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Invenzioni
- Subject: Invenzioni
- From: "bruno\.leopoldo\@libero\.it" <Bruno.Leopoldo at libero.it>
- Date: Fri, 11 Apr 2008 18:37:49 +0200
Invenzioni Le missioni di guerra umanitaria rappresentano – come si sa – la madre di tutte le illegalità. Occupazioni, sfruttamenti, omicidi sono una vergogna verso gli altri ma prim’ancora verso noi stessi, a partire dai Padri della Costituzione. Le guerre italiane nel mondo simboleggiano l’invenzione della legalità. E la tortura, non è stata normata da nessun ‘nostro parlamento’; ma guarda un po’ il caso: nonostante fosse stata prevista da vari trattati internazionali già firmati, è rimasta legale! Su Repubblica del 26/3, parlando delle torture di Bolzaneto, Stefano Rodotà è facile profeta: “Una difesa della polizia in quanto tale può essere intesa come una promessa di copertura, la banalizzazione degli atti di violenza assomiglia ad una sorta di annuncio di una loro inevitabile ripetizione.” Inoltre il potere, persa ogni legittimità, promuove i più vigliacchi; si comporta senza ritegno. Che Gianni De Gennaro sia indagato, poiché quando era Capo della polizia ha istigato alla falsa testimonianza di un suo sottoposto, sta nella logica delle cose odierne; il dramma è che la società civile continua a mantenerlo a proprio spese non reagendo nemmeno più. D’altra parte, c’è chi si inventa l’illegalità. Se si liberano – come a Bologna - centinaia di palline di polistirolo in una farmacia (che pratica obiezione antiaborista nella vendita dei prodotti), si viene denunciati senza nemmeno avere idea di quale imputazione possa trattarsi; non si è fatto male ad alcuno né danneggiato cose. E ancora, cariche di polizia a gratis che hanno il fine di ottenere – come fosse un giochetto - le solite imputazioni di oltraggio e resistenza con relativo processo verso chi ha la colpa di difendersi o semplicemente di voler essere lì presente. Antonio Cassese conclude così un suo articolo su ‘la Repubblica’ del 20/3/8: “E non si tema di continuare a protestare: il giorno in cui smettiamo di indignarci per fatti come quelli di Bolzaneto, la democrazia è morta in Italia.” Sì, la democrazia risulta morta nel momento in cui sulle stesse pagine il 21/3 c’è Giuliano Amato che può permettersi di prendere per il culo gli italiani. Il suo tipo di danneggiamento è una forma derisoria di ogni persona che era in piazza a Genova nel 2001 nonché una calpestazione dello stato in cui versa la società civile. Il Ministro degli interni - che ha alimentato la carriera attraverso i propri fallimenti politici – mette in cassa la nuova misura dell’umano di quest’inizio millennio: lo sfruttamento della vulnerabilità. Secoli fa, Lorenzo Valla e Giovanni Pico della Mirandola ragionavano così: “Le verità scoperte nel proprio percorso di ricerca vanno rese pubbliche, senza timore di nessuna autorità umana.” [Da noi] argomenta Mario Pirani, incombe “una percezione del pericolo che ormai vale quanto un crimine.” Si è fatta strada la certezza che basta sopprimere il conflitto sociale con zelanti soggetti (giudici, poliziotti, politici, …) per eliminarne le cause; mentre, come afferma Marco Revelli: “ La democrazia vera è gestione non distruttiva del conflitto sociale, idea di usarlo come motore di sviluppo civile”. Rispetto a quanto detto nel tempo da alcuni studiosi, cioè che: “La democrazia è un regime fallito”, si può affermare che attualmente: “La democrazia è un regime”. Cosa fare? Come ha affermato Judith Butler a Roma il 27/3: “Sono necessarie forme di resistenza politica che rendano possibile lo scandalo; rendano possibile sentirsi oltraggiati” e come dichiara il filosofo Gillo Dorfles: “Bisogna manifestare orrore e ripulsa per questa società.” Oggi, le logiche di polizia sottomettono i presunti terroristi e impiccano Capi di Stato canaglia così come si permettono di liquidare stragi di stato e diritti umani fondamentali. Popolazioni massacrate dagli apparati economico-militari di sfruttamento e cittadini devastati dalla repressione; in ogni modo, esseri umani trasformati in bersagli indifesi da devastare. Scrive infine Massimo L. Salvadori su Repubblica del 26/3: “Tutto ciò porta a concludere che in Italia il regime che continuiamo a definire democratico costituisce forse una delle forme estreme di uno svuotamento della democrazia il quale ha preso corso, più o meno vistosamente, in tutti i paesi; e a poter o dover affermare che la funzione del popolo supposto sovrano è sostanzialmente ridotta a una mera legittimazione passiva del processo che porta alla formazione dei governi, la cui natura è di essere perciò ‘governi a legittimazione popolare’. Sarà la democrazia in grado, in primo luogo nel nostro paese, di trovare le vie di una sostanziale rigenerazione? Speriamo che per la sentenza non si debbano attendere i posteri.” Umberto Eco in merito sembra rassegnato; come ha dichiarato al supplemento culturale di El Pais, il futuro dell’Italia “dipende da quando moriranno alcune decine di persone, che già sono anziane; è un fatto biologico. E dopo dovrebbe arrivare una nuova classe politica”. Sì, è di tutta evidenza che la morte di Amato, Berlusconi, Bertinotti, Napolitano, Prodi, ecc., non possa che giovare al Paese; magari insieme allo stesso evento per magistrati qua e là, nonché per giornalisti quali Bocca, Curzi, Mafai, Parlato, Rossanda, ecc. Il problema è che la società, le persone, l’ambiente alla fine saranno state nel frattempo danneggiate chissà quanto. Come afferma lo studioso Cesare Segre: “Se anche avessi motivi di soddisfazione personale [per fasteggiare gli ottant’anni], questi sentimenti sarebbero vanificati dal quadro politico e morale così doloroso.” Sul manifesto del 2/4, lo storico Giorgio Galli certifica: “Ora siamo a un bivio. O si affidano le decisioni a un’élite sempre più ristretta (potenzialmente autoritaria, castale) oppure dobbiamo dare ai cittadini la possibilità di decidere, prima avendo le informazioni necessarie e poi votando i cda dei gruppi che gestiscono i beni comuni. Se non riusciamo in questo salto di qualità, rassegniamoci al declino della democrazia”. A mio parere, l’obiettivo minimo immediato deve essere che gli attuali uomini di potere siano messi in condizione di non nuocere, in primo luogo cioè collocati fuori dal flusso informativo-comunicativo per via delle loro gravi responsabilità. Con quel semplice timore di scendere in piazza nonché di scrivere ciò che si pensa, il tramonto dell’Occidente scorre senza più diritti; nella vulnerabilità e nel triste bisogno di sicurezza. Eppure: Bisogna che sia una democrazia! 11/4/8 – Leopoldo BRUNO
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