Valerio Evanglisti: Cos'ho detto alla Fiera del Libro di Torino



ricevo da Valerio Evangelisti e ve lo giro (ciao, Db)

- Ho detto che approvo incondizionatamente il sacrosanto boicottaggio della
Fiera del Libro di Torino.
- Ho detto che la scelta della Fiera del Libro di celebrare la nascita dello
Stato di Israele ha origini sospette e contenuti ambigui.
1) Non è normale che a proporre (imporre) l'evento alla Fiera del Libro di
Torino e al Salone del Libro di Parigi sia stato il Ministero dell'Interno
israeliano, che ha istituito un ufficio apposito. Di norma, eventi del
genere sono proposti dal Ministero della Cultura, dall'associazione degli
editori o da organi simili.
2) Non è normale fingere di ignorare che la data del 1948 celebra sia la
nascita di Israele che la cacciata di centinaia di migliaia di palestinesi,
con il terrore, dai luoghi in cui vivevano da secoli. Ciò è stato ampiamente
documentato dallo storico Benny Morris (per inciso, israeliano e
nazionalista) nel suo libro "The Birth of the Palestinian Refugee Problem",
sulla base di una massa di documenti. Dimostra, fra l'altro, che furono gli
israeliani a inventare lo "stupro etnico", che si crede risalire alla guerra
nella ex Jugoslavia. Celebrare un evento significa celebrare anche l'altro,
concomitante.
(Ho aggiunto che chi nega che un'identità palestinese sia mai esistita prima
del 1948, come facevano i governi israeliani fino a soli dieci anni fa,
dovrebbe spiegare - visto che si parla di scrittori - come mai esistesse una
Unione degli Scrittori Palestinesi fino dagli anni '20 del Novecento).
3) Non è normale che la celebrazione della nascita di uno Stato - cosa
abbastanza incongrua in una manifestazione letteraria - avvenga proprio
mentre quello Stato, reduce dai bombardamenti sul Libano, attua su Gaza la
più feroce delle sue azioni. Ho portato l'esempio del divieto del passaggio
dei confini alle ambulanze che trasportano ammalati gravi. Ciò ha già
causato 130 morti, molti di più stanno per subire la stessa sorte.
(Si dirà che a Gaza predomina Hamas. E' vero, ma proprio Israele ha
incoraggiato la crescita di Hamas, quando le serviva per logorare le altre
forze palestinesi. Si veda J. Dray, D. Sieffert, "La guerre israélienne de
l'information", La Découverte, Paris, 2002, pp. 53 ss. La stessa azione ha
svolto l'assieme dell'Occidente. Lo ha documentato, tra molti altri, Alain
Gresh, in una serie di articoli su Le Monde Diplomatique - per esempio
questo: http://www.monde-diplomatique.fr/2007/07/GRESH/14904. Gresh, sia
detto per inciso, è di origine ebraica.)
4) Non è normale, anche se rientra nel novero della pura goffaggine, tirare
uno schiaffo all'Egitto. Questo paese aveva avuto l'Italia quale ospite
d'onore alla Fiera del Libro del Cairo del 2007. L'accordo era uno scambio
di cortesie nel 2008. Invece la Fiera del Libro di Torino ha, quasi
all'ultimo momento, scaricato l'Egitto e "caricato" Israele. Mi chiedo quale
banda di idioti governi la Fiera.

