Un pò di chiarezza sul boicottaggio della Fiera del Libr o di Torino




“Perché il mondo permette ad Israele di fare quello che fa?”

Polemiche e boicottaggio sulla prossima Fiera del Libro di Torino

di Sergio Cararo*



L’edizione 2008 della Fiera del libro di Torino sarà dedicata ad Israele.
Questa è la decisione presa dal consiglio di amministrazione dell’evento in
programma per la metà di maggio.

La decisione ha suscitato prima preoccupazioni e poi la messa in campo di
iniziative di controinformazione e boicottaggio da parte di diverse
associazioni di solidarietà con il popolo palestinese (Forum Palestina,
International Solidarity Movement, UDAP etc.)

In discussione – ovviamente – non è la Fiera del Libro nè la presenza di
scrittori e autori israeliani. Tenendo conto che gli attivisti e gli
intellettuali solidali con i diritti storici dei palestinesi appartengono a
quella ristretta “nicchia sociale” di frequentatori di librerie e lettori
di libri, difficilmente possono essere accusati di prevenzione ed ostilità
verso la più importante – anche se appare sempre più ipotecata dal
marketing che dalla qualità delle proposte editoriali – manifestazione
italiana del settore.

A essere contestata è la decisione di dedicare questa edizione ad uno stato
come Israele in occasione dei sessanta anni dalla sua nascita, cioè di un
evento che nessuno può omettere nelle sue ricadute concrete sui diritti dei
palestinesi che la definiscono appunto come Nakba (la catastrofe). Ma non è
questa l'unica ragione di "inopportunità". Occorre infatti tenere conto
anche di un contesto odierno in cui la politica di oppressione coloniale,
di discriminazione razziale e di “politicidio” (per usare le parole di
Kemmerling) contro i palestinesi è diventata ancora più spietata e
“normale” di quanto lo fosse anni fa.

Il quotidiano stillicidio di palestinesi ammazzati dai soldati, dagli aerei
o dai droni israeliani a Gaza dovrebbe già di per sè far riflettere e
indignare. Solo la sistematica subalternità delle agenzie di stampa ai
bollettini ufficiali delle forze armate israeliane riesce a trasformare in
“terroristi” pastori palestinesi o coppie di fidanzati uccisi perchè si
sono avvicinati troppo al confine israeliano o bombardati nelle loro case.
Il progetto di strangolamento e annientamento militare, economico, umano
dei palestinesi di Gaza da parte delle autorità israeliane è evidente e non
si può accettare alcuna impossibile simmetria con il lancio dei rudimentali
razzi palestinesi che producono più rumore che danni. Non esiste e non può
esistere nessun paragone al riguardo, i fatti non lo consentono. Ma il
silenzio e la complicità politica ed intellettuale consente queste ed altre
aberrazioni.

In Cisgiordania – ad esempio – mentre tutte le diplomazie e i mass media si
sforzano di presentare una situazione tranquilla e normale dovuta alle
buone relazioni e ai negoziati tra l’ANP e il governo israeliano, la
cronaca ci regala ogni giorno notizie di arresti, soprusi, raid israeliani
contro le città palestinesi. Sulla base di quale presupposto la comunità
internazionale dovrebbe accettare questa “normalità”?

Dedicare la Fiera del Libro ad Israele nel 2008 significa legittimare uno
stato di cose inaccettabile da ogni punto di vista, ma soprattutto
significa accettare il tentativo di rendere Israele uno stato “normale”
mentre non lo è e difficilmente appare in grado di diventarlo, ostaggio
com’è dei circoli sionisti e oltranzisti che ne determinano le scelte
strategiche e il rapporto verso i palestinesi e il resto dei paesi
circostanti.

A maggio dunque la Fiera del Libro di Torino dovrà fare i conti con una
iniziativa di contestazione forte e dispiegata a tutti i livelli. Dalle
pressioni sul marketing al boicottaggio delle case editrici che
accetteranno di esporre alla fiera senza prendere una posizione decente
sulla inopportunità di dedicarla ad Israele, dall’allestimento di un
contro-salone del libro alternativo a quello ufficiale a manifestazioni
all’interno e all’esterno del padiglione della Fiera.

Da qualche parte la coscienza civile ed internazionalista di questo paese
dovrà pure cominciare a darsi e a fare coraggio a tutti coloro per i quali
vale la domanda con cui lo storico israeliano Ilan Pappe concluse una sua
conferenza a Tokio nel marzo 2007: “Perché il mondo permette ad Israele di
fare quello che fa?”.



* (co-fondatore del Forum Palestina)



N.B. Da richiesta della redazione, il presente articolo uscirà sul
settimanale "La Rinascita della sinistra" della prossima settimana.