti sistemici. I
> loro manifesti si limitano a citare gli obiettivi del
> Millennio delle Nazioni Unite, ma non si domandano se, come,
> quando e soprattutto chi sia in grado di raggiungerli. Si
> dimentica insomma che il successo delle politiche dipende,
> innanzitutto, dalla politica; la complessa attività umana
> in cui si intrecciano: ambizioni dei leader e rivalità tra
> gli Stati, competizione tra interessi economici, ricerca
> tecnologica e sfruttamento delle risorse naturali,
> mobilitazioni sociali e forza delle idee (e della
> comunicazione). Per non alimentare illusioni sarà bene che
> Ucodep ed Oxfam - prima di lanciare la campagna per il G8
> alla Maddalena - stimolino tutti i soggetti- le università
> in primis -  a
>  compiere analisi aggiornate sulle complesse dinamiche
> politiche che influenzano gli equilibri del mondo. Studiare
> queste dinamiche è indispensabile se vogliamo comprendere
> le cose che non ci piacciono. Non ci piacciono la povertà,
> i prezzi fuori controllo, le carestie, le catastrofi
> ambientali, le crisi finanziarie, il terrorismo, il Caucaso
> o la Somalia in guerra… Ai giovani non piace questa
> drammatica turbolenza; allora perché i ragazzi no global
> sono spariti insieme alle migliaia di bandiere della pace?
> Al Social Forum di Firenze erano in tanti e c’era
> tanta voglia di fare; poi è subentrata la delusione:
> impotenza fisiologica quando la retorica scambia “il
> dover essere” con “la realtà
> dell’essere”. Eppure, al netto delle frasi
> fatte, dei mille stereotipi, della demagogia antiamericana -
> i ragazzi in marcia nel 2002 erano portatori di un nocciolo
> di verità: l’allarme rosso sul futuro del pianeta. La
> campagna per il prossimo 
> G8 a
>  presidenza italiana potrebbe utilmente raccogliere questo
> allarme. Questa volta, però, evitiamo le illusioni
> razionalistiche (come se bastasse aver ragione o trovare le
> ricette giuste per risolvere i problemi del mondo). Il
> nostro pianeta - per quanto globalizzato ed interdipendente
> - è ancora animato dall’interagire degli interessi
> nazionali degli Stati e dalle ambizioni politiche,
> economiche (e talora religiose) delle rispettive leadership.
> E accanto agli Stati si muove un numero crescente e
> rilevante di attori non statali: dalle grandi corporation
> multinazionali alle comunità scientifiche, dai media
> tradizionali alla galassia del web, dai gruppi terroristici
> e della criminalità organizzata alle grandi ONG
> transnazionali (Oxfam compresa). Senza cogliere le mille
> interazioni tra questa molteplicità di forze, senza
> approfondire le dinamiche di potere tra gli attori
> ricadremmo facilmente in una nuova miopia culturale. Miopia
> che può esprimersi in
>  tante forme diverse: dalla ingenua retorica cosmopolita
> del “cittadino del mondo” alla chiave
> iperlocalista (sia essa declinata nella versione
> “first local!” del progressista Vermont o in
> quella più gretta del municipalismo leghista. Allora che
> fare?  Cominciamo con l’invitare i giovani,  il mondo
> accademico e le associazioni non governative di tutti
> continenti (non soltanto noi, “soliti noti”
> occidentali) a studiare e pensare "sine ira ac
> studio" il futuro del mondo. E smettiamola di
> favoleggiare su un mondo privo di convenienze economiche,
> ambizioni di potere, orgoglio nazionale e passioni
> identitarie. L’interrogativo è come e a che cosa
> applicare la forza delle ambizioni e la voglia di
> primeggiare? Nell’incerto futuro ecologico del nostro
> pianeta, i popoli, i territori - non ultime le città -
> sentiranno sempre più forte la voglia di sopravvivere (che
> è anche la più intensa delle energie vitali). Per le
> città (se non v
> ogliono
>  diventare i killer del creato) l’imperativo sarà
> quello di rivoluzionare la propria organizzazione urbana in
> modo da ridurre drasticamente l’inquinamento, 
> promuovere il risparmio energetico, privilegiare le fonti
> rinnovabili, creare nuovi parchi e aree verdi. Una
> rivoluzione che dagli infissi delle finestre e
> dall’impianti di riscaldamento della nostra casa si
> irradia a mille altri aspetti della vita urbana: la
> riscoperta della bicicletta, le city car per i taxi,
> l’uso intelligente del web 2 nelle pubbliche
> amministrazioni, l’utilizzo sociale dei prodotti
> alimentari in scadenza nei negozi dell’
> Unicoop,ecc,ecc... Con tante azioni combinate la città eco
> sostenibile potrà finalmente privilegiare la qualità della
> vita dei suoi cittadini contribuendo alla riduzione delle
> emissioni nocive. Peccato che - a differenza di Friburgo - 
> sino ad oggi Firenze non abbia ambito a diventare la
> capitale mondiale delle città eco sostenibili. Ecco la
>  missione del nuovo sindaco. All’unica persona che ha
> avuto il coraggio di dichiararsi, Daniela Lastri, ma anche
> agli altri esponenti PD di cui si sussurra, Vannino Chiti,
> Graziano Cioni, Matteo Renzi e Lapo Pistelli chiedo: non
> sarebbe l’ora che Firenze diventi una città meno
> grigia (non solo per lo smog) e più ambiziosa? A Denis
> Verdini ed ai suoi collaboratori di centro destra un invito
> ad evitare che come al solito Tremonti non si metta di mezzo
> e tiri fuori i fondi per la  legge speciale da utilizzare a
> questo scopo. Oggi passeggiando nel caos del centro è
> difficile crederci, ma Firenze potrebbe davvero candidarsi
> al ruolo di capitale mondiale delle città eco sostenibili
> diventando così lo spazio urbano (e la vetrina) dove
> sperimentare le più avanzate scoperte scientifiche ed
> imprenditoriali del mondo. La città ne ha il pieno diritto
> in nome del proprio peculiare umanesimo che ne fece dal 15°
> secolo una grande capitale, aperta e
>  creativa. Da qui si irradiò in tutta Europa il Dna della
> civiltà moderna nel gusto, nella scienza, nelle arti,
> nell'economia e nella politica. Nel secolo post
> americano la fragile identità europea può ricercare le
> proprie radici nell'apertura culturale
> dell’umanesimo fiorentino al di là dei retorici
> richiami al cristianesimo ed all’illuminismo in cui da
> opposti fronti si  pretende di definirla e circoscriverla.

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