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Fiera del Libro di Torino dedicata a Israele. Appello degli e agli editori
- Subject: Fiera del Libro di Torino dedicata a Israele. Appello degli e agli editori
- From: "FORUMPALESTINA" <forumpalestina at libero.it>
- Date: Fri, 29 Feb 2008 08:31:04 +0100
Fiera del Libro di Torino. Un appello degli e agli editori La cultura sia al servizio della pace tra i popoli, non della celebrazione del colonialismo " Io non ritengo che uno Stato che mantiene un'occupazione, commettendo giornalmente crimini contro civili, meriti di essere invitato ad una qualsivoglia settimana culturale. Ciò è anti-culturale; è un atto barbaro mascherato da cultura in maniera cinica. Manifesta un sostegno ad Israele, e forse anche alla Francia che appoggia l'occupazione. Ed io non voglio partecipare. Cordiali saluti, Aharon Shabtai " Come editori, piccoli e non, sentiamo doveroso intervenire con un nostro punto di vista in merito alla polemica scatenatasi attorno alla prossima Fiera del Libro di Torino, a cui è stato invitato come paese ospite Israele. Tale scelta ci sembra motivata non da ragioni di tipo culturale e dalla volontà di promuovere gli scrittori e la letteratura israeliani, ma da ragioni di tipo politico che nulla hanno a che vedere con gli scambi culturali tra i popoli e che rischiano di ritorcersi contro gli stessi artisti israeliani. Come è emerso anche dalla stampa, il paese ospite doveva essere un altro, l' Egitto, a seguito di accordi sottoscritti e sanciti nei mesi passati; dietro le pressioni degli organismi diplomatici israeliani, impegnati in tutto il mondo a organizzare le celebrazioni del sessantesimo anniversario della fondazione dello Stato di Israele, l'Ente Fiera del Libro ha deciso di cambiare il paese ospite. Questa scelta ci sembra francamente inopportuna, dal momento che finge di non considerare quanto accade sul terreno in Palestina/Israele. Nello stesso momento in cui sessanta anni fa nasceva lo Stato di Israele, il popolo che sul quelle terre abitava è stato scacciato con la violenza e il terrore ed è divenuto profugo, o costretto a vivere in porzioni sempre minori della terra originariamente abitata proprio a causa dell'espansionismo nel neonato stato ebraico. Sessanta anni fa iniziava per i palestinesi la nakba, la catastrofe, che non ha mai avuto fine. Più di tre milioni e mezzo di palestinesi vivono tuttora in campi profughi fuori dalla Palestina, mentre gli abitanti della Palestina vivono in Territori Occupati, sottoposti a tutte le limitazioni e alle angherie di una occupazione militare. Decine sono le risoluzioni ONU che Israele non ha rispettato in questi sessant'anni. Lo Stato di Israele non ha nulla da celebrare: sono forse degni di celebrazione la colonizzazione illegale delle terre palestinesi, la distruzione delle case e delle terre coltivate, gli omicidi "mirati", il sequestro di parlamentari democraticamente eletti, le punizioni collettive inferte alla popolazione in modo indiscriminato o la negazione dei più elementari diritti umani ai palestinesi che vivono a Gaza e in Cisgiordania come l'accesso all' acqua e la libertà di movimento, ecc.? Nessuno dovrebbe dimenticare che i comportamenti adottati da Israele verso gli scrittori palestinesi e la cultura in generale non sono certo degni di celebrazioni, vedi l'uccisione mirata di intellettuali e scrittori palestinesi considerati scomodi (ricordiamo qui: Ghassan Kanafani, Wael Zwaiter, Kamal Nasser, Mahmoud Hamshari, Majed Abu Sharar) e la massiccia negazione del diritto allo studio per i bambini e i ragazzi palestinesi, che a causa del Muro, dei blocchi stradali, dei bombardamenti quotidiani non hanno la possibilità di raggiungere fisicamente le scuole. Come possiamo far finta di non vedere l'ipocrisia di chi tenta di far passare per innocente operazione culturale una vera e propria scelta di parte? Se si fosse voluto usare il terreno culturale come momento di scambio e di creazione di ponti tra popoli e intellettuali, aldilà delle scelte dei propri governi, allora i paesi ospiti avrebbero dovuto essere due: Israele e Palestina, con pari dignità. Ma chi ha spinto affinché il Consiglio Direttivo della Fiera del Libro di Torino decidesse di invitare Israele proprio quest'anno, ha anche rifiutato con determinazione ogni ipotesi che prevedesse pari opportunità e spazio per la cultura israeliana e palestinese. Vogliamo, infine, denunciare da subito chiunque ricorra alla pretestuosa accusa di antisemitismo per negarci il diritto a dissentire da una decisione dettata unicamente da esigenze politiche, con l'obiettivo di gettare fumo negli occhi dell'opinione pubblica. La cultura millenaria dell'ebraismo non è, per fortuna, rappresentata solo dallo Stato di Israele. Sono forse antisemiti quegli intellettuali e scrittori israeliani come Aaron Shabtai, Ilan Pappe e tanti altri, che per primi hanno considerato sbagliato l'invito a Israele proprio in occasione dell'anniversario dell'inizio della tragedia del popolo palestinese? Sono forse antisemiti i movimenti che nello stesso Stato di Israele lottano coraggiosamente contro la politica del loro governo, o i giovani militari israeliani che preferiscono il carcere all'obbedienza cieca verso chi li vorrebbe strumenti del martirio di un altro popolo? Facciamo dunque appello al Consiglio Direttivo della Fiera del Libro di Torino perché revochi questo invito inopportuno e perché respinga le pressioni politiche che vorrebbero trasformare la Fiera del Libro, da occasione di crescita culturale e formativa, a vetrina per la propaganda del volto umano di un paese colonialista e che pratica l'apartheid anche nei confronti dei cittadini arabi residenti in Israele. Milano, 28/02/2008 Primi firmatari: Zambon Editore Edizioni "La Città del Sole" Manni Editori Edizioni Clandestine Casa Editrice Filema Per altre informazioni sulla Campagna sulla Fiera del Libro di Torino vedi: <http://www.forumpalestina.org>www.forumpalestina.org
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