Tolstoj La guardia e il mendicante
Quando il potere pubblico vieta la carità
"Una sera d’inverno del 1891, a Mosca, il conte Leone
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Tolstoj vide una guardia municipale che trattava brutalmente un
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mendicante. Egli interpellò il funzionario chiedendogli: “Hai mai letto
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il Vangelo?”. Al che il poliziotto rispose: “E tu, non conosci il nostro
> regolamento?”. Tutto il problema dell’obiezione di coscienza è
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contenuto, in piccolo, in questo dialogo".
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> Mi scrive Mao
Valipana: Ricordo di aver letto l'episodio in un libro di Cattelain (primi anni
> '70) sull'obiezione di coscienza.
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Mi segnala il testo completo e preciso Gianfranco Giorgi, gianfrancogiorgi at virgilio.it :
Giorni fa stavo andando alla porta Borovickaja; presso di essa sedeva un
vecchio, un accattone sciancato, avvolto in cenci fino alle orecchie. Estrassi
il borsellino per dargli qualcosa. In quel momento dal colle del Cremlino
accorse un giovane gagliardo, dal viso rubizzo, un granatiere col "tulup"
d'ordinanza. Il mendico, visto il soldato, balzò in piedi impaurito e corse
zoppicando giù verso il giardino di Alessandro. Il granatiere prese a
inseguirlo, ma si fermò senza raggiungerlo e si mise a rimbrottare l'accattone
perché non dava retta ai divieti e sedeva presso la porta. Attesi là il
granatiere. Quando giunse alla mia stessa altezza, gli chiesi se sapesse leggere
e scrivere.
"Si, e allora?" "Hai letto il Vangelo?" "L'ho letto." "E hai
letto: - Colui che darà da mangiare all'affamato ... -?" E gli riferii questo
passo. Lo conosceva e mi ascoltò. E vedevo che era turbato. Due passanti si
fermarono ad ascoltare. Era evidente che il granatiere era addolorato dalla
sensazione di apparire improvvisamente dalla parte del torto, nel compiere in
modo eccellente il suo dovere, scacciando il popolo da dove gli avevano ordinato
di scacciarlo. Era turbato e palesemente alla ricerca di pretesti.
Improvvisamente, nei suoi intelligenti occhi neri balenò una luce; mi si
affiancò, come per congedarsi. "E tu hai letto il regolamento militare?" chiese.
Dissi che non l'avevo letto. "Allora non parlare", replicò il granatiere,
scuotendo trionfalmente la testa e, avviluppatosi nel "tulup", si diresse con
baldanza verso il suo posto di vedetta. Questa fu l'unica persona in tutta la
mia vita che abbia risposto in modo rigorosamente logico all' eterna
domanda, che nel nostro sistema sociale si presentava davanti a me e si
presenta davanti a ogni uomo che si definisca cristiano.
Lev
N. Tolstoj, La mia fede, Giorgio Mondadori 1988, pp. 43-44
***
Segnalo anche questa dal Che fare?
Tutta la vita
l'ho trascorsa lontano dalla città.
Quando, nel 1881, mi trasferii a Mosca,
rimasi stupefatto dalla miseria della città; so cos'è la miseria della
campagna, ma quella della città era per me nuova e incomprensibile. A Mosca non
si può attraversare la strada senza incontrare mendicanti, mendicanti
particolari, diversi da quelli dei villaggi. Essi non portano la bisaccia e non
chiedono in nome di Cristo, come quelli di campagna. I mendicanti di Mosca non
portano bisaccia e non chiedono l'elemosina. Quando vi vedono o quando passate
vicino a loro, in genere cercano solo di incontrare i vostri occhi: a seconda
del vostro sguardo, chiedono l'elemosina o non la chiedono. Di questo tipo ne
conosco uno, di origine nobile. Il vecchio cammina lentamente, pencolando ora su
una gamba, ora sull'altra. Quando vi incontra, si inchina su un ginocchio e
sembra che vi faccia una riverenza. Se vi fermate, porta la mano al berretto con
la coccarda, saluta e tende la mano; se non vi fermate, allora fa finta che
quella sia la sua normale andatura e passa oltre, piegandosi allo stesso
modo sull'altra gamba. Ecco un vero mendicante di Mosca, uno che sa il fatto
suo. Dapprima non sapevo perché i mendicanti moscoviti non chiedessero
l'elemosina apertamente; solo in seguito ne compresi il motivo, senza tuttavia
comprendere bene la loro situazione.
Passando un giorno per il vicolo
Afanas'evskij vidi una guardia municipale che faceva salire su una carrozza di
piazza un muzik, cencioso, gonfio, idropico.
« Perché? », gli chiesi.
«Per accattonaggio », rispose la guardia. «È forse proibito? »
« Vuol
dire che è proibito. »
Il muzik fu portato via con la carrozza. Chiamai un
altro vetturino e li seguii. Volevo sapere se veramente fosse proibito chiedere
l'elemosina e in che cosa consistesse il divieto. Non riuscivo infatti a capire
come si potesse proibire a un uomo di chiedere qualcosa a un altro uomo e poi
stentavo a credere che fosse proibita la carità in una città cosi piena di
mendicanti.
Entrai nel posto di polizia in cui l'accattone era stato
condotto. Li, dietro un tavolo, era seduto un funzionario con sciabola e
pistola.
«Perché hanno arrestato quel muzik? », gli chiesi. Egli mi guardò
con severità.
«E voi, che c'entrate? », mi disse. Sentendosi, tuttavia, in
dovere di darmi una spiegazione, aggiunse: «I superiori hanno dato ordine di
arrestare questa gente; vuol dire che si deve fare. »
Uscii. La guardia,
quella che aveva portato il mendicante, appoggiata al davanzale della finestra
dell'anticamera guardava con scoramento qualcosa su un taccuino. «E proprio
vero che ai poveri è proibito chiedere nel nome di Cristo? », lo interrogai.
La guardia si scosse, mi guardò, poi aggrottò le sopracciglia, o meglio
sembrò riassopirsi, e, sedendosi sul davanzale, borbottò:
« È un ordine,
vuol dire che si deve fare cosi », e di nuovo tornò a occuparsi del suo
taccuino.
Uscii fuori, dal mio vetturino.
«E allora, l'hanno messo
dentro? », chiese il vetturino, anch'egli evidentemente interessato a
quella storia. « Si. » Il vetturino scosse la testa.
« Ma come funziona qui,
a Mosca?! Possibile che sia proibito chiedere l'elemosina in nome di Cristo? »,
esclamai.
«Chi li capisce! », disse il vetturino.
«Ma come, un
mendicante in Cristo, e lo mettono dentro? »
«Ormai, al giorno d'oggi ...
Non lo permettono », disse il vetturino.
Dopo quel episodio mi capitò altre
volte di vedere mendicanti condotti al posto di polizia e quindi alla casa di
lavoro Jusopov.
Un giorno, in via Mjasnickaja, ne incontrai una trentina,
preceduti e seguiti da guardie. « Perché? », chiesi.
« Per accattonaggio. »
[…]
Lev N. Tolstoj, Che fare? , Mazzotta 1979 , pp.
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