- Ho detto che il seguito della storia di Israele non è tanto più glorioso,
malgrado l'epica che gli è stata costruita sopra.
1) Da ragazzino fui ingannato anch'io, e credetti che la "guerra dei sei
giorni" fosse stata combattuta dal Davide Israele contro un Golia
rappresentato dai paesi arabi aggressori. Persino questa realtà un tempo
certa appare dubbia, dopo il libro del solito storico  israeliano Benny
Morris "Vittime". Ed. Rizzoli, 2001.
2) Nel dialogo che ha concluso il dibattito, ho spiegato di avere trovato
tracce di presenza israeliana in molti quadranti dell'America Latina.
Israele ha sempre sostenuto i Duvalier di Haiti, padre e figlio. Ha inviato
armi e consulenti in Guatemala, in Honduras e tra i contras che attaccavano
il Nicaragua sandinista. Ha tuttora forze massicce impiegate
nell'antiguerriglia del presidente colombiano Uribe. Per non parlare del suo
costante sostegno al Sudafrica pre-Mandela e ad altri regimi reazionari
africani.
3) Il regime interno israeliano, malgrado le apparenti forme democratiche,
somiglia tantissimo all'apartheid del vecchio Sudafrica. Nessun arabo
palestinese inglobato fin dal 1948, pur avendo cittadinanza israeliana da
decenni, è ammesso nell'esercito, per dirne una. Il resto lo lascio alla
testimonianza di un israeliano coraggioso, Yoram Binur, che si finse
palestinese e in un libro, "Il mio nemico", ed. Leonardo, 1981, narrò la sua
esperienza terrificante. Binur non è affatto un filo-palestinese,
tutt'altro. Si limitò a raccontare la verità.
4) E' sotto gli occhi di tutti lo scandalo degli insediamenti di coloni
ebraici in Gaza e Cisgiordania. Quanto più Israele si impegnava ad
abbatterne, tanto più se ne costruivano. Ciò in nome di un sempiterno
richiamo al "diritto di Israele alla sopravvivenza", alibi per commettere
crimini d'ogni tipo.
5) E' vero che i palestinesi si sono macchiati e si macchiano di eccessi
sanguinosi, però non è superflua la domanda: chi ha cominciato? La Seconda
Intifada iniziò con ragazzini che tiravano sassi. Solo dopo che cento
palestinesi erano morti, inclusi molti bambini, cadde il primo israeliano.
Analogamente, il "terrorismo palestinese" nacque verso il 1970, ventidue
anni dopo il terrorismo israeliano sui palestinesi.
6) Attualmente, oltre a strangolare Gaza e Cisgiordania, Israele ha
cominciato a reprimere anche i palestinesi che hanno la sua cittadinanza.
Creato il nemico, spintolo all'integralismo islamico, riaffiorano i
propositi di cancellarlo per sempre, proprio come etnia. Molti ministri
israeliani ne parlano senza riserve.
E questo lo Stato cui la Fiera del Libro di Torino intende rendere onore,
celebrandone la nascita: una specie di apologia del colonialismo moderno.

E ora veniamo al tema degli scrittori. Boicottando (il che significa
semplicemente evitarla) la Fiera del Libro di Torino, ciò implica condannare
al rogo autori e  libri?
- In proposito ho detto:
1) Già una selezione di scrittori imposta dal Ministero dell'Interno
israeliano e dai suoi uffici di propaganda risulta sospetta.
2) I nomi più illustri, Grossman, Oz, Yehoshua, si sono pronunciati a favore
dei bombardamenti sul Libano (Grossman con tardivi ripensamenti) e, nel caso
di Yehoshua, a favore del "muro della vergogna". Quest'ultimo ha anzi
dichiarato che non vorrebbe mai avere un arabo per vicino. La loro
indipendenza dal potere è una leggenda che circola solo dalle nostre parti.
3) La cultura ebraica non c'entra nulla. L'ebraismo non è una razza, bensì
una religione con la serie di tradizioni che l'accompagnano. Gli ebrei, nel
mondo, hanno posizioni molto diverse. Tanti israeliani spesso non hanno
religione alcuna (quelli che conosco io, per esempio), e sono tali per via
delle credenze dei genitori. Tel Aviv è una delle città più laiche al mondo.
Qui non si parla di ebraismo, bensì di geopolitica.
4) Al di là delle singole personalità partecipanti, il boicottaggio (=
rifiuto di essere presenti, per non risultare complici) non è contro autori
e opere, né tantomeno contro "gli ebrei", ma contro un'operazione
propagandistica concordata tra governi.
- Nello specifico:
1) Di recente, lo storico e scrittore israeliano Ilan Pappe ("A History of
Modern Palestine", Cambridge University Press, 2004) è stato costretto, per
le minacce che riceveva da parte del suo governo, a lasciare la cattedra che
occupava presso l'università di Haifa e a trasferirsi in Inghilterra.
Propugnava la convivenza pacifica tra israeliani e palestinesi.
2) I vari governi israeliani hanno assassinato moltissimi scrittori, poeti,
intellettuali palestinesi, da Ghassan Kanafani ai coniugi Khader, passando
per decine d'altri. Se alcuni erano realmente militanti, Bichara e Naim
Khader si limitavano a scrivere e a rivendicare dignità e identità del loro
popolo. Sono stati uccisi solo per questo.
Domanda: è giusto glorificare in una Fiera del Libro uno Stato (non una
"cultura") che esilia scrittori propri ed elimina, tramite sicari, scrittori
appartenenti a una diversa etnia che si intende abolire?
Io lo trovo disgustoso.

Ora qualche osservazione alla lista. Prima di pronunciarsi, è bene
documentarsi. Se di un tema si conosce poco o nulla, è raccomandabile il
silenzio.  Per aiutare un po' tutti, cercherò di scrivere per Carmilla un
post simile a questo, con riferimenti bibliografici molto più ampi.

E' disdicevole bruciare bandiere? Allora si vergognino quelli che, al tempo
della guerra in Vietnam, bruciavano la bandiera americana. La maggior parte
di loro viveva negli Stati Uniti.
E ora lasciatemi tornare ai pirati.
Ciao!

Valerio