Il commissario Costa cerca ragioni teologiche per la base Usa
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- Date: Sat, 29 Dec 2007 00:39:34 +0100
Il commissario Costa
cerca ragioni teologiche inesistenti per l’ampliamento
della base Ederle a Vicenza Al commissario Costa (v. in calce Il Giornale di Vicenza, 28 dicembre) che cerca argomenti teologici per giustificare la superbase Usa a Vicenza, possiamo ricordare: a) Citare santi e teologi di epoche lontane
a proposito della guerra in questo nostro tempo, è del tutto strumentale e fuori
luogo, se non altro per il motivo che la guerra di oggi non è più la guerra di
ieri, perché comporta una distruttività enormemente maggiore, fino alla
possibilità di distruzione totale, dunque un costo sproporzionato a qualunque
fine giusto, e condannata da ogni seria morale umana (laica, cristiana,
musulmana, universale). Infatti il Concilio Vaticano II dice: «Tutte queste cose ci obbligano
a considerare l’argomento della guerra con mentalità completamente nuova»
(Gaudium et Spes, n. 80). b) Norberto Bobbio ricava da Johan Galtung (grande teorico della nonviolenza) il concetto di “pace positiva”, che descrive (con parole simili a quelle citate da Costa) come giustizia sociale e assenza di violenza strutturale, e non soltanto assenza di violenza diretta, nella sua opera classica Il problema della guerra e le vie della pace (4ª edizione, Il Mulino 1997, p. 128). c) Costa dice che «in nome di questa "pace positiva" la cultura cattolica ha a lungo parlato anche di "guerra giusta"», ma sempre più, anche oltre il Concilio Vaticano II, il pensiero cattolico (come pure quello cristiano, delle altre religioni, e in generale il pensiero morale) sta abbandonando il concetto di “guerra giusta” e sta superando ogni giustificazione possibile della guerra. d) Costa dice anche che la Carta delle
Nazioni Unite (come il citato Concilio) non esclude del tutto l’uso della forza
nei casi estremi per fini giusti nell’interesse generale dell’umanità. È vero,
ma la stessa Carta delle Nazioni Unite «considera la guerra di per se
stessa come un fatto illecito e, come tale, vietato» e, nei chiarissimi art. 1 e
2, «la guerra è posta solennemente fuori legge» (Bobbio, opera citata,
Prefazione, p. XII). Dunque, la forza che le Nazioni Unite - e solo questa
organizzazione, non i singoli stati - possono usare non è la guerra, ma l’azione
di polizia: la differenza è di sostanza e non di parole, perché la polizia – se
agisce correttamente - contiene e riduce la violenza, mentre la guerra accresce
la violenza, dal momento che in essa vince il più armato e il più violento. La
differenza tra polizia e guerra corrisponde alla differenza tra forza e
violenza: la forza limita il negativo e costruisce il positivo, la violenza
offende e distrugge. «La guerra è l’antitesi del diritto» (Bobbio, cit.,
p. 66), perciò il contrario della giustizia e di qualunque ragione
umanitaria. e) Ci sono esperienze storiche (vedi online Difesa senza guerra), e dunque possibilità reali, di agire per tempo nei conflitti anche acuti con mezzi civili, non armati, nonviolenti, che la cultura di pace sta elaborando e proponendo alla politica. f) Cercare le più alte ragioni per giustificare la folle politica che accresce gli armamenti anche nucleari e le relative strutture è infondato e falso. Enrico
Peyretti, 29 dicembre 2007
**************************** 28/12/2007 fonte: Il Giornale di Vicenza G.M.M. |
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